Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Circolare numero 62 del 29/04/2010
Direzione Centrale Prestazioni
a Sostegno del Reddito
Direzione
Centrale Pensioni
Direzione
Centrale Entrate
Direzione
Centrale Sistemi Informativi e Tecnologici
Coordinamento
Generale Medico Legale
Ai
Dirigenti
centrali e periferici
Ai
Direttori delle
Agenzie
Ai
Coordinatori
generali, centrali e
Roma,
29/04/2010
periferici dei
Rami professionali
Al
Coordinatore
generale Medico legale e
Dirigenti
Medici
Circolare n.
62
e, per conoscenza,
Al
Commissario
Straordinario
Al
Presidente e ai
Componenti del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza
Al
Presidente e ai
Componenti del Collegio dei Sindaci
Al
Magistrato
della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo
Ai
Presidenti dei
Comitati amministratori
di fondi,
gestioni e casse
Al
Presidente
della Commissione centrale
per
l’accertamento e la riscossione
dei contributi
agricoli unificati
Ai
Presidenti dei
Comitati regionali
Ai
Presidenti dei
Comitati provinciali
OGGETTO:
Prestazioni
economiche di maternità - Varie
SOMMARIO:
1.
Assegno di
maternità dello Stato in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione
Separata – Chiarimenti
2.
Svolgimento di
una nuova attività lavorativa durante la fruizione del congedo parentale –
Precisazioni
3.
Parto anticipato
ed interdizione prorogata: nuove istruzioni
4.
Documentazione
amministrativa: certificati medici redatti dai medici convenzionati con il
SSN
1)
Assegno di maternità dello Stato di cui all’art. 75 del D.Lgs.
151/2001- Accertamento dei requisiti in caso di madre lavoratrice iscritta alla
Gestione Separata - Precisazioni
E’ noto che, con la legge finanziaria per il
2007 e successivo decreto ministeriale del 12.07.2007, il congedo di maternità
di cui agli artt. 16 e 17 del D.Lgs.151/2001 (T.U. maternità/paternità) è stato
esteso anche in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata (vedi
circolare n. 137/2007 e messaggio del 27.03.2008 n.7040).
In particolare, in attuazione della citata
riforma, la lavoratrice iscritta alla Gestione Separata, analogamente a quanto
previsto per la lavoratrice dipendente, ha diritto all’indennità di maternità
per il periodo di congedo obbligatorio ordinario e anticipato/prorogato
eventualmente disposto dai servizi ispettivi delle DPL, a condizione che risultino
accreditate in favore della lavoratrice stessa tre mensilità di contribuzione
nei 12 mesi precedenti la data di inizio del periodo di congedo obbligatorio
(ordinario e/o anticipato/prorogato) richiesto.
A) L’estensione
del diritto al congedo obbligatorio di maternità e della correlativa
indennità, in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata, ha
inciso anche sulla disciplina dell’assegno di maternità dello Stato ed, in
particolare, sulla determinazione della quota differenziale nell’ipotesi di cui
al comma 1, lett a, dell’art. 75 del D.Lgs. 151/2001 (vedi
punto 2.1 della
circolare n. 143/2001:
“donna lavoratrice che, alla data del parto o
dell’ingresso del bambino in famiglia, ha una qualsiasi forma di tutela
previdenziale per la maternità…..”).
Precisamente, ai
fini della concessione dell’assegno di maternità dello Stato, nell’ipotesi in
esame, occorre accertare che la lavoratrice iscritta alla Gestione Separata sia
in possesso dei seguenti requisiti:
1)
abbia
diritto all’indennità di maternità
a
carico della Gestione Separata in quanto risultano accreditate in favore della
stessa i 3 mesi di contribuzione effettiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del
congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato);
2)
abbia,
inoltre
,
3 mesi di contribuzione
per la maternità, maturati anche in gestioni diverse, nel periodo compreso tra
i 18 ed i 9 mesi antecedenti
la data dell’evento (parto o ingresso del
minore adottato/affidato nella famiglia anagrafica della richiedente).
Si rammenta che,
nell’ipotesi considerata, l’assegno di maternità dello Stato spetta, nella
misura della quota differenziale, a condizione che il trattamento economico per
maternità (indennità o retribuzione), corrisposto o spettante alla lavoratrice,
sia di importo inferiore rispetto all’importo dell’assegno medesimo.
A tali fini, nel
predetto trattamento economico, dovrà includersi sia l’indennità spettante per
il periodo ordinario di congedo obbligatorio di maternità sia l’indennità
spettante per gli eventuali periodi di interdizione anticipata o prorogata
disposti dal servizio ispezione della DPL ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs.
151/2001.
