Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Circolare numero 95 bis del 6-9-2006.htm
Prestazioni economiche di malattia e di maternità. Questioni varie.
Direzione Centrale
Prestazioni a Sostegno del Reddito
Ai
Dirigenti
centrali e periferici
Ai
Direttori
delle Agenzie
Ai
Coordinatori
generali, centrali e
Roma, 6 Settembre 2006
periferici
dei Rami professionali
Al
Coordinatore
generale Medico legale e
Dirigenti
Medici
Circolare n.
95 bis
e, per conoscenza,
Al
Presidente
Ai
Consiglieri di Amministrazione
Al
Presidente
e ai Componenti del Consiglio
di
Indirizzo e Vigilanza
Al
Presidente
e ai Componenti del Collegio dei Sindaci
Al
Magistrato
della Corte dei Conti delegato
all’esercizio
del controllo
Ai
Presidenti
dei Comitati amministratori
di
fondi, gestioni e casse
Al
Presidente
della Commissione centrale
per
l’accertamento e la riscossione
dei contributi agricoli unificati
Ai
Presidenti dei Comitati regionali
Ai
Presidenti dei Comitati provinciali
OGGETTO:
Prestazioni economiche di malattia e di
maternità. Questioni varie.
SOMMARIO:
Indennizzabilità festività soppresse.
Legalizzazione dei certificati di
malattia rilasciati in Paesi extra UE..
Indennità di malattia e lavoratori
aventi titolo a prestazioni pensionistiche.
Lavoratori iscritti alla gestione
separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n.335/1995:
inapplicabilità dei termini di decadenza stabiliti dalla legge n.
438/1992; equiparazione del day hospital al ricovero;inapplicabilità del
c.d. automatismo delle prestazioni.
Il lavoratore agricolo a tempo
determinato che ha prestato nell’anno precedente l’inizio dell’evento
morboso almeno 51 giornate di attività come lavoratore agricolo a tempo
indeterminato ha diritto all’indennità di malattia per un numero di
giornate pari a quelle effettuate nell’anno precedente.
I lavoratori che beneficiano
dell’incentivo al posticipo del pensionamento hanno diritto
all’indennità di malattia.
Riposi giornalieri ex art. 39 del
T.U.( c.d. riposi di allattamento ) : cumulabilità coi recuperi
effettuati mediante l’utilizzo
della “banca ore”; compatibilità col part-time orizzontale; diritto
del padre al raddoppio dei
permessi in caso di parto plurimo; fruibilità da parte delle lavoratrici
dipendenti in distacco sindacale.
La riemissione in pagamento di
assegni per prestazioni economiche di malattia e di maternità non
riscossi è subordinata alla verifica del mancato decorso del termine
annuale di prescrizione vigente nella materia.
Nei casi di malattia ascrivibile a
“mobbing” l’azione di surroga può essere attivata autonomamente
dall’Istituto solo quando vi è stato un previo accertamento di
responsabilità del terzo in sede giudiziale.
Nelle ipotesi di malattie che si
esauriscono nel periodo di carenza permane in capo al lavoratore l’obbligo dell’invio del
certificato medico sia all’INPS che al datore di lavoro .
1)
FESTIVITA’
SOPPRESSE (malattia e maternità).
Sono pervenute
richieste di chiarimenti circa l’indennizzabilità delle giornate
infrasettimanali non più considerate festive per effetto della legge 5 marzo
1977, n. 54 e successive modificazioni (trattasi come noto delle ricorrenze
dell’Ascensione, del Corpus Domini, del 19 marzo, del 29 giugno e del 4
novembre).
Al riguardo si
ribadisce che le predette giornate sono indennizzabili solo se le stesse –
come peraltro in genere avviene – sono
normalmente
lavorate e
retribuite (per le stesse non viene cioè corrisposto, oltre al compenso per
il lavoro svolto, un ulteriore emolumento pari al trattamento dovuto per i
giorni festivi) (1).
