Non è possibile risalire alla data esatta in cui quest’opera entra a far parte della collezione deIl’ENAPPS. Nella scheda personale dell’artista, oltre a sei quadri comprati tra il 1951 e il 1954, sono registrati gli acquisti di un settimo dipinto nel luglio 1955, anno di realizzazione anche di questa tela, e di un ottavo nell’aprile del 1958. Entrambi i lavori non sono altrimenti identificabili.
Nel primo ampio inventario della collezione, redatto negli anni Settanta e successivo sia alla grande vendita all’asta organizzata dall’Ente nel 1955, sia alle seguenti saltuarie dismissioni della collezione, compare un’unica opera dell’artista, questo Paesaggio fino ad oggi inedito.
Abbandonate le forme essenziali e i volumi nitidi delle vedute degli anni Venti con cui aveva creato un intero "mondo di gomma elastica" (C. Pavolini, 1932), dalla fine degli anni Trenta, e nei decenni successivi, i paesaggi di Francalancia diventano più articolati nella composizione, più ricchi di dettagli e più vicini alla raffigurazione della realtà. Questa veduta, pur caratterizzata da una nuova abbondanza di particolari (nella minuziosa annotazione dei percorsi dei rami e delle chiome degli alberi, fino ai fini incastri degli edifici sullo sfondo), mantiene una concezione inusuale dell’organizzazione dei diversi elementi dell’immagine, molto vicina a quella di altre opere dell’artista sin dai suoi esordi. Come, ad esempio, in Rami al sole del 1919 uno degli elementi del paesaggio - lì dei grandi covoni di paglia, qui una fitta quinta di alberi - occupa quasi interamente il primo piano del dipinto e preclude la vista completa del panorama sullo sfondo.
Il panorama viene così trasformato da soggetto del dipinto a semplice pretesto, per una visione che si discosta da un’equilibrata e ordinata registrazione della realtà e mantiene, proprio nella scelta di un insolito punto di vista, quel carattere sottilmente visionario, peculiare dell’intera ricerca dell’artista.