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Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Messaggio numero 13279 del 25-05-2007.htm
  
  


Direzione Centrale
Prestazioni a Sostegno del Reddito
 
 
 
 
 
Roma, 25-05-2007
 
 
 
Messaggio n.  13279
 
 
 
 
 
OGGETTO:
chiarimenti in merito all’istituto della flessibilità del congedo di maternità ex art. 20 del D.Lgs. 151/2001.
 
 
In risposta alle richieste di chiarimenti pervenute dalla Sedi in merito all’istituto della flessibilità del congedo di maternità (introdotto dall’art. 12 della legge 53/2000 ed oggi disciplinato dall’ art. 20 del D.Lgs. 151/2001),si forniscono le seguenti precisazioni.
 
E’ noto che, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità (ordinariamente 5 mesi), la flessibilità consente alla lavoratrice in gravidanza di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto (cioè dal 9° mese di gravidanza) fino ai quattro mesi successivi al parto, a condizione che il ginecologo del SSN (o con esso convenzionato) e, ove previsto, il medico competente preposto in azienda alla tutela della salute sui luoghi di lavoro, attestino che la permanenza al lavoro nel corso dell’8° mese di gravidanza non sia pregiudizievole alla salute della gestante e del nascituro (art. 20 D.Lgs.151/2001).
 
Con circolari n. 109/2000 e n. 152/2000, sono state fornite le prime istruzioni dirette ad attuare l’istituto in esame, anche sulla base delle disposizioni impartite dal Ministero del Lavoro con circolare n. 43 del 7.7.2000 (allegata alla circolare 152/2000); in particolare, il Ministero, individuati i presupposti in presenza dei quali è possibile la permanenza al lavoro della lavoratrice durante l’8° mese di gravidanza, ha precisato che l’interessata “
deve presentare apposita domanda
di flessibilità
al datore di lavoro ed all
’Inps, quale
ente erogatore dell’indennità di maternità, corredata della o delle certificazioni sanitarie attestanti i predetti presupposti,
acquisite nel corso del 7° mese di gravidanza”
.
 
In fase di prima attuazione dell’istituto in esame, questa Direzione, nella circolare 8/2003, aveva ritenuto totalmente accoglibili le domande di flessibilità presentate oltre il 7° mese di gravidanza, sul presupposto che le attestazioni sanitarie fossero state comunque acquisite dalla lavoratrice entro la fine del 7° mese; diversamente, nell’ipotesi in cui fosse stato impossibile acquisire anche le attestazioni sanitarie entro il 7° mese, la flessibilità veniva riconosciuta, ai fini della relativa indennità, soltanto per l’eventuale residuo di giorni decorrenti dal rilascio delle attestazioni stesse.
 
Superata la fase transitoria, si ritiene opportuno operare alcuni correttivi diretti a rendere l’attuazione della flessibilità più conforme al quadro normativo di riferimento.
 
E’ noto che, secondo quanto disposto dall’art. 16, lett.
a
, D.Lgs. 151/2001, è fatto divieto al datore di lavoro di adibire al lavoro le donne a partire dai due mesi precedenti la data presunta del parto (ossia a partire dall’inizio dell’8° mese di gravidanza); a tal fine, l’art. 21, del citato decreto, prevede che la lavoratrice in gravidanza, prima dell’inizio del periodo “ordinario” di congedo, cioè
entro la fine del 7° mese
, consegni al datore di lavoro ed all’Inps, quale ente erogatore dell’indennità, il certificato medico attestante la data presunta del parto.
 
Pertanto, a partire dall’8° mese di gravidanza, la lavoratrice ha il diritto/dovere di astenersi dall’attività lavorativa, salvo che la stessa non  abbia esercitato l’opzione per la flessibilità , comprovando tempestivamente (cioè sempre entro la fine del 7° mese) con onere a suo caricosia al datore di lavoro, ai fini del differimento dell’astensione, sia all’Inps, ai fini del correlativo diritto all’indennità, che, sulla base delle specifiche certificazioni sanitarie di cui al citato art. 20, la prosecuzione dell’attività nell’8° mese è compatibile con l’avanzato stato di gravidanza.
 
D’altronde, com’è noto, nell’ipotesi in cui la predetta compatibilità non fosse tempestivamente e sufficientemente provata per carenza di documentazione oppure per tardiva esibizione della stessa, il datore di lavoro che consentisse, comunque, la prosecuzione dell’attività da parte dell’interessata durante l’8° mese, incorrerebbe nella violazione di cui all’art. 16 del T.U. e, conseguentemente, nell’applicazione della sanzione di cui al successivo art. 18 (arresto fino a sei mesi) .
Inoltre, sotto il profilo del trattamento economico, l’indebita permanenza al lavoro della lavoratrice determinerebbe la perdita del diritto all’indennità per le relative giornate e, in ogni caso, la non computabilità nel periodo post partum delle giornate medesime, secondo quanto disposto dall’art. 22 del d.p.r. 1026/1976.
 
Tutto ciò premesso a far data dalla pubblicazione delle presenti disposizioni potranno essere accolte, ai fini del diritto all’indennità,
le sole domande di flessibilità
( presentate in carta semplice oppure attraverso la compilazione dello specifico riquadro presente nel modello Mod.Mat) alle quali siano
allegate le certificazioni sanitarie
che, sulla base delle indicazioni contenute nella circolare ministeriale n. 43/2000, rechino una
data non successiva alla fine del 7° mese
ed attestino la
compatibilità dell’avanzato stato di gravidanza
con la permanenza al lavoro fin dal primo giorno dell’8° mese
.
 
All’opposto, le
domande di flessibilità  cui siano allegate certificazioni sanitarie con data che va oltre la fine del 7° mese
, dovranno  essere
integralmente respinte
, considerato che, in base alle norme di legge ed alle indicazioni ministeriali, non appare compatibile con la
ratio legis
di assoluta tutela della salute della madre e del nascituro la fruizione “parziale” della flessibilità (ossia “
per l’eventuale residuo di giorni decorrenti dal rilascio delle attestazioni
” acquisite nell’8° mese) a suo tempo prevista in via transitoria nella circolare 8/2003 (punto 4, 3° capoverso).
Rimane fermo, invece, quanto precisato nella circolare 152/2000 circa la riduzione del periodo di flessibilità, correttamente esercitata, su istanza della lavoratrice o per fatti sopravvenuti (es. evento morboso); in tale ipotesi, il periodo post partum si prolungherà non per un mese intero, ma per un numero di giornate pari a quelle lavorate durante l’8° mese.
 
 
IL COORDINATORE GENERALE                  IL DIRETTORE CENTRALE PRESTAZIONI
          MEDICO LEGALE                                     A SOSTEGNO DEL REDDITO
              PICCIONI                                                           GOLINO