Infatti il 2°
comma dell’art. 6 della legge n.138/1943, precisa che l’indennità non è
dovuta per le giornate in cui il lavoratore ammalato percepisce dal datore di
lavoro un trattamento economico, non integrativo della indennità di malattia,
di importo pari o superiore a quello previdenziale.
Il criterio comporta
che nell’ipotesi, segnalata da alcune Sedi, di aziende che corrispondono per
contratto ai propri dipendenti nella prima successiva domenica del mese
considerato il compenso aggiuntivo relativo alla festività soppressa cadente
in un giorno feriale lavorativo, al lavoratore assente per malattia nel
giorno ex festivo stesso spetterà, per tale giorno, in quanto normalmente
retribuito, il trattamento previdenziale. Nell’ipotesi di impiegati, la
domenica non sarà indennizzabile, ai sensi del citato art. 6, comma 2 della
legge n. 138/1943 (2).
2)
LAVORATORI
OCCUPATI IN ITALIA CHE SI AMMALANO DURANTE TEMPORANEI SOGGIORNI ALL’ESTERO.
LEGALIZZAZIONE DEI CERTIFICATI DI MALATTIA (malattia).
Secondo le
disposizioni impartite (v. da ultimo circ. n. 136/2003, par. 11), per i
lavoratori occupati in Italia che si ammalano durante temporanei soggiorni in
Paesi che non fanno parte della Unione Europea (3) o che non hanno stipulato
con l’Italia Convenzioni o Accordi specifici che regolano la materia, la
corresponsione dell’indennità di malattia può aver luogo solo dopo la
presentazione all’INPS della certificazione originale,
legalizzata
a
cura della locale rappresentanza diplomatica o consolare italiana.
E’ stato
segnalato che alcune Ambasciate o Consolati operanti presso i predetti Paesi
(ad esempio Marocco, Sri Lanka) incaricano medici di loro fiducia di
esaminare i certificati di cui trattasi. Detti medici, dopo averne accertata
la veridicità, consegnano agli interessati (che talvolta vengono anche
sottoposti a visita) la certificazione “originale” convalidata, ovvero, in
sostituzione di questa, altra certificazione da loro redatta direttamente in
lingua italiana.
In presenza di tali situazioni la
legalizzazione deve ritenersi in sostanza perfezionata all’atto della
convalida della certificazione originale o della redazione della nuova
certificazione, fermo restando che è comunque sempre necessaria la
attestazione, da parte dell’ambasciata o consolato interessati, della veste
di proprio medico fiduciario conferita al sanitario che ha svolto il servizio
in argomento, nonché della autenticità della sua firma.
Sull’argomento “legalizzazione”,
più in generale, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni.
L’adempimento può non essere richiesto ai lavoratori che si ammalano in Paesi
non facenti parte dell’Unione Europea ma che hanno stipulato con l’Italia (o
con la U.E.) Convenzioni o Accordi specifici che regolano la materia in cui è
espressamente
previsto che la certificazione di malattia rilasciata
dall’Istituzione locale competente (o, per quanto qui interessa, da medici
abilitati dalla stessa) è esente da legalizzazione.
I Paesi di cui trattasi sono: (4)
·
Paesi extra UE con i quali sono stati stipulati
Accordi che prevedono l’applicazione della disciplina comunitaria: Islanda,
Norvegia e Liechtenstein in base all’Accordo SEE (Spazio Economico Europeo),
Svizzera (in base all’Accordo sulla libera circolazione tra CH e UE) e
Turchia (in applicazione alla Convenzione Europea di sicurezza sociale).
·
Paesi extra UE con i quali sono stati stipulate
Convenzioni estese all’assicurazione per malattia: Argentina,
Bosnia-Erzegovina (5), Brasile, Croazia, Jersey e Isole del Canale, Macedonia
(5), Principato di Monaco, Repubblica di San Marino, Stato di Serbia e
Montenegro (5), Tunisia, Uruguay e Venezuela.
In particolare si richiama
l’attenzione di codeste Sedi sulla possibilità, prevista in genere da dette
Convenzioni o Accordi, di richiedere alle locali Casse o Istituzioni analoghe
l’effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori assistiti in Italia
che si ammalano sul territorio estero, fornendo le generalità degli
interessati ed il loro esatto recapito all’estero.
