Direzione Centrale Entrate
Premessa
Il legislatore ha elaborato una vasta gamma di istituti amministrativi, i cosiddetti strumenti “deflattivi” del contenzioso tributario, che permettono di concordare soluzioni conciliatorie tra Amministrazione finanziaria e cittadino e di prevenire le liti, anticipando la riscossione dei tributi. Nell’intento di favorire il dialogo con l’Amministrazione, sono state progressivamente disegnate forme conciliatorie a matrice collaborativa e/o consensuale.
Recentemente il legislatore con il D.lgs. n. 156 del 24/09/2015, attuativo della Legge delega n. 23/2014 ed in vigore dall’1/01/2016, ha introdotto alcune misure per la revisione della disciplina del contenzioso tributario, finalizzate ad una maggiore efficienza della giustizia tributaria.
In particolare, la riforma prevede il rafforzamento degli istituti della conciliazione giudiziale e della mediazione tributaria allo scopo di ridurre il numero di ricorsi pendenti davanti alle Commissioni tributarie.
Inoltre, sempre in attuazione della Legge delega n. 23/2014, il D.lgs. n. 159 del 24/09/2015, in vigore dal 22/10/2015, modifica la disciplina dei versamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate e contiene misure volte a favorire l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti, anche attraverso forme di rateizzazione più ampie e vantaggiose.
Alla luce delle recenti modifiche normative, in considerazione della rilevanza assunta dagli strumenti deflativi del contenzioso e degli intervenuti orientamenti giurisprudenziali,è opportuno riepilogare le principali procedure di adesione della pretesa fiscale ed illustrarne l’efficacia in relazione alla debenza o meno dei contributi previdenziali.
Giova preliminarmente ricordare che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/73, provvede al controllo formale e sostanziale delle dichiarazioni dei redditi ed effettua i relativi accertamenti.
Per effetto dell’art. 1 del D.lgs. n. 462/97, a partire dalla dichiarazione relativa ai redditi riferiti all’anno 1998 “per la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei contributi e premi previdenziali e assistenziali che, ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. n. 241/1997 …..(omissis)….. devono essere determinati nelle dichiarazioni dei redditi, si applicano le disposizioni previste in materia di imposte dirette”.
Ne consegue che, a seguito dei controlli dell’Amministrazione finanziaria, sul maggior reddito accertato verranno calcolati e richiesti anche i contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi.
L’Istituto, come già noto, ai sensi dell’art. 7, c. 2, lett. t), D.L. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla Legge n. 106 del 12 luglio 2011, è impegnato nella riscossione della contribuzione totalmente o parzialmente insoluta sulla base delle informazioni che l’Agenzia delle Entrate provvede a trasmettere.
La qualifica di Ente accertatore continua ad essere rivestita dall’Amministrazione finanziaria, detentrice della documentazione relativa, alla quale i contribuenti devono far riferimento per eventuali eccezioni e richieste.
Con riferimento alle tipologie di accertamento che influiscono sulla contribuzione previdenziale - mentre per i controlli automatici e formali ex artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/73, in assenza di chiarimenti o di regolarizzazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria provvederà all’iscrizione a ruolo delle somme alla stessa spettanti - per le altre forme di accertamento (Accertamenti parziali ex art. 41 bis del DPR n. 600/73, Studi di settore e parametri, Accertamenti unificati) è possibile definire la pretesa tributaria
- in fase precontenziosa attraverso le seguenti procedure di adesione:
- in fase contenziosa, attraverso:
A) La definizione in fase precontenziosa: la Mediazione tributaria e gli Atti di adesione all’accertamento
In via generale, i controlli sostanziali dell’Amministrazione finanziaria sono realizzati mediante accessi, ispezioni o verifiche presso i contribuenti, mediante questionari o con la convocazione del contribuente presso l’ufficio (cosiddetto ”invito al contraddittorio”, accompagnato dalla determinazione induttiva dei ricavi e dei compensi).
A seguito delle verifiche effettuate, l’Amministrazione finanziaria, sulla base degli elementi istruttori acquisiti, notifica al contribuente la pretesa tributaria divenuta definitiva tramite avviso di accertamento contenente l’indicazione della maggiore base imponibile e della maggiore imposta.
