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1. Premessa
A seguito della pubblicazione della circolare n.94 del 12 maggio 2015 attuativa degli artt.1-14 del decreto legislativo n.22 del 2015 in materia di indennità di disoccupazione NASpI, si rende necessario fornire chiarimenti di carattere amministrativo-operativo su aspetti specifici non espressamente disciplinati dalla normativa richiamata ma che possono avere incidenza sulla prestazione.
2. Effetti sull’indennità NASpI in caso di rifiuto alle proposte di lavoro o di trasferimento del lavoratore.
Nelle more dell’attuazione tramite decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - del disposto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n.22 del 2015 in materia di condizionalità alla erogazione della indennità NASpI, stante il rinvio all’applicabilità alla NASpI delle disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili, si confermano le disposizioni attuative e di prassi sulla risoluzione del rapporto di lavoro e sulla decadenza dalla prestazione nell’ipotesi di trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda e nell’ipotesi di rifiuto di partecipazione ad iniziative di politica attiva e di non accettazione di un’offerta di lavoro congrua.
In dette ipotesi l’elemento della distanza della sede di lavoro - entro o oltre i 50 chilometri o la raggiungibilità della predetta sede fino a 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici - rispetto alla residenza del lavoratore, incide sia sul requisito di accesso alla tutela sotto il profilo della cessazione involontaria sia sul mantenimento della prestazione.
In ordine al requisito di accesso alla tutela, la cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale - in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici – non è ostativa al riconoscimento della prestazione di disoccupazione.
In ordine al mantenimento della prestazione, per effetto del combinato disposto di cui ai commi 41 e 42 dell’art.4 della legge n.92 del 28 giugno 2012, il rifiuto da parte del lavoratore di partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua non costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione laddove le attività lavorative, di formazione o di riqualificazione si svolgano in un luogo che dista oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente in più di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Viceversa il rifiuto alla partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua in un luogo che dista entro 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente entro 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico, costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione, con decorrenza dal verificarsi dell’evento interruttivo che la determina.
3. Licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015 e licenziamento disciplinare.
Accanto all’ipotesi legislativamente prevista di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art.7 della legge n.604 del 1966 come modificato dal comma 40 dell’art.1 della legge n.92 del 2012, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con interpello n.13 del 2015, ha chiarito che non è ostativo al riconoscimento della indennità NASpI l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015.
In particolare il predetto art.6 stabilisce che in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso, un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento. Con il citato interpello è stato chiarito che l’accettazione in questione non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento e pertanto tale fattispecie è da intendersi quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.
Nel medesimo interpello è stato altresì chiarito che anche la nuova indennità di disoccupazione NASpI può essere riconosciuta ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari. Il licenziamento disciplinare, infatti, non può essere inteso quale evento da cui derivi disoccupazione volontaria in quanto la misura sanzionatoria del licenziamento non risulta conseguenza automatica dell’illecito disciplinare ma è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro, costituendone esercizio del potere discrezionale.
In definitiva l’indennità NASpI può essere riconosciuta sia ai lavoratori che accettano l’offerta economica del datore di lavoro di cui all’art.6 del D.lgs. n.23 del 2015, sia a quelli licenziati per motivi disciplinari.
4. Requisito contributivo: almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
4.1. Meccanismo di neutralizzazione.
Con riferimento alla individuazione del quadriennio per la ricerca del requisito contributivo richiesto, unitamente agli altri requisiti legislativamente previsti, si precisa quanto segue.
In presenza di una pluralità di periodi neutri - cioè periodi non utili ai fini della ricerca del requisito contributivo e lavorativo - che si susseguono si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito contributivo. Il predetto quadriennio viene così ampliato in misura pari alla durata dell’evento neutro.
Se nel quadriennio così ampliato “si rinviene” un ulteriore evento neutro, il quadriennio dovrà essere ulteriormente ampliato in misura pari alla durata dell’evento rinvenuto.
Il procedimento di ampliamento si protrae fino alla ricostruzione del periodo di osservazione di 48 mesi (quadriennio) al netto degli eventi neutri.
Si chiarisce ad ogni buon conto che i periodi di inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio; tuttavia non determinano, di per sé, interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione.
A tal fine giovi il seguente esempio:
Quadriennio dal 15.5.2015 al 15.5.2011, CIG a zero ore per 30 mesi dal 31.5.2011 al 1.12.2008, malattia non integrata dal 20 ottobre al 25 novembre 2008: il requisito contributivo, per effetto dei predetti eventi che determinano l’ampliamento del quadriennio, deve essere ricercato entro l’8.10.2008. Il quadriennio di osservazione sarà pertanto 15.5.2015 - 08.10.2008.