E’ ovvio che per gli altri Paesi
per i quali, ancorché in presenza di Convenzioni sulla materia, non è
prevista espressa dispensa,
continua ad essere necessaria la
legalizzazione
da parte delle rappresentanze diplomatiche o consolari,
secondo le disposizioni vigenti.
Infine, si ricorda che sono esenti da legalizzazione a condizione che
rechino l''
APOSTILLE'
gli atti e i documenti rilasciati dagli Stati
aderenti alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961.
3)
LAVORATORI
AVENTI TITOLO ALLE PRESTAZIONI PENSIONISTICHE (malattia).
Continuano a pervenire quesiti in
tema di riconoscibilità del diritto all’indennità di malattia nei confronti
di assicurati aventi titolo a prestazioni pensionistiche. Al riguardo si
conferma che ai soggetti in questione non compete il diritto all’indennità di
malattia per gli eventi morbosi che iniziano
successivamente alla data
della cessazione del rapporto di lavoro
(v. circ. n. 134406 AGO – n. 286
SL/149 del 23.7.1983, par. 7); ciò anche se la malattia inizia entro il
termine di copertura assicurativa (due mesi, o 60 giorni se il conteggio è
più favorevole, dalla cessazione del rapporto di lavoro).
In sostanza, la limitazione opera
nei confronti dei soggetti già titolari di un trattamento pensionistico al
momento della cessazione del rapporto di lavoro nonché di quelli che cessano
l’attività per pensionamento o comunque per acquisizione di un trattamento di
quiescenza.
I criteri sopra indicati riguardano
la generalità degli assicurati (compresi i marittimi, tenendo conto
ovviamente delle particolarità vigenti per la categoria: la cessazione del
rapporto di lavoro coincide con il giorno dello sbarco; il periodo di
copertura assicurativa ha la durata di 28 giorni) e vanno applicati anche nei
confronti dei pensionati che, dopo la cessazione dell’attività, assumono un
nuovo lavoro.
Avuto riguardo infatti alla
funzione dell’indennità di malattia, di compensare la perdita della
retribuzione causata dall’evento morboso che rende il soggetto
temporaneamente incapace al lavoro, la previsione di mantenimento, sia pure
per un limitato periodo di tempo, del diritto alla indennità dopo la
cessazione del rapporto di lavoro è da riferirsi soltanto a coloro che si
trovano
contingentemente
privi di occupazione e non godono di
erogazioni diverse, presupposti non rinvenibili nel caso di titolari di un
trattamento di quiescenza.
Resta inteso che quanto precede non
rileva ai fini dell’indennizzabilità delle malattie iniziate
prima
della
cessazione del rapporto di lavoro
; queste saranno quindi indennizzate,
nei limiti massimi previsti, anche per il periodo successivo alla cessazione
del rapporto di lavoro stesso, ovviamente se a tempo indeterminato (art. 5,
comma 2, legge 638/1983) (6).
A completamento delle indicazioni
fornite, si ricorda infine (v. circ. n. 182/1997, par. 7) che l’indennità di
malattia – quando l’evento denunciato,
iniziato in costanza di lavoro
,
è riconducibile alla stessa patologia per la quale è stato concesso l’assegno
di invalidità – spetta soltanto se è sanitariamente riscontrabile una
riacutizzazione o una complicanza della patologia stessa, tale da produrre
un’ incapacità lavorativa (7).
Resta ferma l’incompatibilità tra
la pensione di inabilità e l’indennità di malattia.
4)
LAVORATORI
ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA DI CUI ALL’ART. 2 COMMA 26, DELLA LEGGE N.
335/1995.
a)
DECADENZA
(malattia e maternità).
In occasione della istruttoria dei
ricorsi presentati dai lavoratori in argomento in materia di indennità di
maternità e di indennità di malattia per i periodi di ricovero si è rilevato
che talvolta nella lettera con cui viene data agli interessati la
comunicazione di non accoglimento della domanda è indicato che l’azione
giudiziaria per l’ottenimento della prestazione in contestazione è
assoggettata ai termini di decadenza di un anno previsti dalla legge n.
