Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Circolare numero 74 del 15-7-2008.htm
Intervento del Fondo di garanzia istituito per la liquidazione del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro. Riepilogo delle disposizioni vigenti ed orientamenti giurisprudenziali
Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito
Coordinamento generale Legale
Ai
Dirigenti centrali e periferici
Ai
Direttori delle Agenzie
Ai
Coordinatori generali, centrali e
Roma, 15 Luglio 2008
periferici dei Rami professionali
Al
Coordinatore generale
Medico legale e
Dirigenti Medici
Circolare n. 74
e, per conoscenza,
Al
Presidente
Ai
Consiglieri di
Amministrazione
Al
Presidente e ai Componenti del Consiglio
di Indirizzo e Vigilanza
Al
Presidente e ai
Componenti del Collegio dei Sindaci
Al
Magistrato della Corte dei Conti delegato
all’esercizio del controllo
Ai
Presidenti dei Comitati amministratori
di fondi, gestioni e casse
Al
Presidente della Commissione centrale
per l’accertamento e la riscossione
dei contributi agricoli unificati
Ai
Presidenti dei Comitati regionali
Allegati
2
Ai
Presidenti dei Comitati provinciali
OGGETTO:
Intervento del Fondo di garanzia
istituito per la liquidazione del TFR in caso di insolvenza del datore di
lavoro. Riepilogo delle disposizioni vigenti ed orientamenti
giurisprudenziali
SOMMARIO:
La presente circolare recepisce le
innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 169/2007 entrato in vigore
l’1.1.2008.
Pertanto
la circolare n. 53 del
7 marzo 2007 è integralmente sostituita dalla presente
.
1. Premesse
2. Il Fondo di garanzia
2.1. I soggetti assicurati
3. Il Trattamento di fine rapporto
3.1. Presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia
3.2. La richiesta di intervento
3.3. I documenti a corredo della
domanda
3.4. Prescrizione
3.5. Tempi di definizione
3.6. Oneri accessori (interessi e
rivalutazione monetaria)
3.7. Tassazione
3.8. Ricorsi amministrativi e
giudiziali
4. I crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto
4.1. Modalità applicative
4.2. I presupposti per l’intervento
del Fondo di garanzia
4.3. La richiesta di intervento
4.4. I documenti a corredo della
domanda
4.5. Prescrizione
4.6. Tempi di definizione
4.7. Oneri accessori (interessi e
rivalutazione monetaria)
4.8. Tassazione
4.9. Ricorsi
1.
Premesse
Con
direttiva 987/80 del 20.10.1980 il Consiglio della CEE ha voluto garantire ai
lavoratori subordinati una tutela minima in caso di insolvenza del datore di
lavoro. A tale scopo la direttiva ha delineato un meccanismo di tutela basato
sulla creazione di specifici
organismi
di garanzia
, che si sostituiscono al datore di lavoro per il pagamento di
taluni crediti dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza di
quest’ultimo.
In
attuazione di detta direttiva lo Stato italiano ha adottato due testi
normativi, la legge 29 maggio 1982, n. 297, istitutiva del Fondo di garanzia
per il trattamento di fine rapporto ed il decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 80, con il quale la garanzia è stata estesa anche alle ultime
retribuzioni (artt. 1 e 2). Di recente, la disciplina del Fondo di Garanzia è
stata integrata dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 186 adottato in
attuazione della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 2002/74/CE del
23 settembre 2002, che ha regolamentato le cd. situazioni trasnazionali.
Sulla
materia, nel tempo, sono intervenute decisioni della Corte di Giustizia delle
Comunità Europee, della Suprema Corte di Cassazione e della Corte
Costituzionale; inoltre due successive riforme del diritto fallimentare (la
prima, introdotta dal decreto legislativo 9.1.2006, n. 5, è entrata in vigore
il 16.7.2006; la seconda, introdotta dal decreto legislativo 12 settembre
2007, n. 169, è entrata in vigore il 1.1.2008) hanno avuto notevoli riflessi
sulle condizioni di accesso alle prestazioni del Fondo di garanzia.
Si
ritiene pertanto opportuno fornire un quadro riassuntivo aggiornato delle
disposizioni in materia.
2.
IL FONDO DI
GARANZIA
Ai
sensi dell'art. 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88 il Fondo afferisce alla
Gestione Prestazioni Temporanee ai Lavoratori Dipendenti, nel cui ambito ha
una contabilità separata.
Il
Fondo è alimentato con un contributo a carico dei soli datori di lavoro pari
allo 0,20%
[1]
della retribuzione imponibile, elevato allo
0,40% per i dirigenti di
aziende industriali. Per garantire il pareggio della gestione
l'aliquota contributiva può essere modificata con decreto del Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e
delle Finanze, sentito il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto.
L'art.
2, 9° comma, della legge n. 297/1982, prevede per i datori di lavoro
l'obbligo di inserire i dati concernenti l'accantonamento del trattamento di
fine rapporto nelle denunce annuali dei dipendenti. Detta informazione sino
alla competenza 1997 era reperibile nel modello 01/M, successivamente, sino
al 2004 era inserita nel CUD
[2]
.
Da ultimo, a seguito della mensilizzazione della trasmissione dei dati
retributivi e contributivi
[3]
all’Istituto, i dati relativi all’accantonamento del TFR sono contenuti nelle
denuncia del mese di febbraio dell’anno successivo.
2.1. I soggetti assicurati
Possono
richiedere l'intervento del Fondo tutti i lavoratori dipendenti da datori di
lavoro tenuti al versamento all'Istituto del contributo che alimenta la
Gestione, compresi i lavoratori con la qualifica di apprendista ed i
dirigenti di aziende industriali
[4]
.
Ai
soci delle cooperative di lavoro tale tutela è stata riconosciuta dall’art.
24, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196. La norma ha previsto che i
contributi versati al Fondo prima dell’entrata in vigore della legge
conservino la loro efficacia ai fini dell’erogazione delle prestazioni; di
conseguenza, ai dipendenti, potrà essere corrisposto anche il TFR maturato in
periodi anteriori all’entrata in vigore della legge sopra indicata, purché
risultino versati i relativi contributi. Al contrario, nel caso in cui le
società cooperative non abbiano effettuato alcun versamento, ai soci lavoratori
potrà essere erogata solo la quota di TFR maturata dopo il 1.7.1997
[5]
.
In
caso di decesso del lavoratore, l'intervento del Fondo può essere richiesto
dagli "aventi diritto", da identificare secondo le disposizioni
dell'art. 2122 c.c., con preferenza per il coniuge, i figli e, se vivevano a
carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado
[6]
e gli affini
[7]
entro il secondo.
Eventuali
domande presentate da società finanziarie o da altri soggetti in qualità di
cessionari del credito di TFR del lavoratore, diversi da quelli sopra
indicati, dovranno essere respinte
[8]
.