Se il contribuente intende impugnare l’atto di accertamento, potrà presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente.
Se intende invece aderire all’accertamento, potrà versare quanto dovuto in unica soluzione o mediante dilazione di pagamento in rate trimestrali (cfr. art. 8, D.lgs. n. 218/97, come sostituito dall’art. 2, c. 2, del D.lgs. n. 159/2015).
Il maggior reddito accertato, o comunque accettato dal debitore, rileva anche ai fini previdenziali.
Gli atti relativi ad accertamenti totalmente o parzialmente insoluti saranno oggetto di apposita segnalazione da parte dell’Amministrazione finanziaria all’INPS, il quale provvederà al recupero tramite emissione di Avvisi di Addebito che conterranno, oltre al maggior contributo definito nell’atto di accertamento, anche le sanzioni calcolate in applicazione del regime sanzionatorio previsto dalla L. n. 388/2000, art. 116, c. 8, lett. b).
I contribuenti che ricevono avvisi di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria hanno, tuttavia, anche l’opportunità, se rinunciano ad instaurare un contenzioso in sede giurisdizionale, di ridefinire la pretesa tributaria e/o di ottenere una riduzione delle sanzioni tramite:
1. presentazione di proposta di Mediazione 2. definizione della controversia in contradditorio tramite Accertamento con adesione 3. accettazione dell’atto (cosiddetta “Acquiescenza”)
1. La Mediazione tributaria
Con l’art. 17-bis del D.lgs. n. 546/92 è stato introdotto, a partire dal 1° aprile 2012 e per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, l'istituto della c.d. “mediazione tributaria”.
La norma è stata successivamente modificata dalla Legge di stabilità 2014 e di recente integralmente sostituita dall’art. 9, c. 1, lett. l) del D.lgs. n. 156/2015, recante misure per la revisione del contenzioso tributario.
Il contribuente che ritenga di avere ricevuto un atto illegittimo ed intenda impugnarlo potrà proporre ricorso all’Amministrazione finanziaria.
L’istanza può contenere una proposta motivata di mediazione, con rideterminazione dell’ammontare della pretesa tributaria.
L’ufficio ricevente, se non ritiene di accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione, puòarticolarne una propria oppure rigettare il tutto.
L’intero procedimento dovrà essere concluso entro novanta giornidalla proposizione del ricorso stesso.
Se l’Amministrazione raggiunge un accordo col contribuente, la procedura si conclude con la sottoscrizione di un atto, contenente l’indicazione specifica degli importi risultanti dalla mediazione e le relative modalità di versamento, e si perfeziona con il pagamento dell’intero importo dovuto, ovvero della prima rata in presenza di pagamento rateale, entro venti giorni dalla conclusione dell’accordo stesso.
In assenza del versamento integrale delle somme dovute, ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale, la mediazione non si perfeziona e l’atto originario continuerà a produrre i suoi effetti.
Ai fini del perfezionamento della mediazione assume rilevanza anche il pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n.1/E del 2014).
1.1 Rilevanza ai fini previdenziali
Conformemente a quanto peraltro chiarito nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 2012, la Mediazione tributaria rileva anche ai fini del calcolo dei contributi previdenziali, in quanto la loro base imponibile deve essere ricondotta a quella delle imposte sui redditi (“L’atto di mediazione deve quindi indicare anche i contributi ricalcolati sulla base del reddito imponibile determinato nell’atto stesso”).
Successivamente, con la Legge n. 147/2013 (Legge di stabilità 2014) è stato espressamente disposto che, a decorrere dal 2/03/2014, “l’esito del procedimento rileva anche per i contributi previdenziali ed assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali ed assistenziali non si applicano interessi e sanzioni”.
A seguito del perfezionamento della mediazione, dunque, la pretesa tributaria (e, quindi, contributiva) viene definitivamente rideterminata nella misura fissata dall’accordo e il rapporto giuridico sottostante all’atto impugnato si intende definito e non ulteriormente contestabile.