438/1992.
Al riguardo si precisa che la
decadenza contemplata dalla legge suddetta è espressamente limitata alle
prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti e quindi non è riferibile a
quelle in esame.
Non appare neppure possibile
estendere in via analogica ai soggetti di cui trattasi la particolare
disciplina in questione, atteso che le norme sulla decadenza hanno natura
eccezionale e pertanto non possono applicarsi oltre i casi ed i tempi in esse
considerati.
Resta fermo, nella materia, il
termine annuale di prescrizione, decorrente, secondo i criteri forniti con
messaggio n. 009337 del 31.3.2006, dalla conclusione del procedimento
amministrativo, salvo idonei atti interruttivi.
Le Sedi sono pertanto invitate, a
modificare nel senso anzidetto le indicazioni fornite sull’aspetto di
interesse nelle comunicazioni di reiezione della prestazione.
b)
DAY
HOSPITAL (malattia).
Con circolare n. 136/2003, a
modifica delle disposizioni in precedenza impartite con circolare n.192/1996
sullo specifico aspetto, è stato disposto che ai fini erogativi di interesse
le giornate per le quali viene documentata l’effettuazione di prestazioni in
regime di day hospital sono da equiparare a giornate di ricovero.
Il criterio vale anche per i
lavoratori iscritti alla gestione separata di cui trattasi, fermo restando
ovviamente che pure per dette giornate l’indennità va erogata secondo le
diverse modalità e misure previste
per la particolare categoria.
c)
AUTOMATISMO DELLE PRESTAZIONI (malattia e
maternità)
Nei confronti dei soggetti iscritti
alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il c.d.
principio dell’automatismo
delle
prestazioni previdenziali sancito per i “prestatori di lavoro”, dall’art.
2116 del cod. civ., in forza del quale le suddette prestazioni sono comunque
garantite anche nel caso di mancato o irregolare versamento da parte
dell’imprenditore dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti.
Trattandosi infatti di lavoratori
la cui attività è giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o
irregolare versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del
diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli
stessi, delle prestazioni medesime.
5)
LAVORATORI
AGRICOLI A TEMPO DETERMINATO. PERIODO INDENNIZZABILE (Malattia).
Con circolare n. 220 dell’11
settembre 1992 sono state impartite istruzioni nel senso che per i lavoratori
in esame può essere considerata utile, ai fini del raggiungimento del numero
di giornate (almeno 51) necessario per il diritto alle prestazioni economiche
di malattia, l’attività svolta nell’anno precedente nel medesimo settore agricolo,
ma a tempo indeterminato. Come infatti sottolineato in alcune pronunce della
Cassazione Sez. Lavoro (nn. 3568, 9500, 10530/1990 e 11551/1991), l’art. 5,
comma 6, della legge 638/1983, nello stabilire per i lavoratori agricoli a
tempo determinato il requisito occupazionale minimo delle 51 giornate, non
distingue fra attività svolta quale lavoratore a tempo determinato o
indeterminato.
Peraltro, con circ. n. 145 del
1993, si è precisato che sul piano erogativo, quando il predetto requisito
occupazionale minimo può essere conseguito utilizzando le giornate di lavoro
a tempo indeterminato, resta ferma l’applicazione della specifica normativa
vigente per i lavoratori agricoli a tempo determinato, pure per quanto
concerne il massimo assistibile.
In
particolare l’Istituto aveva ritenuto che nel caso, al fine di individuare il
numero di giornate indennizzabili, dovesse farsi riferimento in via
analogica, anziché al comma sesto dell’art. 5 della legge 638/1983 (secondo
cui il numero delle giornate di indennità non può superare la durata del
periodo lavorativo svolto nell’anno precedente, che deve comunque essere non
inferiore a 51 giornate), al comma terzo dello stesso articolo, che prevede
un numero massimo di trenta giornate di indennità di malattia per i lavoratori
a tempo determinato i quali nei dodici mesi precedenti l’evento morboso hanno
prestato attività lavorativa per meno di trenta giorni.
