Questa serie di tele raffiguranti le allegorie delle stagioni fanno parte della collezione d’arte dell’Inps fin dal 1904, anno in cui il Palazzo Sciarra venne acquistato unitamente agli arredi e parte della quadreria antica.
Il soggetto iconografico, largamente diffuso a partire dalla tarda antichità fino all’Ottocento, segue precisi modelli rimasti sostanzialmente immutati nel corso del tempo che vedono la rappresentazione delle stagioni nelle sembianze di giovani donne, spesso identificate con dee pagane, ad eccezione dell’Inverno raffigurato come un vegliardo.
Cinta da una corona di rose e colta nel atto di cogliere i fiori che la circondano, simboli del rigenerarsi della natura, la Primavera è in compagnia di un putto che suona il tamburello, allusione alla spensieratezza dell’età giovanile; con spirito giocoso l’Estate, nelle sembianze di Cerere incoronata da rigogliose spighe, è raffigurata mentre disseta il piccolo cupido, evocando il clima torrido della stagione; più tradizionale è l’Autunno, identificabile con l’età matura dell’uomo e al rito della vendemmia che evoca il culto di Dioniso, è impersonificato da una donna dal capo cinto da pampini di uva raffigurata nell’atto di sorreggere l’amorino. In ultimo, l’Inverno è rappresentato nella tradizionale immagine di un vecchio coperto da un ampio mantello che si scalda con un braciere in compagnia del putto.
Oltre al tema delle stagioni sono individuabili nelle tele altri importanti temi, come l’età dell’uomo e i temperamenti umani, tutti volti a costituire un complesso sistema di corrispondenze tra micro e macrocosmo, fondato sull’intima relazione dell’uomo con l’universo, tutti motivi iconografici particolarmente cari alla pittura rinascimentale e barocca.