La Sede INPS territorialmente competente, ricevuta la notizia della sottoscrizione della mediazione e del suo perfezionamento (nel caso in cui l’informazione provenga direttamente dal contribuente, sarà necessaria la conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate), acquisirà in tempi rapidi nella procedura di gestione l’accertamento di maggior imponibile ridefinito con l’atto di mediazione, laddove non ancora inserito.
1.2 I versamenti
Per la riscossione dei contributi è stato concordato con l’Agenzia delle Entrate di utilizzare il mod. F24, con specifiche causali da inserire nella sezione INPS:
E’ ammessa la possibilità di pagamento dilazionato delle somme secondo le disposizioni dell’art. 8, D.lgs. n. 218/97 così come modificato dall’art. 2, c. 2, D.lgs. n. 159/2015. In tal caso, anche i contributi si intendono rateizzati e le singole rate dovranno essere versate tramite modello F24 con le causali suindicate.
In caso di mancato versamento anche di una sola delle rate successive alla prima, entro il termine di scadenza della rata seguente, il contribuente decadrà dal beneficio della rateazione e l’Ufficio finanziario procederà alla riscossione delle somme di propria competenza, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dall’accordo di mediazione, dando comunicazione all’INPS della decadenza dalla stessa e del debito da recuperare, quantificato sulla base della mediazione ed al netto dei versamenti effettuati.
L’accordo di mediazione costituisce, infatti, titolo per la riscossione delle somme dovute dei residui importi a debito.
Ricevuta la comunicazione da parte dell’Agenzia, la Sede INPS territorialmente competente dovrà procedere al recupero, tramite emissione di Avviso di Addebito, dell’intero importo residuo, con applicazione delle sanzioni di cui alla legge n. 388/2000, art. 116, c. 8, lett. b) e dei relativi interessi.
1.3 Versamenti da accordo di mediazione in presenza di Avviso di Addebito
Può verificarsi l’ipotesi che il contribuente abbia ricevuto un Avviso di Addebito sulla base della notizia di un (originario) avviso di accertamento ma, nel frattempo, lo stesso abbia concluso un accordo di mediazione già saldato in unica soluzione.
Con messaggio n. 2902 del 15/02/2013 è stata illustrata la funzionalità che consente l’eventuale annullamento totale o parziale degli Avvisi di Addebito emessi a seguito di accertamento di maggior reddito da parte dell’Agenzia delle Entrate.
A tal fine, nell’ipotesi in cui il contribuente si sia avvalso dell’istituto della mediazione tributaria con rideterminazione della base imponibile, si dovrà modificare anche l’azione di recupero degli importi originariamente richiesti, rettificando il dato reddituale con le consuete procedure di gestione a disposizione delle Sedi.
E’ in ogni caso necessario che l’Agenzia comunichi il contenuto dell’accordo e attesti il suo perfezionamento; solo a seguito di tale comunicazione di contrazione del reddito accertato si potrà procedere con la rettifica dei dati.
Nei casi in cui le strutture territoriali competenti vengano a conoscenza dell’atto di mediazione direttamente dal contribuente, le stesse dovranno prendere contatti con i locali Uffici delle Entrate per la verifica della minore pretesa impositiva.
Solo ottenuta la conferma, si potrà effettuare l’eventuale annullamento delle somme inserite a recupero.
Qualora il contribuente abbia ricevuto un Avviso di Addebito sulla base di un avviso di accertamento, ma abbia nel frattempo concluso un accordo di mediazione ed optato per il versamento mediante rateazione, potranno presentarsi le seguenti casistiche:
Nell’ipotesi in cui si venga a conoscenza di accordo di mediazione rateizzato e totalmente saldato, si procederà, dopo aver rideterminato il reddito nella misura della minor base imponibile stabilita dall’accordo, all’annullamento totale dell’Avviso di Addebito.
In caso di pagamento rateale ancora in corso, dopo aver rettificato nella procedura di gestione il dato reddituale nella misura della minor base imponibile stabilita dall’accordo, l’Avviso di Addebito verrà sospeso, in attesa del versamento delle rate ancora da pagare (cod. sosp. 35 – Sospensione per accertamenti fiscali). Successivamente, al saldo della rateizzazione, si provvederà all’annullamento dell’Avviso stesso.