In
senso contrario si è però pronunciata la Corte di Cassazione Sezione Lavoro
(sentenza n. 249/2003), secondo la quale il richiamo al comma terzo dell’art.
5 ai fini della determinazione del massimo assistibile è contraddittorio.
Secondo
la predetta Corte, infatti, la diversa individuazione, a seconda del tipo di
attività svolta, del numero delle giornate indennizzabili, contrasta con il
comma sesto dell’art. 5, che non distingue, quanto all’attività prestata nel
settore agricolo nell’anno precedente l’evento morboso, fra attività a tempo
determinato e attività a tempo indeterminato.
A modifica del criterio
impartito con la sopra citata circolare n. 145/1993, si dispone pertanto che
al lavoratore agricolo a tempo determinato che risulti aver prestato, nel
corso dell’anno precedente, attività nel settore agricolo con la qualifica di
lavoratore a tempo indeterminato per almeno 51 giornate, va riconosciuto il
diritto alla corresponsione dell’indennità di malattia per un numero di
giornate pari a quelli effettuate nell’anno precedente, fermi restando i
limiti di durata massima previsti in materia.
Le presenti istruzioni sono da
intendersi applicabili ai casi di malattia non ancora definiti alla data
della presente circolare nonché, su richiesta degli interessati, agli eventi
definiti, per i quali non siano decorsi i termini di prescrizione e/o di
decadenza annuali vigenti nella materia ovvero non siano intervenute sentenze
passate in giudicato.
6)
LEGGE
N. 243 DEL 23 AGOSTO 2004: INCENTIVO AL POSTICIPO DEL PENSIONAMENTO
(malattia).
Con riferimento ai lavoratori che
beneficiano dell’incentivo al posticipo del pensionamento (cd. bonus)
previsto dalla L. 243 del 23.8.2004 (art. 1, comma da 2 a 17), si ribadisce,
come già precisato (si vedano a riguardo il Msg. n. 30721 del 1.10.04 e la
circ. n. 150 del 11.11.04), che relativamente a tali lavoratori viene meno
l’obbligo da parte del datore di lavoro del versamento della contribuzione a
fini pensionistici, ivi incluso il contributo aggiuntivo dell’1% ex art. 3
ter della legge n. 438/1992, mentre resta fermo l’assoggettamento alle altre
forme contributive, compresa la contribuzione per malattia.
Stante la permanenza del relativo
obbligo contributivo ne deriva che ai lavoratori che decidano di fruire del
cd. bonus spetta il diritto all’indennità di malattia secondo la disciplina
generale applicabile ai lavoratori subordinati (8).
In particolare, atteso che, in caso
di fruizione del cd. bonus, la somma corrispondente alla contribuzione che il
datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’INPS a fini pensionistici viene
interamente corrisposta al lavoratore, la somma stessa non dovrà essere inclusa,
in base ai principi generali vigenti nella materia, nella retribuzione utile
per il calcolo delle indennità in argomento.
7) RIPOSI GIORNALIERI (c.d. per allattamento) .
7.1 DIRITTO AI RIPOSI E
“BANCA ORE
”.
Sono
pervenute a questa Direzione centrale richieste di chiarimenti in merito alla
possibilità di cumulare le “ore di recupero” – ossia le ore espletate oltre
il previsto orario giornaliero di lavoro ed accumulate con il sistema della
“banca ore”- con i periodi di riposo per allattamento di cui agli artt. 39 e
ss. del D.Lgs. 151/2001 (T.U. della maternità).
E’
stato chiesto, in particolare, se, ai fini della fruizione di tali riposi,
sia possibile considerare le suddette “ore di recupero” come “ore di lavoro
effettivo” in altra giornata rispetto a quella di effettuazione delle ore
stesse.
In
adesione ad analogo parere espresso, in merito alla sopra citata
problematica, dal Coordinamento generale legale di questo Istituto, si
precisa che, ai fini del diritto ai riposi giornalieri di cui trattasi (e al
relativo trattamento economico), va preso a riferimento
l’orario giornaliero contrattuale normale
– quello, cioè, in
astratto previsto- e non l’orario effettivamente prestato in concreto nelle
singole giornate.