Sono
esclusi dall'intervento del Fondo gestito dall'INPS i giornalisti in quanto
la prestazione è assicurata dall'INPGI
[9]
;
qualora, nel corso dello stesso rapporto di lavoro, il dipendente sia stato
iscritto al Fondo gestito dall'INPS e, in successione, a quello gestito
dall'INPGI, l'Istituto assicuratore tenuto a garantire l'intera prestazione,
è quello competente al momento della cessazione del rapporto di lavoro
[10]
.
3.
IL
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Il
Trattamento di fine rapporto (d'ora in poi TFR), regolamentato dall'art. 2120
c.c., è quella somma che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente
in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il trattamento in parola
si calcola sommando, per ogni anno, una quota pari alla retribuzione annuale
diviso per 13,5 ed alla quale va aggiunta la rivalutazione
[11]
dell'importo accantonato l'anno precedente.
Il
diritto al TFR matura esclusivamente al momento della cessazione del rapporto
di lavoro
[12]
,
essendo le quote annuali meri accantonamenti contabili. Si precisa che la
dichiarazione di fallimento, l’apertura di una procedura di liquidazione
coatta amministrava, o di amministrazione straordinaria, non determinano di
per sé la risoluzione del rapporto di lavoro
[13]
,
essendo a tal fine necessario il licenziamento da parte del responsabile
della procedura o le dimissioni del lavoratore stesso.
Stante
l’unicità ed infrazionabilità del rapporto di lavoro sino alla sua
risoluzione, momento in cui diviene esigibile il TFR, non vi è ragione di
distinguere tra la quota maturata prima dell’apertura della procedura e
quella eventualmente maturata successivamente, durante la continuazione
dell’esercizio di impresa; anche quest’ultima potrà essere pertanto
corrisposta dal fondo purché ammessa allo stato passivo in prededuzione.
Il
diritto al TFR si prescrive in cinque anni (art. 2948, comma 5, c.c.) che
decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Quando il diritto
al TFR è riconosciuto da sentenza di condanna passata in giudicato si
prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.).
3.1.
I presupposti per l'intervento del Fondo di garanzia
Preliminarmente
occorre distinguere a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno
alle disposizioni del R.D. 16 marzo
1942, n. 267 (Legge fallimentare), perché diversi sono i requisiti del
diritto alle prestazioni del Fondo nell’uno e nell’altro caso.
La
giurisprudenza della Corte di Cassazione
[14]
,
intervenuta sulla materia, ebbe a chiarire che il criterio distintivo tra le
due categorie deve essere unicamente la condizione soggettiva di cui all’art.
1 della succitata legge, ovvero l’essere il datore di lavoro un imprenditore
commerciale privato.
L'art. 1 della legge fallimentare -
così come da ultimo modificato dal D.Lgs. 12.9.2007, n. 169 - stabilisce che sono soggetti al
fallimento ed al concordato preventivo gli imprenditori esercenti un'attività
commerciale, esclusi gli enti pubblici. Il secondo comma del medesimo
articolo precisa che sono altresì esclusi gli imprenditori che dimostrino il
possesso congiunto dei seguenti requisiti
[15]
:
aver
avuto, in ciascuno dei tre esercizi antecedenti la data di deposito della
istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un
attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro
trecentomila;
a)
aver realizzato, in qualunque modo risulti, in
ciascuno dei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di
fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi
per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
b)
avere un ammontare di debiti, anche non scaduti,
non superiore ad euro cinquecentomila.
Pertanto,
ai fini dell’applicazione della legge fallimentare, perdono ogni rilevanza
sia la nozione di piccolo imprenditore, sia la forma con la quale viene
esercitata l’impresa (individuale o collettiva).
Ne
consegue che, ad esclusione dell'imprenditore esercente attività agricola,
tutti gli altri, compresi gli artigiani e gli imprenditori individuali,
possono essere assoggettati a fallimento se superano le soglie di cui sopra;
di contro, anche una società commerciale potrebbe non essere assoggettabile a
procedura concorsuale
[16]
.
L’onere
di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti sopra indicati grava
sull’imprenditore il quale, nel caso in cui non partecipi all’istruttoria
prefallimentare (o nel corso della stessa non emergano elementi di prova
sufficienti), verrà dichiarato fallito.
3.1.1. Datore di lavoro
soggetto alle procedure concorsuali
.
Requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono:
a)
la cessazione del rapporto di lavoro
subordinato;
b)
l’apertura di una procedura
concorsuale;
c)
l’esistenza del credito per TFR
rimasto insoluto.
a)
Cessazione del rapporto di lavoro subordinato
La garanzia del Fondo opera indipendentemente dalla causa che ha
determinato la cessazione del rapporto, dimissioni, licenziamento e scadenza
del termine in caso di contratto a tempo determinato.
Il requisito della cessazione del rapporto di lavoro deve essere
valutato con attenzione in tutti i casi di trasferimento d'azienda, compresi
l'affitto e l'usufrutto. Infatti l'art. 2112 c.c., in materia di
“Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda”
[17]
prevede, di regola, la continuazione del rapporto di lavoro con il
cessionario, che pertanto è l'unico obbligato a corrispondere il TFR, anche
per la parte maturata alle dipendenze dell'impresa cedente
[18]
.
Ne consegue che, se il datore di lavoro insolvente è il cedente,
il Fondo non sarà tenuto ad intervenire in quanto il TFR dovrà essere
corrisposto per l'intero dal cessionario; al contrario, in caso di fallimento
del cessionario, il fondo sarà tenuto a corrispondere l'intero TFR maturato.
In caso di vendita di aziende poste in fallimento,
amministrazione straordinaria
[19]
,
concordato preventivo con cessione dei beni o liquidazione coatta
amministrativa, l'art. 47, comma 5, della L. 428/90 stabilisce che ai
lavoratori il cui rapporto continua con l'acquirente non si applica l'art.
2112 c.c.. Di conseguenza il Fondo corrisponderà il TFR maturato alle
dipendenze del cedente sino alla data del trasferimento, salvo che l'accordo
sindacale preliminare al trasferimento non abbia previsto, quale condizione
di miglior favore, l'accollo del TFR da parte dell’acquirente stesso.
Si chiarisce che la fruizione da parte del lavoratore del
trattamento straordinario di integrazione salariale concesso ai sensi
dell’art. 3 della L. 223/91, presuppone la continuazione reale – e non
fittizia - del rapporto di lavoro con l’impresa fallita
[20]
fino al termine di concessione di detta provvidenza. Di conseguenza
l’intervento del Fondo, relativamente alla quota del TFR maturata prima del
trattamento straordinario di integrazione salariale – con esclusione della
quota riferibile al beneficio assistenziale la quale grava sulla Gestione di
cui all’art. 37 della legge n. 88/89 -
potrà essere richiesto al termine del periodo di fruizione del
trattamento in parola, purché intervenga una causa di risoluzione del rapporto
(licenziamento o dimissioni).
