Parte sostanziale del patrimonio artistico dell’Inps dervia dall’acquisizione o realizzazione di opere in funzione della legge del due per cento del bilancio stanziato per la costruzione di nuovi edifici pubblici, la cui legge fu commentata con fervore dallo stesso Rizzo in un articolo del 1934 pubblicato su “Il Tevere”.
L’affresco della sede romana dell’Inps, raffigurante Le attività sportive, insieme a Sciatori, risponde alle esigenze di decorazione pittorica dell’architettura con cui l’artista si allinea nell’articolo citato.
Nelle decorazioni murali è riscontrabile una rispondenza con la politica di regime non solo a livello teorico, ma anche figurativo, nell’esaltazione delle virtù fisiche e sportive, poiché “Non moda dunque né esperimento pazzesco è la nuova Arte d’Italia, ma ritorno ad un equilibrio già in lontani tempi perduto. Ed al ritrovamento di esso non è estranea la stabilizzazione della vita nazionale operata dal Fascismo. Poiché l’Arte è lo specchio della vita, la sua esaltazione, la sua documentazione più efficace e duratura, il ritorno all’austerità della vita politica del costume e del lavoro ha influito decisamente sulla restaurazione delle sane correnti dell’Arte italiana” (Bevilacqua 1929).
I due affreschi della sede romana dell’Inps pur respirando quella monumentalità solenne, immobile, tipica dell’arcaismo novecentesco, sconfinano tuttavia in una stilizzazione presente in tutte le opere di Rizzo, ispirata alla campagna siciliana dei primi anni Trenta e ricca di una vena intimistica.