La misura della
quota differenziale dell’assegno di maternità dello Stato sarà ricavata,
quindi, sottraendo dal valore dell’assegno, vigente alla data del parto (o
ingresso in famiglia), l’importo complessivo dei suddetti trattamenti economici
(art. 6 del d.p.c.m. 452/2000).
B) In merito
alla diversa ipotesi di cui al comma 1, lett. b, dell’art. 75 del D.Lgs.
151/2001 (
punto 2.2 della circolare n. 143/2001:
“
donna che ha
perduto il diritto a determinate prestazioni previdenziali ed assistenziali
derivante dallo svolgimento di un’attività lavorativa per almeno tre mesi...
”),
si precisa che, per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata,
“i tre
mesi di attività lavorativa
” corrispondono a tre mesi di contribuzione
effettiva nella misura dell’aliquota maggiorata dello 0,72 per cento, dovuta, a
far data dal 7.11.2007, in luogo della precedente aliquota dello 0,50 per
cento.
Pertanto,
nell’ipotesi in esame, la lavoratrice iscritta alla Gestione Separata ha
diritto all’assegno di maternità dello Stato a condizione che siano verificate
le seguenti condizioni:
1)
abbia svolto attività lavorativa per la quale
risultano versati 3 mesi di contribuzione effettiva (non è rilevante l’arco
temporale nel quale si collocano tali mesi di contribuzione);
2)
abbia fruito, a seguito della suddetta attività
lavorativa (per la quale risultano versati 3 mesi di contribuzione), di una
delle prestazioni previdenziali di al punto 2.2 della circolare 143/2001, in
particolare: malattia, maternità, degenza ospedaliera;
3)
tra l’ultimo giorno di fruizione di una delle
predette prestazioni previdenziali (malattia, maternità o degenza ospedaliera)
e la data del parto (o ingresso in famiglia) è necessario che non sia decorso
un periodo di tempo superiore a quello di durata della prestazione stessa,
periodo che, comunque, non può essere superiore a 9 mesi.
Per quanto non
espressamente contemplato nella presente circolare, si rimanda alle istruzioni
fornite con circolare 143/2001.
2) Svolgimento di altra attività
lavorativa durante la fruizione di congedo parentale
Sono stati
chiesti chiarimenti in merito alla riconoscibilità o meno del diritto
all’indennità per congedo parentale (di cui agli artt. 32 e ss. del
D.Lgs.151/2001) in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione
del congedo stesso, intraprendono una
nuova
attività lavorativa.
A tale riguardo
è stato interpellato il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali che, nel rendere il proprio parere, ha sottolineato che il congedo
parentale risponde alla precipua funzione di assicurare al genitore lavoratore
un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può,
quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere una nuova
attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore
dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio in esame è
orientato.
In applicazione
delle indicazioni ministeriali sopra richiamate, si forniscono, quindi, le
seguenti precisazioni.
Il lavoratore
dipendente che, durante l’assenza dal lavoro per congedo parentale, intraprenda
un’altra attività lavorativa (dipendente, parasubordinata o autonoma) non ha
diritto all’indennità a titolo di congedo parentale ed, eventualmente, è tenuto
a rimborsare all’Inps l’indennità indebitamente percepita (art. 22 del d.p.r.
1026/1976).
Pertanto, le
Sedi dovranno respingere la relativa domanda e, nel caso in cui sia in corso la
fruizione del beneficio e del correlativo trattamento economico, dovrà essere
attivato il relativo recupero secondo le modalità ordinariamente previste.
L’incompatibilità
appena evidenziata si configura anche nei casi in cui il lavoratore dipendente
intraprenda una nuova attività lavorativa durante periodi di congedo parentale
non indennizzabili per superamento dei limiti temporali e reddituali previsti
dalla legge (artt. 32 e 34 del D.Lgs. 151/2001);
in
tale ipotesi, infatti, al lavoratore non può essere riconosciuta la copertura
figurativa per i periodi di congedo impropriamente utilizzati.
Ovviamente, la
reiezione della domanda di indennità, con eventuale recupero di quanto già
corrisposto, dovrà limitarsi a quei periodi di congedo parentale relativamente
ai quali risulti verificato il contemporaneo svolgimento della nuova attività
lavorativa intrapresa.
Si precisa,
inoltre, che l’ipotesi sopra considerata è differente rispetto all’ipotesi in
cui il lavoratore sia titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale
(orizzontale), ed eserciti il diritto al congedo parentale relativamente ad uno
dei rapporti di lavoro, proseguendo l’attività nell’altro o negli altri
rapporti. In tale caso, infatti, il lavoratore non si avvale dell’assenza per congedo
parentale per intraprendere una nuova attività lavorativa, ma si limita a
proseguire l’attività o le attività già in essere al momento della richiesta di
congedo.