Da ultimo, si precisa che nel concordato preventivo sono
soggetti al concorso solo i crediti sorti prima del decreto di apertura della
procedura (art. 184 L.F.) e pertanto il Fondo potrà corrispondere solo il TFR
maturato prima di tale data ed a condizione che il rapporto di lavoro, al
momento della richiesta, sia cessato.
b)
Apertura di una procedura concorsuale
Le procedure concorsuali che danno titolo all’intervento del
Fondo sono: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta
amministrativa (art. 2 L. 297/82) e l’amministrazione straordinaria (art. 102
D.lgs. 270/99).
La legge 14 maggio 2005, n. 80 di conversione del d.l. 14 marzo
2005, n. 35, che ha riformato la disciplina del concordato preventivo, ha
modificato l’originario comma 1 dell’art. 160 L.F. stabilendo che possa
essere ammesso a tale procedura «l'imprenditore che si trova in stato di
crisi». Al riguardo, stante la precisazione contenuta nel comma 2 del citato
articolo
[21]
secondo
cui per «stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza», si ritiene
che la situazione giuridica dell’imprenditore cui si riferisce la riforma non
escluda la garanzia del Fondo perché lo stato di crisi sottende un dissesto
economico generale ed irreversibile al pari dello stato di insolvenza cui
fanno riferimento sia la L. 297/82 sia il D.lgs. 80/92.
In talune ipotesi, che di seguito si esemplificano, non si fa
luogo all’apertura della procedura concorsuale:
-
quando,
a norma degli artt. 10 e 11 L.F. l’imprenditore non può essere dichiarato
fallito essendo trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro
delle imprese;
-
nel
caso, previsto dall’art. 15, comma 9, L.F, in cui risulti che il complessivo
ammontare dei debiti scaduti e non pagati accertati nel corso
dell’istruttoria prefallimentare è inferiore a Euro 30.000
[22]
.
Questo limite non è riferito al singolo debito del lavoratore, o dei
lavoratori, ma a tutti i debiti dell’azienda.
Allo stato, le richieste di intervento che rientrano in questa
casistica non potranno trovare accoglimento.
Nelle segnalate ipotesi non potranno trovare accoglimento le
domande presentate sulla base dei requisiti che devono far valere i
dipendenti di datori di lavoro non soggetti alle procedure concorsuali (par.
3.1.2.).
Il legislatore, con
decreto legislativo 19.8.2005, n. 186 pubblicato sulla G.U. del 21.9.2005, in
attuazione della direttiva 2002/74/CE, ha provveduto a regolamentare le
situazioni c.d. transnazionali. L'art. 2, comma 4 bis della legge 29 maggio
1982, n. 297, ha infatti previsto l'intervento del Fondo di garanzia anche
nel caso in cui il datore di lavoro sia sottoposto a procedura concorsuale
nel territorio di un altro Stato membro a condizione che:
-
l'attività
del datore di lavoro sia svolta sul territorio di almeno due Stati membri;
-
l'impresa
sia stata costituita secondo il diritto dello Stato membro dove è stata
aperta la procedura concorsuale;
-
il
dipendente abbia abitualmente svolto la sua attività in Italia e quindi sia
prevista la contribuzione al Fondo.
Il Fondo interviene solo per le procedure aperte dopo l'entrata
in vigore del decreto (6.10.2005).
Non essendo al momento disponibile un elenco delle procedure
concorsuali in vigore negli altri Stati membri dell’Unione Europea, si
ritiene che diano titolo all’intervento quelle procedure che, anche nello
Stato in cui sono state aperte, consentono l’intervento degli organismi di
garanzia di cui alla direttiva 80/987/CEE e ss. modifiche.
c)
Accertamento del credito
L'accertamento del credito in caso di fallimento,
amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, avviene
con l'ammissione del credito nello stato passivo della procedura.
Da tale requisito, per costante giurisprudenza della Corte di
Cassazione
[23]
, non può
prescindersi neanche nel caso in cui il lavoratore non sia responsabile della
mancata ammissione. Una siffatta situazione può verificarsi:
-
quando
il Tribunale decreti di non procedere all'accertamento del passivo a causa
della previsione di insufficiente realizzo, come previsto dall’art. 102 della
nuova L.F.:
-
quando
la tardiva ammissione del credito allo stato passivo sia impedita
dall’avvenuta chiusura della procedura concorsuale
[24]
.
L'ammissione del credito nello stato passivo determina la misura
dell'obbligazione del Fondo di garanzia
[25]
.
3.1.2. Datore di lavoro non
soggetto alle procedure concorsuali
Requisiti
dell’intervento del Fondo di garanzia sono:
a)
cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
b)
inapplicabilità al datore di lavoro delle
procedure concorsuali per mancanza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 1
L.F.;
c)
insufficienza delle garanzie patrimoniali del
datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata;
d)
l'esistenza del credito per TFR rimasto insoluto.
a)
Cessazione
del rapporto di lavoro subordinato
Si
rinvia al paragrafo 3.1.1. lett. a).
b)
Dimostrazione
che il datore di lavoro non è soggetto alle procedure concorsuali
Coma
già indicato nel paragrafo 3.1., i requisiti soggettivi per definire l’ambito
di applicazione della L.F., sono diventati prevalentemente quantitativi.
La
valutazione che non sono stati superati i parametri economici minimi di
legge, condizione escludente il fallimento, può risultare piuttosto
difficile, atteso che né l’Istituto né il lavoratore istante - sul quale
grava l'onere di dimostrare che il datore di lavoro non è assoggettabile a
procedura concorsuale
[26]
- dispongono di elementi sufficienti a compiere una stima esaustiva della
situazione patrimoniale e del conto economico del datore di lavoro
insolvente; la legge fallimentare infatti, come da ultimo modificata dal
D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, pone a carico del debitore l’onere di
provare il possesso di quei requisiti che comportano l’esclusione dal
fallimento.
Pertanto,
in via generale, il lavoratore al fine di dimostrare che il datore di lavoro
non è assoggettabile a procedura concorsuale dovrà esibire copia del decreto
del Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento per insussistenza dei
presupposti (e non per i motivi di cui agli artt. 10, 11 e 15, comma 9, L.F.).
La
presentazione di tale decreto non è necessaria:
a)
quando l’Istituto
ne sia già in possesso per aver tentato in proprio di far dichiarare il
fallimento del datore di lavoro insolvente;
b)
quando il datore di
lavoro sia un imprenditore agricolo;
c)
quando il datore di
lavoro sia una società a responsabilità limitata (anche unipersonale) ed il
lavoratore esibisca i Bilanci depositati presso il Registro delle imprese
relativi ai tre anni precedenti la data della domanda di intervento del Fondo
o quella di cessazione dell’attività aziendale se precedente
[27]
,
dai quali risultino soddisfatti contemporaneamente i seguenti requisiti: 1)
valore dell’attivo patrimoniale
[28]
non superiore ad Euro trecentomila in ciascuno dei tre anni considerati; 2)
ricavi lordi
[29]
non superiori ad Euro duecentomila in ciascuno dei tre anni considerati; 3)
ammontare dei debiti
[30]
,
scaduti e non scaduti, non superiore ad Euro 500.000 nell’ultimo bilancio
considerato.