Nell’ipotesi di inadempimento nei versamenti rateali ed a seguito della comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate stessa di decadenza dalla rateazione, la Sede competente provvederà, previa imputazione dei versamenti effettuati, all’annullamento parziale dell’Avviso ed alla successiva revoca della sospensione.
Laddove si sia in presenza di un accordo di mediazione perfezionato ed in corso di pagamento rateale, che stabilisca un reddito mediato al di sotto del minimale contributivo (pertanto, in tale fattispecie il pagamento dilazionato riguarderà solo la parte tributaria in quanto non risultano dovuti contributi a percentuale sul reddito), si procederà, dopo aver rideterminato il reddito nella misura della minor base imponibile stabilita dall’accordo, all’annullamento totale dell’Avviso di Addebito.
In presenza di richiesta di verifica di regolarità contributiva, l’interrogazione avrà esito positivo nel caso in cui il debito, derivante da accertamento fiscale oggetto di definizione con l’Amministrazione finanziaria, sia stato inserito in un accordo di mediazione totalmente saldato in unica soluzione o per il quale è regolarmente in corso il pagamento rateale.
Quindi, se a seguito dell’eventuale ricevimento dell’invito a regolarizzare la propria posizione, il contribuente eccepisca la sottoscrizione, e il conseguente perfezionamento, di un accordo di mediazione producendo la documentazione relativa, la Sede INPS competente dovrà verificare quanto dal contribuente dedotto anche contattando gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate.
In caso di conferma, in assenza di ulteriori cause ostative al rilascio del DURC, sarà attestata la regolarità contributiva.
2. L’Accertamento con adesione
Introdotto dalla L. n. 656/1994 e disciplinato dal D.lgs. n. 218/1997, l’accertamento con adesione attribuisce agli Uffici finanziari la possibilità di definire, in fase precontenziosa e in contraddittorio con il contribuente, le pretese tributarie rideterminando la base imponibile ed applicando sanzioni in misura ridotta.
Il procedimento di adesione può essere attivato d’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, o su istanza del contribuente, subordinatamente all’avvenuta notifica di un avviso stesso, e si conclude con la redazione dell’atto di accertamento con adesione, il quale dovrà indicare separatamente, per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquidazione delle maggiori imposte e delle altre somme dovute.
L’atto non è soggetto ad impugnazione da parte del contribuente, non è modificabile né integrabile da parte dell’ufficio, tranne che in alcune ipotesi tassativamente previste, ed avrà pertanto, nella maggior parte dei casi, carattere definitivo.
Al pari della mediazione tributaria, la definizione si perfeziona con il versamento, entro venti giorni dalla redazione dell’atto, delle somme dovute ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata.
2.1 Rilevanza ai fini previdenziali
L'art. 2, c. 3, del D.lgs. n. 218/1997, subito dopo aver sancito, in via generale, la non rilevanza dell’adesione ai fini extratributari, individua un'eccezione per i contributi previdenziali e assistenziali: “L’accertamento con adesione non è soggetto a impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio e non rileva ai fini dell’imposta comunale per l’esercizio di imprese e di arti e professioni, nonché ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali e assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi”.
Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano sanzioni e interessi, come previsto dall'art. 2, c. 5, del D.lgs. n. 218/1997. La definizione, pertanto, incide sui contributi previdenziali che avranno la stessa base imponibile di quella delle imposte sui redditi rideterminata in sede di accertamento con adesione.
2.2 I versamenti
Con le misure di riforma della riscossione di cui al D.lgs. n. 159/2015, il legislatore ha inteso uniformare le regole che presiedono alle modalità di riscossione delle somme dovute a seguito di mediazione tributaria, accertamento con adesione, acquiescenza e conciliazione giudiziale.
Per quanto attiene, pertanto, alle modalità di versamento e di rateizzazione si rinvia alla disciplina già illustrata per l’istituto della mediazione tributaria.