Ne
consegue pertanto che i riposi in questione sono riconoscibili anche laddove
la somma delle ore di recupero e delle ore di allattamento esauriscano
l’intero orario giornaliero di lavoro comportando di fatto la totale
astensione dall’attività lavorativa.
7.2
RIPOSI GIORNALIERI E PART-TIME.
Si
forniscono chiarimenti in merito alla possibilità di riconoscere i riposi
giornalieri nel caso limite della lavoratrice madre a tempo parziale c.d.
orizzontale, tenuta in base al programma contrattuale ad effettuare solo
un’ora di lavoro nell’arco della giornata.
In
linea con l’orientamento espresso in proposito dal Ministero vigilante–
orientamento recentemente confermato dal Coordinamento generale legale
dell’Istituto- la scrivente Direzione è pervenuta ad un’interpretazione di
segno favorevole nella considerazione che la dizione letterale della norma
(art. 39, comma 1, del citato testo unico) non pare interdire una siffatta
possibilità, limitandosi soltanto a
prevedere l’orario giornaliero di lavoro (6 ore) al di sotto del quale
il riposo è pari ad un’ora, ma non anche l’orario di lavoro minimo necessario
per poter fruire del riposo giornaliero.
L’eventuale
coincidenza del riposo giornaliero con l’unica ora di lavoro, pur comportando
la totale astensione della lavoratrice dall’attività lavorativa, non
precluderà pertanto il riconoscimento del diritto al riposo in questione.
7.3
DIRITTO DEL PADRE AI RIPOSI IN CASO DI
PARTO PLURIMO .
A parziale rettifica delle
istruzioni fornite con circ. 8/2003, par. 2, si forniscono chiarimenti in
merito al diritto del padre, lavoratore dipendente, al raddoppio dei periodi
di riposo giornaliero di cui agli artt. 39 e ss.
del testo unico vigente in materia
, con
particolare riferimento all’ipotesi in cui, trattandosi di madre lavoratrice non dipendente, si
verifichi il c.d. parto plurimo
.
In particolare
, fermo restando che, ai sensi di
quanto previsto dall’art. 40, lett. c, del D. Lgs. 151/2001 (T.U. della
maternità), per
madre lavoratrice non
dipendente
deve intendersi la lavoratrice autonoma (artigiana,
commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola
professionale, parasubordinata e libera professionista) avente diritto ad un
trattamento economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro Ente previdenziale,
si precisa -
in
linea con l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale sempre più tendente ad
assicurare ad entrambi i genitori un ruolo paritario nelle cure fisiche ed
affettive del bambino
–
che, anche nell’ipotesi considerata
, il padre dipendente può fruire,
in caso di parto plurimo, del beneficio in esame in misura raddoppiata
secondo quanto previsto dall’art. 41 del presente testo unico.
Circa le modalità di fruizione dei riposi giornalieri
nella specifica ipotesi considerata (parto plurimo di madre lavoratrice non
dipendente), si precisa inoltre che il padre lavoratore dipendente può fruire
dei riposi stessi anche durante i tre mesi dopo il parto nonché durante
l’eventuale periodo di congedo parentale della madre; in tali periodi, tuttavia,
il diritto spetta nella misura di 2 ore o 1 ora a seconda dell’orario di lavoro, in analogia a quanto disposto
in merito alle ore “aggiuntive” riconosciute al padre in caso di madre
lavoratrice dipendente (v. circ. 109/2000, par. 2.2., 3° capoverso).
7.4
DIRITTO DELLE LAVORATRICI IN DISTACCO
SINDACALE .
La giurisprudenza di legittimità ha
espresso l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui , durante i periodi
di aspettativa sindacale non retribuita ai sensi dell’art.31 della legge 20
maggio 1970, n 300, in caso di maternità, la lavoratrice conserva nei
confronti degli enti competenti il diritto all’erogazione delle prestazioni
di qualsiasi natura ( sanitaria o economica ) esse siano.