Qualora tali bilanci
non siano stati depositati, il lavoratore dovrà esibire copia del decreto
di reiezione dell’istanza di
fallimento per i motivi di cui all’art. 1 L.F.;
d)
quando il datore di
lavoro, imprenditore individuale o società di persone, risulti non avere
avuto, in media, più di tre dipendenti
[31]
nei tre anni precedenti la data della domanda di intervento del Fondo o
quella di cessazione dell’attività aziendale se precedente.
c)
Dimostrazione
dell’insufficienza della garanzie patrimoniali
Ai
sensi dell’art. 2, comma 5, della legge 29 maggio 1982, n. 297, la prova
dell’insolvenza del datore di lavoro deve essere fornita attraverso la
dimostrazione che, a seguito dell’esecuzione forzata sul patrimonio dello
stesso, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte
insufficienti a soddisfare il credito del lavoratore.
Al
riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione
[32]
ha
ritenuto sufficiente che il lavoratore esperisca, o meglio tenti di esperire,
in modo serio ed adeguato, quell’esecuzione forzata che, in relazione al
genere ed alla consistenza dei beni pignorati e dell’eventuale concorso di
altri creditori maggiormente garantiti, appaia possibile ed utile allo scopo.
Di
conseguenza il lavoratore non deve dimostrare di aver tentato tutte le azioni
esecutive in astratto esperibili ed in particolare non deve tentare
l’esecuzione presso terzi, purché egli dimostri di aver cercato di realizzare
il proprio credito nei confronti del datore di lavoro in modo “serio ed
adeguato”, ricercando, con la normale diligenza, i beni del datore di lavoro
nei luoghi ricollegabili alla persona del debitore.
Dal
punto di vista operativo si ritiene che la dimostrazione dell’insufficienza
delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro sia soddisfatta allorché si
verifichi una delle seguenti ipotesi:
-
il lavoratore
esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i
locali dell’azienda e presso il luogo di residenza del datore di lavoro se
imprenditore individuale;
-
il lavoratore
esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i
locali dell’azienda e presso la residenza di tutti coloro che rispondono
illimitatamente delle obbligazioni sociali in caso di società di persone;
-
il lavoratore
esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso la sede
della società (legale ed operativa se diverse).
Il
lavoratore inoltre deve dimostrare l’impossibilità, o l’inutilità del
pignoramento immobiliare allegando la visura o il certificato della
Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza
del datore di lavoro, da cui risulti, rispettivamente, che lo stesso non è
titolare di beni immobili o che gli stessi sono gravati da ipoteche in misura
superiore al valore del bene.
Ai
fini dell’intervento del Fondo, al pignoramento negativo può essere
equiparato quello mancato quando: a) l’ufficiale giudiziario abbia accertato
l’irreperibilità del datore di lavoro all’indirizzo di residenza che risulta
dai registri dell’anagrafe comunale; b) l’ufficiale giudiziario abbia
constatato, in occasione di almeno due accessi, l’assenza del debitore.
Nel
caso in cui il datore di lavoro sia deceduto, le azioni esecutive dovranno
essere eseguite nei confronti di tutti gli eredi.
Se
i chiamati hanno rinunciato all’eredità (ed è stata aperta una procedura di
eredità giacente), o hanno accettato
con beneficio d’inventario, il lavoratore potrà accedere alla tutela del
Fondo solo qualora si munisca di titolo esecutivo e sia stata aperta la
procedura di liquidazione prevista dall’art. 499 c.c. (liquidazione
concorsuale) e se, al termine della liquidazione stessa, il credito del
lavoratore sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto per incapienza dei
beni ereditari.
Al
riguardo si precisa che lo stato di graduazione di cui all’art. 499, comma 2,
c.c., non è equivalente, sul piano giuridico, allo stato passivo delle
procedure concorsuali e pertanto, dovendosi applicare l’art. 2, comma 5 della
L. 297/82, nessun pagamento potrà essere posto a carico del Fondo prima che
sia terminata la liquidazione.
d) Accertamento dell'esistenza di
uno specifico credito per TFR
In
tutti i casi in cui il Fondo interviene ai sensi dell’art. 2, comma 5 L.
297/82, ovvero al di fuori di una procedura concorsuale, il credito del
lavoratore deve essere stato accertato in giudizio.
Nelle
esecuzioni individuali l'accertamento del credito avviene con sentenza, con
decreto ingiuntivo o con il decreto di esecutività di cui all’art. 411, comma
3, c.p.c. del verbale di conciliazione di cui all'art.
410 c.p.c..
Anche
nell’ipotesi di eredità giacente o accettata con beneficio di inventario e
liquidata secondo la procedura prevista dall’art. 499 c.c., il credito del
lavoratore dovrà essere accertato giudizialmente, non essendo sufficiente il
solo inserimento del credito nello stato di graduazione
[33]
.
3.2.
La richiesta di intervento
La
domanda di intervento del Fondo deve essere presentata dal lavoratore o dai
suoi eredi alla Sede dell'INPS nella cui competenza territoriale l'assicurato
ha la propria residenza; se avanzata ad una Sede diversa essa verrà
trasferita d'ufficio a quella territorialmente competente.
Qualora
il lavoratore sia residente all'estero, la sede competente sarà quella
dell'ultima residenza in Italia dell'assicurato oppure quella in cui
l’assicurato stesso elegge domicilio.
La
domanda può essere presentata sul modello appositamente predisposto (TFR/CL -
SR50) oppure in carta semplice purché vengano riportate tutte le informazioni
contenute nel citato modello.
Se
la domanda non è firmata davanti al funzionario addetto alla ricezione, ad
essa dovrà essere allegata copia del documento di identità del
sottoscrittore.
L'art.
2, comma 2, della legge 29 maggio 1982, n. 297 prevede che la domanda possa
essere presentata:
a)
in caso di fallimento, liquidazione coatta
amministrativa ed amministrazione straordinaria, dal 15° giorno successivo al
deposito dello stato passivo reso esecutivo ai sensi degli art. 97 e 209
della L.F.;
b)
nel caso in cui siano state proposte impugnazioni
o opposizioni riguardanti il credito del lavoratore, dal giorno successivo alla pubblicazione
della sentenza che decide su di esse;
c)
in caso di concordato preventivo, dal giorno
successivo alla pubblicazione della sentenza di omologa (ora del decreto di
omologazione), ovvero della sentenza (ora del decreto) che decide di
eventuali opposizioni o impugnazioni;
d)
in caso di insinuazione tardiva del credito nella procedura fallimentare,
dal giorno successivo al decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza
che decide dell’eventuale contestazione;
e)
in caso di esecuzione individuale, dal giorno
successivo alla data del verbale di pignoramento negativo, ovvero, in caso di
pignoramento in tutto o in parte positivo, dal giorno successivo alla data
del provvedimento di assegnazione all’interessato del ricavato
dell’esecuzione.
3.3.