Anche per l’accertamento con adesione si rendono applicabili, infatti, le disposizioni dell’art. 8, D.lgs. n. 218/97, come modificato dall’art. 2, c. 2, D.lgs. n. 159/2015, riguardanti la possibilità di rateizzare le somme dovute, nonché le norme relative all’eventuale decadenza dal beneficio della rateazione per inadempienza nei versamenti con conseguente riscossione coattiva degli importi ancora dovuti.
In quest’ultimo caso, l’Istituto applicherà sulle somme residue da pagare il regime sanzionatorio previsto dalla Legge n. 388/2000, art. 116, c. 8, lett. b).
Si precisa che il perfezionamento dell’atto di adesione comporta, in via generale, la definizione del rapporto tra contribuente ed Amministrazione finanziaria: l’adesione ha carattere definitivo e l’accertamento originario non sarà più produttivo di alcun effetto.
Qualora il contribuente non rispetti le scadenze previste dal pagamento dilazionato, decadrà dalla possibilità di rateizzare il debito ma l’imponibile contributivo rimarrà quello definito con l’adesione (e non quello originariamente accertato).
Pertanto, il recupero contributivo, tramite Avviso di Addebito, comprenderà il residuo debito sulla base del reddito rideterminato in sede di adesione, oltre alle sanzioni ed agli interessi.
Qualora, invece, il contribuente non provveda al versamento delle somme dovute o della prima rata in caso di pagamento dilazionato, l’adesione non sarà perfezionata, perderà efficacia ed il debito contributivo da recuperare con avviso di addebito dovrà riferirsi al reddito oggetto dell’accertamento originario.
Ai fini dell’accreditamento della contribuzione sulla posizione assicurativa dell’interessato, si richiamano le disposizioni contenute nei messaggi n. 8186/2013 e n. 29663/2010 relative all’acquisizione e successiva gestione dei dati di accertamento non pervenuti in maniera automatizzata dall’Agenzia delle Entrate (cd. “Accertamento fittizio”) e/o gestione degli importi da rateizzazione versati ma non accreditati.
3. L’Acquiescenza all’avviso di accertamento
L’art. 15 del D.lgs. n. 218/1997 ha disciplinato l’istituto dell’acquiescenza, avente natura premiale, nelle ipotesi in cui il contribuente abbia ricevuto un avviso di accertamento e rinunci ad impugnare l’atto: a seguito di tale rinuncia corrisponde la riduzione a un terzo delle sanzioni.
E’ stata data, infatti, la possibilità di ottenere una riduzione delle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento nel caso in cui l’atto non venga impugnato o non sia presentata istanza di accertamento con adesione e si provveda al pagamento, entro il termine per la proposizione del ricorso, delle somme complessivamente dovute a titolo di imposta.
Per gli atti notificati entro il 31 dicembre 2015 è possibile anche la riduzione ad un sesto delle sanzioni nei casi si c.d. acquiescenza “rinforzata” che si verificano qualora l’avviso di accertamento non sia stato preceduto da un “processo verbale di constatazione” definibile o da un “invito al contraddittorio”.
3.1 Rilevanza ai fini previdenziali
Con la rinuncia all’impugnazione occorrerà provvedere all’integrale pagamento della maggior imposta accertata nonché al pagamento delle somme dovute dal contribuente a titolo di contributi previdenziali e assistenziali calcolati sul maggior reddito.
Anche per l’istituto in esame, infatti, trova applicazione l’art. 2, commi 3 e 5, D.lgs. n. 218/97, nella parte in cui stabilisce “l’irrilevanza dell’ atto di accertamento ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali e assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi… Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali…omissis...non si applicano sanzioni e interessi”.
3.2 I versamenti
Si rinvia a quanto già esposto relativamente alla mediazione tributaria per quanto attiene alle modalità di versamento, rateizzazione e recupero.