I lavoratori
iscritti alla Gestione Separata aventi diritto al congedo parentale (lavoratori
a progetto, collaboratori coordinati e continuativi presso la P.A. e titolari di assegno di ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire
l’attività lavorativa nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo
parentale, né possono intraprendere, durante il periodo medesimo, una nuova
attività (sia essa dipendente, parasubordinata o autonoma); anche in tal caso,
infatti, l’eventuale trattamento indebitamente concesso a titolo di congedo
parentale dovrà essere recuperato.
3) Parto prematuro
e interdizione prorogata dal lavoro disposta dai servizi ispezione della DPL –
Nuove istruzioni
Sulla base di
recenti indicazioni del Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali, si forniscono nuove istruzioni in merito alla determinazione del
complessivo periodo di congedo obbligatorio di maternità (e del correlativo
trattamento economico) spettante, in caso di parto prematuro, alla lavoratrice
autorizzata all’interdizione prorogata dal lavoro, fino ad un periodo di 7 mesi
dopo il parto, ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 151/2001.
In particolare,
in caso di parto prematuro, i giorni di congedo obbligatorio non goduti prima
del parto vanno aggiunti al termine del periodo di proroga con conseguente
riconoscimento di un periodo di congedo post partum complessivamente di
maggiore durata.
Devono pertanto
ritenersi superate le istruzioni fornite alla lett. d) della circolare n.
45/2000.
4) Documentazione amministrativa:
certificati medici redatti dai medici convenzionati con il SSN
L’art. 76 del
D.Lgs. 151/2001 dispone che:
1. “
Al
rilascio dei certificati medici di cui al presente testo unico
(maternità/paternità
– D.Lgs. 151/2001),
salvi i casi di ulteriore specificazione, sono abilitati
i
medici del servizio sanitario nazionale
(SSN)
.
2. Qualora
i certificati siano redatti da
medici diversi
da quelli di cui al comma
1, il datore di lavoro o l’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata
per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi
ovvero di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata
”.
L’applicazione
della norma succitata ha portato a ritenere che, ai fini delle disposizioni di
cui al Testo Unico maternità/paternità, i medici convenzionati con il SSN non
fossero da ricomprendere nella categoria dei “
medici del SSN
” ma nella
categoria dei “
medici diversi
”. Conseguentemente, per i certificati
redatti dai medici convenzionati trovava applicazione il comma 2 dell’art. 76
del D.Lgs. 151/2001 (accettazione o regolarizzazione).
Recentemente il
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpellato in
merito all’interruzione di gravidanza intervenuta prima del 180° giorno
(aborto), ha chiarito che, ai fini dell'esclusione dei periodi di malattia
connessa a gravidanza dal computo del limite massimo indennizzabile (180
giorni) per malattia nell’arco dell’anno solare, non è necessaria la
certificazione rilasciata da un medico specialista del SSN, ma è sufficiente la
certificazione redatta anche dal proprio medico curante di medicina generale
convenzionato.
Ne consegue che,
ai predetti fini, le Sedi devono accettare anche i certificati redatti dai
medici curanti di medicina generale convenzionati.
Con l’occasione,
il citato Ministero, ha chiarito inoltre che, ai fini del Testo Unico
maternità/paternità, i medici convenzionati devono ritenersi compresi nella
categoria dei medici del SSN di cui al comma 1 dell’art. 76 del D.Lgs.
151/2001: conseguentemente, i certificati medici redatti dai medici
convenzionati devono considerarsi equivalenti a quelli rilasciati dai medici di
struttura pubblica (SSN) e, pertanto, devono essere accettati dall’Istituto e
dal datore di lavoro.
In particolare,
devono essere accettati i certificati medici indicanti la data presunta del
parto redatti dai medici curanti di medicina generale convenzionati o dai
ginecologi convenzionati con il SSN (art. 21 del D.Lgs. 151/2001).
La
certificazione medica attestante la malattia connessa a puerperio, analogamente
a quanto previsto per la certificazione richiesta ai fini della flessibilità,
deve essere rilasciata dallo specialista del SSN o con esso convenzionato.
Rimane ferma,
invece, la facoltà dell’Istituto e del datore di lavoro di accettare o chiedere
la regolarizzazione dei certificati medici redatti dai medici privati non
convenzionati o dai medici dipendenti da strutture private non convenzionate
con il SSN.
Per buona memoria, in merito alle strutture
che possono considerarsi “convenzionate”, è utile fare riferimento alle
precisazioni a suo tempo fornite con circolare n. 32 del 03.03.2006.
Il
Direttore Generale
Nori