I
documenti a corredo della domanda
Con riferimento ai documenti da produrre a corredo della
domanda, si richiama l’attenzione sul principio di diritto dettato dalla
Corte di Cassazione, secondo il quale
«Al
fine di ottenere dall’INPS il pagamento del TFR in sostituzione del datore di
lavoro fallito, il lavoratore è tenuto a corredare la relativa istanza con la
documentazione necessaria richiesta dall’Ente previdenziale, cui non incombe
l’obbligo di provvedere d’ufficio all’acquisizione dei dati necessari per la
liquidazione del dovuto»
[34]
e sulla circostanza che rientra nei poteri regolamentari dell’Istituto
determinare la documentazione da allegare alla domanda, indispensabile
all’accoglimento della medesima.
Di seguito si individua la documentazione occorrente di massima
per l’istruttoria delle domande, salvo che la necessità di acquisire
ulteriore documentazione si palesi nell’esame di particolari situazioni.
3.3.1. Fallimento,
Liquidazione coatta amministrativa e Amministrazione straordinaria
·
copia
di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in
presenza di un funzionario dell’Istituto);
·
modello
tfr 3/bis timbrato e sottoscritto dal responsabile della procedura ;
·
copia
autentica dello stato passivo (anche per estratto) oppure, in caso di ammissione
tardiva,
·
copia
autentica del decreto di ammissione tardiva allo stato passivo;
·
attestazione
della cancelleria del tribunale che il credito del lavoratore non e’ stato
oggetto di opposizione o di impugnazione sensi del 2° e 3° comma dell’art. 98
L.F. (sostituibile con analoga dichiarazione del responsabile della procedura
concorsuale);
3.3.2. Concordato
preventivo
·
copia
di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in
presenza di un funzionario dell’Istituto);
·
modello
tfr 3/bis timbrato e sottoscritto dal commissario giudiziale e dal
liquidatore nominato dal Tribunale in caso di concordato con cessione di
beni;
·
copia
mod. CUD relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del
rapporto di lavoro (eventuale);
·
copia
autentica della sentenza (ora decreto) di omologazione;
·
attestazione
della Cancelleria del Tribunale che il concordato omologato non è stato
appellato o reclamato dinanzi alla Corte d’Appello.
3.3.3. Procedura
concorsuale aperta in un altro Stato membro dell’Unione Europea
·
copia
autentica dello Stato Passivo munita di traduzione legale (da cui si deve
evincere, in maniera inequivocabile, che le somme sono dovute a titolo TFR);
·
dichiarazione
del Tribunale (o del responsabile della procedura) munita di traduzione
legale che attesti che lo stato passivo è definitivo ovvero non è soggetto,
per quanto riguarda il credito del lavoratore, a modifiche;
·
mod.
TFR3/bis SOST da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;
·
copia
mod. CUD relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del
rapporto di lavoro (per i rapporti di lavoro terminati entro il 31.12.2004) o
copia della busta paga relativa al TFR;
·
copia
della lettera o contratto di assunzione e della lettera di licenziamento.
3.3.4. Esecuzione individuale
·
copia di un
documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di
un funzionario dell’Istituto);
·
mod. TFR3/bis SOST
da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà;
·
copia mod. CUD
relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del rapporto
di lavoro (eventuale);
·
decreto del
Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento perché trattasi di piccolo
imprenditore (i casi in cui tale documento non è necessario sono indicati al
par. 3.1.2. lett. b);
·
originale del
titolo esecutivo in base al quale è stata esperita l’esecuzione forzata;
·
copia del ricorso
sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo, completo di
allegati (eventuale);
·
copia autentica del
verbale di pignoramento negativo, eseguito secondo le disposizioni indicate
al paragrafo 3.1.2. - lett. c);
·
visura o
certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di
nascita e di residenza del datore di lavoro;
·
certificato di
residenza del datore di lavoro.
Con
riferimento alla dichiarazione del responsabile della procedura - modello
TFR3/bis – si segnala che il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni
nella L. 4 agosto 2006, n. 248, ha
previsto che anche il curatore fallimentare ed il commissario liquidatore
siano “sostituti di imposta”
[35]
e, come tali, tenuti alla sua compilazione.
Tuttavia,
nel caso eccezionale di comprovato rifiuto da parte del responsabile della
procedura concorsuale, le informazioni utili alla liquidazione potranno
essere fornite direttamente dal lavoratore interessato tramite la produzione
di idonea documentazione
[36]
e del modello TFR 3/bis SOST, oppure disponendo accertamenti ispettivi o di
reparto presso il responsabile della procedura.
3.3.5. Eredità giacente
·
certificato di
morte del datore di lavoro;
·
originale del
titolo esecutivo con il quale è stato riconosciuto il credito per TFR del
lavoratore;
·
copia autentica dello
stato di graduazione di cui all’art. 499 c.c.;
·
copia autentica del
riparto finale;
·
copia autentica del
provvedimento di chiusura della liquidazione.
3.3.6. Domanda presentata dagli eredi
Oltre
ai documenti di cui ai punti precedenti è necessario produrre:
A)
in caso di successione legittima:
·
certificato di
morte del lavoratore dante causa o dichiarazione sostitutiva, da cui
risultino lo stato civile, nonché l’ultimo domicilio;
·
stato di famiglia
aggiornato alla data del decesso o dichiarazione sostitutiva;
·
atto di notorietà
attestante: 1) le generalità del
de
cuius
, comprensive del luogo e della data di nascita, dello stato civile
e del luogo di ultima residenza; 2) che tra il
de cuius
ed il coniuge superstite non è stata pronunciata
sentenza di separazione, passata in giudicato, con addebito a carico del
coniuge separato; 3) l’indicazione delle persone che hanno la rappresentanza
o l’assistenza di minori o di incapaci, ove vi siano tra gli aventi diritto
alla successione; 4) l’indicazione delle persone di cui non consti in modo
certo l’esistenza in vita (scomparsi, assenti, morti presunti), ove vi siano
tra gli aventi diritto alla successione; 5) che trattasi di successione
legittima, non avendo il
de cuius
disposto con testamento della prestazione domandata.
·
delega alla
riscossione in favore di uno solo degli eredi (eventuale).
B)
in caso di successione testamentaria:
·
copia autentica del
testamento pubblico o del verbale di pubblicazione del testamento olografo o
segreto, contenente il certificato di morte;
·
documentazione che
dovesse risultare necessaria in base al contenuto delle disposizioni
testamentarie (istituzione di erede o legato)
·
delega alla
riscossione in favore di uno solo degli eredi (eventuale).
3.4.
Prescrizione
La
legge 297/82 non ha previsto un particolare termine di prescrizione entro il
quale con la domanda di liquidazione del T.F.R. a carico del Fondo di
garanzia deve essere esercitato il relativo diritto: esso, pertanto, rimane
quello quinquennale stabilito dall'art. 2948 p. 5) c.c. per il TFR.
La
giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione
[37]
ha
riconosciuto che il Fondo di garanzia in virtù dell’accollo legislativamente
previsto diviene condebitore solidale del datore di lavoro, pertanto, in
forza dell’art. 1310 c.c.: a) tutti gli atti con i quali il lavoratore
interrompe la prescrizione nei confronti del datore di lavoro hanno effetti
anche nei confronti del Fondo di Garanzia; b) l'eventuale rinuncia alla
prescrizione fatta dal datore di lavoro (o dalla procedura concorsuale) non
ha effetto nei confronti del Fondo.