Ancor prima di ricevere un avviso di accertamento, al fine di definire la propria posizione fiscale, i contribuenti possono ricorrere ad ulteriori strumenti deflativi del contenzioso tributario:
- l’adesione all’”Invito al contraddittorio”, con il quale il contribuente soggetto a verifica fiscale, ha la possibilità di chiudere subito la controversia, accettando sostanzialmente la pretesa tributaria ed ottenendo in cambio la riduzione ad un sesto del minimo delle sanzioni previste dalla legge;
- l’adesione al “Processo verbale di constatazione” (PVC).In caso di verifica fiscale presso la Sede del contribuente, l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di Finanza si può concludere con la consegna di un processo verbale di constatazione in cui sono indicate le eventuali violazioni rilevate ed i relativi addebiti. Il contribuente potrà accettarne il contenuto, usufruendo di una riduzione ad un sesto del minimo delle sanzioni previste dalla legge.
Anche per i suddetti istituti trova applicazione l’art. 2, commi 3 e 5, D.lgs. n. 218/97 nella parte in cui stabilisce la rilevanza dell’atto di definizione per i contributi previdenziali e assistenziali.
Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano sanzioni e interessi.
La Legge n. 190/2014 (Finanziaria 2015) ha previsto che a decorrere dall’1.01.2016 gli istituti appena citati siano soppressi pur continuando, tuttavia, ad essere applicabili agli atti notificati entro il 31 dicembre 2015.
Con la Legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (Legge di stabilità 2016) il legislatore ha inoltre ulteriormente esteso l’ambito di applicabilità del c.d. “ravvedimento operoso”, disciplinato dall’art. 13 del D.lgs. n. 472/97, istituto giuridico che permette all’autore di una violazione di rimediare spontaneamente alle omissioni o alle irregolarità commesse relative a tutte le imposte, sia dirette sia indirette, beneficiando così della riduzione delle sanzioni amministrative applicabili, in misura diversaa seconda del momento in cui si procede alla regolarizzazione.
Con il ravvedimento operoso non è, però, possibile sanare le violazioni relative agli obblighi previdenziali: sui contributi dovuti dovranno essere calcolate le sanzioni civili.
B) La definizione in sede contenziosa: il Tentativo di conciliazione giudiziale e la Chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti
1. Il Tentativo di conciliazione giudiziale
Introdotta dall’art. 48 del D.lgs. n. 546/92, e a più riprese oggetto di successive modifiche, lo scopo della conciliazione giudiziale è quello di favorire il raggiungimento di accordi, in sede contenziosa, tra Amministrazione Finanziaria e contribuenti.
L’istituto della conciliazione consiste, in sostanza, nella definizione di qualsiasi controversia pendente presso le Commissioni Tributarie, anche di secondo grado per effetto delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 156/2015, e prevede una soluzione concordata degli importi oggetto di contestazione mediante il raggiungimento di uno specifico accordo conciliativo fra il contribuente e l’amministrazione finanziaria nel quale sono analiticamente indicate le somme dovute a titolo di imposta, sanzioni e interessi.
Per effetto della conciliazione la Commissione Tributaria adita dichiara, pertanto, l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere.
Si precisa altresì che, ai sensi del D.lgs. n. 156 del 24 settembre 2015, per le conciliazioni concluse dopo il 1° gennaio 2016 il perfezionamento delle stesse avviene con la mera sottoscrizione mentre per quelle concluse anteriormente era necessario l’atto di pagamento.
Il versamento degli importi può avvenire, oltre che in un’unica soluzione, anche ratealmente.
Alle modalità di versamento rateale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’accertamento con adesione e la mediazione tributaria già esposte (art. 8, c. 2, D.lgs. n. 218/1997, come sostituito dall’art. 2,c. 2, del D.lgs. n. 159/2015).
L’accordo costituisce titolo per il recupero e, come peraltro specificato nella circ. n. 38/E 2015 dell’Agenzia delle Entrate, “ha efficacia novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente conduce all’iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall’accordo stesso e all’applicazione del conseguente regime sanzionatorio per l’omesso versamento”.
Il mancato pagamento delle somme dovute o anche di una sola rata, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, pur non incidendo sul perfezionamento della definizione, determinerà l’iscrizione a ruolo dei residui importi da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
1.1 Rilevanza ai fini previdenziali
La conciliazione giudiziale presenta rilevanti caratteri di somiglianza con l’istituto dell’accertamento con adesione.
In entrambi i casi, infatti, si può addivenire ad una definizione concordata delle imposte oggetto di contestazione, con rideterminazione della base imponibile e riduzione delle sanzioni ricalcolate sull’ammontare stabilito dalla medesima conciliazione.