Tale principio generale va,
pertanto, applicato anche all’indennità per i riposi giornalieri, atteso che
l’indennità cosiddetta per allattamento costituisce una delle prestazioni a
tutela della maternità, in specie alternativa ( e comunque integrativa ) rispetto al congedo parentale
durante il primo anno di vita del bambino.
Più
in particolare, con riferimento specifico al calcolo dell’indennità in
questione, si dovrà fare riferimento alla retribuzione che la lavoratrice
avrebbe maturato allorché fosse
rimasta in servizio, desumibile dall’ultimo CCNL relativo al settore
produttivo di appartenenza della lavoratrice ed alle mansioni svolte prima
del distacco sindacale.
8) ASSEGNI NON RISCOSSI (malattia e maternità).
E’ stato chiesto se nel caso in cui
l’indennità di malattia e maternità sia stata corrisposta mediante assegno ed
il lavoratore abbia trascurato di riscuoterlo, si possa eccepire la
prescrizione annuale ex art. 6 della legge n. 138/1943 alla richiesta di
riemissione dell’assegno stesso, avanzata dall’interessato dopo che è
trascorso oltre un anno dalla ricezione del primo assegno.
Al riguardo si fa presente che
l’emissione dell’assegno, stante la sua natura di mezzo di pagamento, non
produce la novazione del rapporto fondamentale sottostante, che quindi rimane
in essere con tutte le caratteristiche sue proprie, ivi compresa quella che
attiene alla prescrizione applicabile.
La riemissione in pagamento di
assegni per le prestazioni economiche in questione deve intendersi quindi
subordinata in ogni caso alla verifica del mancato decorso del termine di
prescrizione annuale predetto, fatto salvo l’effetto interruttivo da
attribuire all’emissione del precedente assegno, in cui deve ravvisarsi un
riconoscimento di debito da parte dell’Istituto.
9)
ESPERIBILITÀ
DELL’AZIONE DI SURROGA IN IPOTESI DI MOBBING (malattia).
Alcune Sedi hanno chiesto se la
presenza di patologie riconducibili, sulla scorta delle dichiarazioni rese
dall’assicurato, a possibili situazioni di mobbing (9), sia presupposto
idoneo e sufficiente per intraprendere l’azione di surroga per responsabilità
di terzi.
Al riguardo si osserva che per la
giurisprudenza prevalente gli elementi essenziali della fattispecie sono:
l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico; la sua frequenza,
sistematicità e durata nel tempo; il suo andamento progressivo; le
conseguenze patologiche gravi che ne derivano per il lavoratore.
In relazione a quanto precede è
evidente che la prova del nesso causale tra il pregiudizio subito e la
malattia è particolarmente ardua, in quanto il lavoratore, per ottenere il
risarcimento, deve dimostrare il collegamento della malattia con una
pluralità di comportamenti che si inseriscono in una precisa strategia
persecutoria posta in essere dal datore di lavoro al fine di isolarlo
psicologicamente e fisicamente.
L’Istituto troverebbe pertanto
gravi difficoltà nell’intentare cause autonome per mobbing, dovendo provare gli elementi costitutivi della
fattispecie e, in particolare, il nesso causale.
Sulla base delle considerazioni
sopra esposte, ferma restando l’esperibilità in astratto dell’azione
surrogatoria nelle situazioni in questione ( trattandosi comunque di
menomazione della capacità lavorativa ascrivibile a comportamento doloso del
terzo responsabile ), di norma le
Sedi non daranno avvio ad autonoma procedura di recupero per
i casi di malattia semplicemente additati come mobbing e privi di un
accertamento giudiziale di responsabilità del datore di lavoro.
10)
INVIO DELLA CERTIFICAZIONE MEDICA PER LE
MALATTIE
CHE SI ESAURISCONO IN CARENZA (malattia) .
È stato chiesto se nel
caso di malattie che si esauriscono in carenza il lavoratore possa consegnare la certificazione medica al solo
datore di lavoro, omettendo cioè di inviarla
all’INPS.