Di
conseguenza nell'istruttoria delle domande dovrà essere preliminarmente
verificato che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la data di
deposito della domanda di ammissione allo stato passivo non siano trascorsi
più di cinque anni, salve eventuali interruzioni della prescrizione fatte nei
confronti del datore di lavoro. A questo proposito si ricorda che la
prescrizione è interrotta da qualsiasi atto scritto con il quale il
lavoratore costituisce in mora il proprio datore di lavoro e che la
proposizione di una domanda giudiziale interrompe la prescrizione con effetti
permanenti sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il
giudizio (artt. 2943 e 2945 c.c.).
Come
già detto l’art. 94 della L.F. prevede che la domanda di insinuazione nello
stato passivo “produce gli effetti della domanda giudiziale” interrompendo,
“per tutto il corso del fallimento”, la prescrizione, che ricomincerà a
decorrere, per la sua intera durata, dalla data di chiusura della procedura.
Pertanto, a condizione che il lavoratore abbia insinuato il proprio credito
nel termine di cinque anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro,
lo stesso potrà richiedere l'intervento del Fondo entro cinque anni dalla
chiusura della procedura. Tale principio è valido anche per la procedura di
amministrazione straordinaria.
Nel
caso della liquidazione coatta amministrativa, se l'ammissione non avviene a
seguito di istanza del lavoratore, l'effetto interruttivo decorre dalla data
di ricezione della raccomandata con cui il Commissario liquidatore comunica l'importo del credito risultante
dalle scritture contabili (art. 207 L.F.).
La
procedura concorsuale si conclude:
-
fallimento: data
del decreto di chiusura di cui all'art. 119 L.F.;
-
amministrazione
straordinaria: data del decreto di chiusura di cui all'art. 76 d.lgs. 270/99;
-
liquidazione coatta
amministrativa: data approvazione del bilancio finale di liquidazione
(ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
della notizia di deposito del bilancio finale di liquidazione, se non sono
state proposte contestazioni).
Nel
concordato preventivo, poiché non è applicabile in via analogica l'art. 94
L.F. non esistendo un processo di verifica dei crediti, non si ha alcun
effetto interruttivo permanente della prescrizione; pertanto il Fondo potrà
intervenire solo se tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la
data di presentazione della domanda all'Istituto non siano trascorsi più di
cinque anni, fatti salvi eventuali atti interruttivi della prescrizione.
3.5.
Tempi di definizione
L'Istituto
è tenuto a liquidare il TFR a carico del Fondo di garanzia nel termine di 60
gg. decorrenti dalla data di presentazione della domanda completa di tutta la
documentazione (art. 2, comma 7 della L. 297/82).
3.6.
Oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria)
Gi
oneri accessori sul TFR, ancorché non ammessi allo stato passivo del datore
di lavoro
[38]
,
devono essere corrisposti dalla data di cessazione del rapporto di lavoro
sino alla data di effettivo soddisfo
[39]
.
3.7.
Tassazione
L'Istituto,
quale sostituto di imposta ai sensi della vigente normativa fiscale, è tenuto
ad assoggettare a ritenuta le somme erogate a titolo di TFR e oneri
accessori.
Al
riguardo si segnala che il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47 ha
previsto che gli uffici finanziari debbano provvedere alla riliquidazione
dell'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni
precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, pertanto la
ritenuta fiscale operata dall'Istituto ha carattere provvisorio.
Si
ricorda inoltre che l'accertamento dei crediti di lavoro, sia nelle procedure
concorsuali che nelle esecuzioni individuali, deve intendersi fatto al lordo
delle ritenute fiscali
[40]
.
Pertanto
anche qualora nello stato passivo sia stato ammesso l'importo netto del TFR,
su di esso andranno operate le ritenute fiscali, fatta salva la possibilità
per il lavoratore di presentare domanda tardiva di cui all'art. 101 L.F. per
la differenza.
3.8.
Ricorsi
3.8.1. Ricorsi amministrativi
Contro il provvedimento di reiezione della domanda, o di
liquidazione della prestazione in misura inferiore a quella richiesta, è
ammesso ricorso amministrativo al Comitato Provinciale entro novanta giorni
dalla sua ricezione (art. 46 c. 5 legge 88/89). In caso di mancata adozione
del provvedimento da parte dell'Istituto il termine per la proposizione del
ricorso decorre dal 61° giorno successivo a quello di presentazione della
domanda
[41]
completa
della documentazione.
Il ricorso, redatto in carta semplice, deve essere presentato
all'Ufficio che ha adottato il provvedimento.
Da ultimo si ricorda che i ricorsi tardivi, perché presentati
dopo l’esaurimento del procedimento amministrativo (ossia dopo il 240° giorno
dalla presentazione della domanda) non incidono sul decorso del termine
annuale di decadenza cui soggiace la domanda giudiziaria, mentre i ricorsi
ulteriormente tardivi, perché presentati dopo l’avveramento della decadenza
suddetta dovranno essere rigettati
[42]
,
senza alcun esame nel merito, perché non più sussiste un credito che possa
ricevere tutela giudiziaria.
3.8.2. Ricorsi giudiziali
L’art.
4 del D.L. 19 settembre 1992, n. 384 - convertito nella legge 14 novembre
1992, n. 438 - prevede il temine di
decadenza di un anno per la proposizione dell’azione giudiziaria per le
prestazioni afferenti alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori
dipendenti (art. 24 L. 88/89) nella quale espressamente rientra il Fondo di
garanzia per il TFR.
Tale
termine decorre dalle date stabilite nel comma 2 dell’art. 47 D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, come sostituito dalla novella del 1992, che variano in
relazione agli sviluppi del procedimento amministrativo.
4. I crediti di
lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto
Com’è
noto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80 ha esteso la garanzia del
Fondo anche ai crediti di lavoro diversi dal TFR.
4.1.
Modalità applicative
4.1.1. Il periodo coperto dalla
garanzia del Fondo
Il
Fondo corrisponde esclusivamente i crediti retributivi inerenti gli ultimi
tre mesi del rapporto di lavoro purché rientrino nei dodici mesi che precedono i termini indicati dall’art.
2, comma 1, del D.Lgs. 80/92 e cioè:
a)
la data della
domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale a carico del datore
di lavoro, se il lavoratore ha cessato il proprio rapporto prima
dell’apertura della procedura stessa.
In
caso di fallimento il
dies a quo
da
cui partire per individuare i dodici mesi in cui devono essere compresi gli
ultimi tre mesi del rapporto è la data del deposito in Tribunale del primo
ricorso che ha originato la dichiarazione di fallimento, indipendentemente
dal soggetto che l’ha proposto
[43]
.
In
caso di liquidazione coatta amministrativa, il
dies a quo
è la data del ricorso al Tribunale per la
dichiarazione di insolvenza (art. 195 L.F.), o, se precedente, la data del
decreto di liquidazione emesso dall’autorità amministrativa che ha la
vigilanza sull’impresa.