In mancanza di apposita previsione legislativa in merito all’efficacia della conciliazione sugli obblighi contributivi, la giurisprudenza, a più riprese, ha affermato la necessaria correlazione tra contribuzione previdenziale e reddito accertato nelle competenti sedi a titolo definitivo.
Al riguardo, la Cassazione ha affermato che: "in tema di contenzioso tributario, la conciliazionegiudiziale …omissis… ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l'estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata, e la sua sostituzione con una certa e concordata, tanto che il relativo processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute" (Cass. 19.6.09, n. 14300).
La richiesta, quindi, da parte dell’Istituto di contributi basati sugli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate deve tener necessariamente conto di eventuali successivi accordi intervenuti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria.
Sulla maggior somma dovuta all’Istituto, rideterminata a seguito della conciliazione giudiziale, sono comunque dovute le sanzioni previste dall’art. 116, L. 388/2000 , c. 8, lett. b).
In definitiva, nei casi in cui si sia portato a conoscenza dell’Istituto la definizione della controversia tributaria tramite conciliazione giudiziale, e dietro conferma dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate della contrazione del reddito accertato, si dovrà modificarel’azione di recupero degli importioriginariamente richiesti, rettificando il dato reddituale con le consuete procedure di gestione a disposizione delle sedi.
2. La Chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti
Al fine di deflazionare il contenzioso in seno alle Commissioni tributarie, con il comma 12 dell’art. 39 D.L. n. 98 del 6 luglio 2011 è stata introdotta per i contribuenti la possibilità di risolvere le liti giudiziarie con l’Agenzia delle Entrate, di valore non superiore a 20.000 euro, già pendenti alla data del 31 dicembre 2011.
La norma consente di definire tutte le liti fiscali aventi ad oggetto tributi originati da avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che presuppongono la rettifica delle dichiarazioni dei redditi.
L’istituto in esame non assume rilevanza rispetto alle originarie pretese dell’Amministrazione fiscale, ma semplicemente consente la definizione agevolata del processo tributario mediante il versamento di una somma forfettaria di 150 euro per valori di lite fino a 2mila euro ed in percentuale variabile dal 10 al 50% per importi tra 2mila e 20mila euro.
2.1 Rilevanza ai fini previdenziali
Per effetto di quanto appena esposto, non può ritenersi che la definizione della lite nella modalità in trattazione determini la quantificazione di un reddito inferiore rispetto a quello oggetto dell’accertamento.
Quindi, in relazione agli accordi di chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti, gli stessi non avranno efficacia sulle azioni di recupero promosse dall’Istituto il quale procederà alla riscossione degli importi da versare a titolo di contributi calcolati sull’intero ammontare originariamente accertato.
In definitiva, i contributi richiesti dall’Istituto con Avviso di Addebito (o cartella esattoriale) non dovranno essere oggetto di annullamento (sgravio) e dovranno essere versati dal contribuente per l’intero ammontare originariamente quantificato dall’Agenzia delle Entrate.
Permane, tuttavia, la questione sollevata in recenti sentenze di merito inerente all’onere probatorio che grava sull’Istituto, se chiamato in giudizio, relativamente alla sussistenza di una pretesa contributiva a fronte di un accertamento ispettivo compiuto da altro Ente.
In presenza di contenzioso, le circostanze alla base della pretesa creditoria dovranno essere provate e le Sedi dovranno fornire ogni elemento utile alla difesa dell’Istituto allegando i dati di dettaglio relativi all’accertamento fiscale (ad es. anno di riferimento, gestione, sintesi dell’accertamento svolto, reddito dichiarato ed accertato). Occorrerà inoltre specificare i fatti in base ai quali è stato accertato il maggior reddito e produrre l’atto di accertamento nonché tutta la documentazione da cui origina la pretesa creditoria.
Si invitano, pertanto, le Sedi a prendere contatti con i corrispondenti uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate per la richiesta di ogni documentazione utile allo scopo.
Il Direttore Generale Vicario Vincenzo Damato |