Al riguardo si fa
presente che le disposizioni vigenti (art. 1, comma 149 della legge
30.12.2004, n.311, che ha sostituito i commi 1 e 2 della legge n. 33/1980)
prevedono in via generale che, nei casi di infermità comportanti incapacità
lavorativa, la certificazione rilasciata ai lavoratori aventi diritto
all’indennità di malattia debba essere inviata ai destinatari previsti (INPS
e datore di lavoro).
Avuto riguardo a quanto precede si
ritiene quindi che l’onere dell’invio della certificazione all’INPS permanga pure relativamente alle
malattie di durata inferiore a quattro giorni (per le quali, come noto, non è
dovuto il trattamento previdenziale), tenuto conto anche dei riflessi che
possono porsi nell’eventualità di successive ricadute.
Il
Direttore Generale
Crecco
Note:
(1)
Nell’eventualità che dette giornate coincidano con la
domenica, si applicheranno ovviamente le disposizioni vigenti per le
domeniche stesse (non indennizzabilità per gli operai, corresponsione
dell’indennità per gli impiegati). La situazione non è infatti equiparabile
alle “festività infrasettimanali coincidenti con la domenica” – non
indennizzabili neanche agli impiegati-, avendo le giornate in questione
perso, per effetto della legge sopra citata, la connotazione di “festività”.
(2)
Se ad esempio il datore di lavoro corrisponde il 6 novembre
2005 (prima domenica del mese di novembre) il compenso aggiuntivo previsto
per la giornata ex festiva del 4 novembre 2005 (venerdì), all’impiegato
assente per malattia il 4 novembre spetta, per tale ultimo giorno, la
prestazione previdenziale in quanto trattasi di giornata non retribuita. Il 6
novembre 2005 non sarà peraltro indennizzabile, non perché coincidente con la
domenica, ma perchè retribuito.
(3) Si
elencano, ad ogni buon conto, oltre all’Italia, i Paesi ai quali, alla data
del 1 gennaio 2006 viene applicata la normativa comunitaria: Austria, Belgio,
Danimarca, Estonia, Finlandia,
Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno
Unito (Gran Bretagna e Irlanda del Nord), Repubblica Ceca, Repubblica di
Cipro, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria.
Con
l’occasione si ricorda ad ogni buon conto che a decorrere dal 1.6.2004 il
formulario E111 è stato sostituito dalla TEAM (Tessera Europea Assicurazione
Malattia), e che dalla stessa data è
stato soppresso il formulario E 113 (v. messaggio n. 027699 del 1.8.2005).
(4)
I testi dei relativi Accordi e Convenzioni sono consultabili
su “INPS INTERNET” (INPS; Informazioni; Panorama internazionale; Le
convenzioni internazionali; Normativa; Stati esteri - convenzioni
bilaterali).
(5)
Sono ancora applicabili gli accordi a suo tempo stipulati
con l’ex Yugoslavia.
(6)
Si rammenta che, diversamente dagli altri assicurati, ai
lavoratori dello spettacolo ed ai marittimi non è applicabile il divieto di
corrispondere trattamenti economici di malattia dopo la cessazione del
rapporto di lavoro a tempo determinato (v. comma 7, art. 7, della legge n.
638/1983).
(7)
Il particolare accertamento non è ovviamente necessario se
la malattia denunciata è diversa.
(8)
Poiché per i lavoratori di cui trattasi permane anche
l’assoggettamento alla contribuzione per maternità, gli stessi hanno anche
diritto alle relative prestazioni, limitate peraltro verosimilmente a casi di
adozione, affidamento o permessi per handicap.
(9)
Come indicato nella sentenza n. 623 del 25.10.2005 della III
Sez. Centrale d’Appello della Corte dei Conti, si verifica una situazione di
mobbing “quando un dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte dei
superiori e, in particolare, quando vengono poste in essere pratiche dirette
ad isolarlo dall’ambiente di lavoro o ad espellerlo, con la conseguenza di
intaccare gravemente l’equilibrio psichico dello stesso, menomandone la
capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando catastrofe
emotiva, depressione e talvolta persino il suicidio”.