In
caso di concordato preventivo il
dies a
quo
ai fini dell’individuazione del periodo coperto dalla garanzia del
Fondo è la data del deposito del ricorso per l’apertura della procedura (art.
161 L.F.).
In
caso di amministrazione straordinaria il
dies
a quo
è la data del deposito in Tribunale del ricorso per la
dichiarazione di insolvenza (art. 3
D.lvo 270/99) o, la data della presentazione al Ministero delle Attività
Produttive della domanda per l’ammissione alla procedura in caso di imprese
di notevoli dimensioni (art. 2 legge 18.2.2004 n. 39 di conversione del decreto legge 23.12.2003 n. 347).
Qualora
il lavoratore, prima delle date indicate ai punti precedenti, abbia agito in
giudizio per il soddisfacimento dei crediti per i quali chiede il pagamento
del Fondo, il
dies a quo
da cui calcolare i dodici mesi in cui
devono ricadere gli ultimi tre del rapporto, è la data del deposito in
Tribunale del relativo ricorso
[44]
.
Al riguardo si precisa che:
·
La richiesta di
espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 410
c.p.c., in quanto attinente ad una fase precontenziosa, non può essere
equiparata ad un'iniziativa giudiziaria;
·
La possibilità di
anticipare il
"dies a quo"
ad una data precedente la domanda di apertura della procedura concorsuale è
riservata esclusivamente al lavoratore che prima di detta data abbia agito in
giudizio, senza che gli altri dipendenti dello stesso datore di lavoro
possano avvantaggiarsene.
b)
la data di
deposito in Tribunale del ricorso per la tutela dei crediti di lavoro, nel
caso in cui l’intervento del Fondo avvenga a seguito di esecuzione
individuale
[45]
.
c)
la data del
provvedimento di messa in liquidazione, di cessazione dell’esercizio
provvisorio, di revoca dell’autorizzazione alla continuazione all’esercizio
di impresa, per i lavoratori che dopo l’apertura di una procedura concorsuale
abbiano effettivamente continuato a prestare attività lavorativa.
Se
la cessazione del rapporto di lavoro è intervenuta durante la continuazione
dell’attività dell’impresa, i dodici mesi dovranno essere calcolati a partire
dalla data di licenziamento o di dimissioni del lavoratore
[46]
.
Tale
disposizione deve essere applicata solo a quei lavoratori che hanno
effettivamente prestato attività lavorativa dopo l’apertura della procedura e
non a coloro il cui rapporto, per l’intero periodo successivo, sia stato
sospeso.
4.1.2. I crediti garantiti dal
Fondo
I
crediti che possono essere corrisposti a carico del Fondo sono quelli
inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, da intendersi come tre
mesi di calendario o, più precisamente, come l’arco di tempo compreso tra la
data di cessazione del rapporto di lavoro e la stessa data del terzo mese
precedente
[47]
.
Si
precisa inoltre che qualora gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro
coincidano, in tutto o in parte, con
un periodo di sospensione del rapporto durante il quale non è sorto alcun
diritto retributivo - per esempio per la fruizione di permessi non retribuiti
o di trattamenti previdenziali interamente sostituivi della retribuzione - la
garanzia è riferibile ai tre mesi immediatamente precedenti, purché
rientranti nei dodici mesi di cui al punto precedente.
Tale
interpretazione è conforme alla nozione comunitaria di rapporto di lavoro
adottata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in relazione alla
direttiva 80/987/CEE
[48]
e confermata anche dalla giurisprudenza nazionale
[49]
.
Nel
caso in cui gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro coincidano con un
periodo successivo all’apertura della procedura (cfr. par. 4.1.1 punto c)
essi potranno essere posti a carico del Fondo se non corrisposti dalla
procedura ed ammessi allo stato passivo in prededuzione.
Possono
essere posti a carico del Fondo solo i crediti di lavoro (diversi dal TFR)
maturati nell’ultimo trimestre ed aventi natura di retribuzione propriamente
detta, compresi i ratei di tredicesima e di altre mensilità aggiuntive
[50]
,
nonché le somme dovute dal datore di lavoro a titolo di prestazioni di
malattia e maternità; devono invece essere escluse l’indennità di preavviso
[51]
,
l’indennità per ferie non godute, l’indennità di malattia a carico dell’INPS
che il datore di lavoro avrebbe dovuto anticipare.
4.1.3. Limiti della garanzia del
Fondo: il massimale
La
garanzia prestata dal Fondo per i crediti di lavoro in questione è limitata
ad una somma pari a tre volte la misura massima del trattamento straordinario
di integrazione salariale mensile al netto delle trattenute assistenziali e
previdenziali
[52]
.
Al
riguardo si ricorda che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee
[53]
pronunciandosi sul sistema di calcolo del massimale ha chiarito che da esso
non devono essere sottratte le somme eventualmente corrisposte dal datore di
lavoro negli ultimi tre mesi e che lo stesso, essendo un limite di pagamento,
non deve essere rapportato al periodo per il quale si richiede l’intervento
del Fondo.
L’art.
2, comma 4, D.lgs. n. 80/92 prevedeva inoltre l’incumulabilità del pagamento,
fino a concorrenza degli importi, con: a) il trattamento straordinario di
integrazione salariale percepito nell’arco dei dodici mesi; b) le retribuzioni
corrisposte al lavoratore nell’arco degli ultimi tre mesi; c) l’indennità di
mobilità riconosciuta ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, nell’arco dei
tre mesi successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Tale
disposizione, espressamente abrogata per quanto riguarda il punto b) dal
d.lgs. 19 agosto 2005, n. 186, deve ritenersi superata anche con riferimento
ai punti a) e c).
La
Corte di Giustizia delle Comunità Europee infatti, con la nota sentenza del
10 luglio 1997
[54]
,
ha giudicato la legislazione italiana non conforme al diritto comunitario
nella parte in cui prevede l’incumulabilità delle prestazioni del Fondo con
il trattamento di mobilità di cui alla L. 223/91, diretto a sovvenire ai
bisogni del lavoratore licenziato nei tre mesi successivi alla cessazione del
rapporto di lavoro.
Con
riferimento all’incumulabilità con il trattamento straordinario di
integrazione salariale, con circolare n. 58 del 9 marzo 1999, era stato
chiarito che essa era limitata ai soli periodi coincidenti con gli ultimi tre
mesi del rapporto di lavoro. Alla luce della nozione comunitaria di rapporto
di lavoro elaborata dalla Corte di Giustizia
[55]
,
secondo la quale non sia ha un rapporto di lavoro preclusivo della garanzia
del Fondo nei periodi in cui non sorgono diritti retributivi, anche questa
previsione deve ritenersi non più applicabile. Resta confermata la
previsione, già contenuta nella citata circolare, per la quale la prestazione
di cui al d.lgs. 80/92 deve essere erogata anche in presenza del trattamento
C.I.G.S., concesso ai sensi dell’art. 3 della L. 23 luglio 1991, n. 223.
4.2.
I presupposti per
l’intervento del Fondo di garanzia
I
presupposti per l’intervento del Fondo per i crediti di lavoro sono gli
stessi previsti per il TFR, pertanto si rinvia al par. 3.1..
4.3.
La richiesta di intervento
Il
decreto espressamente rinvia alle disposizioni dettate per la liquidazione
del TFR per quel che riguarda i termini per la presentazione della domanda
[56]
,
pertanto si rinvia al par. 3.2..
4.4.
I documenti a corredo della
domanda
4.4.1. Fallimento, Liquidazione
coatta amministrativa e Amministrazione straordinaria
·
copia di un
documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di
un funzionario dell’Istituto);
·
modello CL timbrato
e sottoscritto dal responsabile della procedura ;
·
copia autentica
dello stato passivo (anche per estratto) oppure, in caso di ammissione
tardiva,
·
copia autentica del
decreto di ammissione tardiva allo stato passivo;
·
attestazione della
cancelleria del tribunale che il credito del lavoratore non e’ stato oggetto
di opposizione o di impugnazione ai sensi del 2° e 3° comma art. 98 L.F.
(sostituibile con analoga dichiarazione del responsabile della procedura
concorsuale);
·
copia della domanda
di ammissione al passivo e relativi conteggi;
·
copia delle buste
paga relative al periodo richiesto (se disponibili).
4.4.2. Concordato preventivo
·
copia di un
documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di
un funzionario dell’Istituto);
·
modello CL timbrato
e sottoscritto dal commissario giudiziale e dal liquidatore nominato dal
Tribunale in caso di concordato con cessione di beni;
·
copia autentica
della sentenza (ora decreto) di omologazione;
·
copia delle buste
paga relative al periodo richiesto.
4.4.3. Procedura concorsuale aperta in un altro Stato membro
dell’Unione Europea
·
copia autentica
dello Stato Passivo munita di traduzione legale (da cui si deve evincere, in
maniera inequivocabile, che le somme sono dovute a titolo di retribuzione dei
mesi per i quali viene chiesto l’intervento);
·
dichiarazione del
Tribunale (o del responsabile della procedura) munita di traduzione legale
che attesti che lo stato passivo è definitivo ovvero non è soggetto, per
quanto riguarda il credito del lavoratore, a modifiche;
·
mod. CL SOST da
compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà;
·
copia delle buste
paga relative al periodo richiesto;
4.4.4. Esecuzione individuale
·
copia di un
documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di
un funzionario dell’Istituto);
·
mod. CL SOST;
·
decreto del
Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento in quanto non ricorrono le
condizioni di cui all’art. 1 della L.F.;
·
originale del
titolo esecutivo in base al quale è stata esperita l’esecuzione forzata;
·
copia del ricorso
sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo, completo di
allegati ed in particolare dei conteggi;
·
copia autentica del
verbale di pignoramento negativo, come precisato al paragrafo 3.1.2. lett.
c);
·
visura o
certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di
nascita e di residenza del datore di lavoro;
·
certificato di
residenza del datore di lavoro;
·
copia delle buste
paga relative al periodo richiesto (se disponibili).
Con
riferimento al modello CL si rinvia a quanto precisato con riguardo al
modello TFR3/bis al paragrafo 3.3.4.
4.4.5. Eredità giacente
Si
rinvia al paragrafo 3.3.5..
4.4.6. Domanda presentata dagli
eredi
Si
rinvia al paragrafo 3.3.6..
4.5.
Prescrizione
L’art.
2, comma 5 del D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 80 prevede che il diritto alla
prestazione si prescrive in un anno. Tale termine, secondo quanto comunemente
previsto in materia di decorrenza della prescrizione ai sensi dell’art. 2935
c.c., decorre dal momento in cui il
diritto può essere fatto valere ovvero, dalle date indicate nel par. 3.2..
La
Corte di Cassazione tuttavia ha affermato, secondo l’indirizzo maggiormente
accreditato, che il Fondo di Garanzia in virtù dell’accollo legislativamente
previsto diviene condebitore solidale del datore di lavoro; ne consegue che,
in forza dell’art. 1310 c.c., tutti gli atti con i quali il lavoratore
interrompe la prescrizione nei confronti del datore di lavoro hanno effetti
anche nei confronti del Fondo di Garanzia e che l’eventuale rinunzia alla
prescrizione fatta dal datore di lavoro (o dalla procedura concorsuale) non
ha efficacia nei confronti del Fondo.
Di
conseguenza anche nell'istruttoria delle domande di liquidazione dei crediti
diversi dal TFR dovrà essere preliminarmente verificato che tra la data di
cessazione del rapporto di lavoro e la data di deposito della domanda di
ammissione allo stato passivo non siano trascorsi più di cinque anni
[57]
,
salve eventuali interruzioni della prescrizione fatte nei confronti del
datore di lavoro.
Come
già precisato a proposito dell’intervento del Fondo per il TFR, anche per i
crediti di lavoro la domanda di insinuazione nello stato passivo produce gli
effetti della domanda giudiziale, interrompendo la prescrizione per tutto il
corso del fallimento. Pertanto, a condizione che il lavoratore abbia
insinuato il proprio credito nel termine di cinque anni dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro, lo stesso potrà richiedere l'intervento
del Fondo entro un anno dalla chiusura della procedura. Si rinvia al par.
3.4. per il dettaglio delle singole procedure.
Il
termine di prescrizione non deve, in nessun caso, essere confuso con quello di cui all’art. 2,
comma 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, ovvero con il «dies a
quo» necessario per individuare il periodo coperto dalla garanzia del Fondo,
per il quale si rinvia alle disposizioni impartite al par. 4.1.1.
4.6.
Tempi di definizione
Il
D.Lgs. n.80/92 espressamente rinvia alle disposizioni dettate per la
liquidazione del TFR per quel che riguarda i tempi di definizione
[58]
,
pertanto si rinvia al par. 3.5..
4.7.
Oneri accessori (interessi
e rivalutazione monetaria)
Il
comma 5 dell’art. 2 del d.lgs.80/92 ha stabilito che “gli interessi e la svalutazione
monetaria sono dovuti dalla data della domanda”. Pertanto, a differenza di
quanto avviene per il TFR, gli oneri accessori devono essere corrisposti
dalla data di presentazione della domanda amministrativa, completa di tutta
la documentazione, sino alla data di effettivo soddisfo.
4.8.
Tassazione
Le
prestazioni erogate dal Fondo a titolo di crediti di lavoro, costituiscono
redditi di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 46 del T.U.I.R. e sono di
conseguenza assoggettate a ritenuta alla fonte, calcolata col sistema della
tassazione separata, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b) del citato
T.U.I.R., qualora trattasi di emolumenti corrisposti in anni successivi
rispetto a quello in cui e' maturato il diritto.
4.9.
Ricorsi
Per
tale tipologia si fa espresso rinvio
al par. 3.8.
Il
Direttore generale
Crecco
Allegato N.1
Allegato N.2