Qualora all’interno di detto quadriennio (15.05.2015 – 08.10.2008) si rinvenga un evento interruttivo del rapporto assicurativo (es. inoccupazione) che non si esaurisca entro detto quadriennio ma risalga, a ritroso, a data precedente estendendosi ad esempio dal 31.12.2008 al 20.09.2008, il suddetto evento non comporta ulteriore ampliamento del quadriennio: la retrodatazione del quadriennio si estenderà sempre fino all’8.10.2008. Il periodo dell’evento interruttivo del rapporto assicurativo non è, infatti, da considerare neutro e non comporta quindi ampliamento del periodo di osservazione (quadriennio) ma è utile alla ricostruzione del quadriennio. In concreto ovviamente, nell’esempio riportato, l’ultima contribuzione utilizzabile ai fini della verifica della sussistenza del requisito contributivo sarà quella presente fino al 1 gennaio 2009.
4.2. Neutralizzazione aspettativa sindacale ex art. 31 della Legge n.300 del 1970.
L’art. 31 della legge n.300 del 1970 dispone espressamente che i periodi durante i quali i lavoratori sono collocati in aspettativa non retribuita in quanto chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali sono considerati utili ai fini del diritto e della misura delle pensioni.
In considerazione dell’esplicito richiamo della norma in questione alla sola tutela pensionistica ed in relazione all’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione - espresso in alcune pronunce rese in materia di trattamenti previdenziali non pensionistici (cfr. sentenze Cass. Civ. n. 7558 del 13/08/1997; n. 17130 del 3/12/2002) nelle quali essa ha affermato che se non vi sono disposizioni specifiche che prevedono il periodo di aspettativa per motivi politici e sindacali come utile figurativamente ai fini delle predette prestazioni – i periodi di aspettativa di cui al citato art. 31 coperti da contribuzione figurativa, non sono utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per l’accesso alla prestazione NASpI.
Tuttavia, i suddetti periodi - seppure non utili per il perfezionamento del requisito contributivo - possono essere considerati “neutri” con un corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
Ciò in analogia a quanto previsto per l’indennità di mobilità rispetto alla quale, per il perfezionamento del requisito di sei mesi “di lavoro effettivamente prestato”, i periodi di aspettativa di cui all’art. 31 della Legge n.300 del 1970 sono considerati “neutri”.
4.3. Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro si osserva che, anche i periodi di CIG in deroga con sospensione dell’attività a zero ore – vista l’analogia di detta prestazione previdenziale di sostegno al reddito con la CIG ordinaria e straordinaria – sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
4.4 Neutralizzazione dei periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, si precisa che i periodi di lavoro all’estero - in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali in materia di assicurazione contro la disoccupazione - sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
5. Requisito lavorativo: trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
5.1. Perfezionamento del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.
A causa del particolare regime che caratterizza il lavoro domestico, per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari è possibile individuare le settimane in cui gli stessi hanno prestato attività lavorativa ma non è possibile verificare, all’interno di ciascuna settimana, in quali e in quante giornate sia stata prestata l’attività lavorativa.
All’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, infatti, il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’INPS in via telematica il numero di ore lavorative settimanali - senza la specifica della distribuzione delle medesime all’interno delle singole giornate - e la relativa retribuzione oraria o mensile. Successivamente, all’atto del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali - effettuato trimestralmente dal datore di lavoro per un numero di ore che può essere anche maggiore o minore rispetto a quelle inizialmente comunicate - è possibile conoscere soltanto il numero di settimane accreditate per ciascun mese.
In ragione di quanto esposto – considerato che per la copertura contributiva di una settimana sono necessarie 24 ore di lavoro - ai fini della ricerca del requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo” nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI, il requisito si intende soddisfatto laddove tali assicurati abbiano prestato – nel periodo di osservazione (12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro) – attività lavorativa per 5 settimane con un minimo di ore lavorate per ciascuna settimana pari a 24 ore (24 X 5 cioè minimo di ore per la copertura di una settimana = 120 ore). Per la costituzione del requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo occorre pertanto la presenza - nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione - di un minimo di 120 ore distribuite nella maniera sopra descritta e cioè 24 ore per ciascuna delle cinque settimane.
5.2. Eventi che consentono neutralizzazione ai fini della ricerca delle 30 giornate di lavoro “effettivo”.
5.2.a. Aspettativa sindacale ex art.31 della legge n.300 del 1970 e Cig in deroga. Si richiamano i paragrafi 4.2 e 4.3 relativi alla neutralizzazione dei periodi di aspettativa sindacale ex art.31 della legge n.300 del 1970 e di Cig in deroga anche ai fini della ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.
5.2.b. Malattia integrata dal datore di lavoro.
Nella circolare n. 94 del 2015 al paragrafo “Requisiti” è stato precisato che - ai fini della ricerca del requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo” nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI - i periodi di malattia nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale retributivo) siano da considerare “neutri”, con conseguente ampliamento del periodo di osservazione.
Analogamente, anche i periodi di malattia con integrazione della retribuzione a carico del datore di lavoro determinano - se si verificano o siano in corso nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro - un corrispondente ampliamento del periodo di osservazione all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate.
6. Durata. Procedimento di calcolo. Ulteriori precisazioni.
Ad integrazione della circolare n.94 del 12 maggio 2015 e a seguito di segnalazioni pervenute da diversi canali di utenza si ritiene utile esporre nel dettaglio i singoli passaggi relativi al calcolo della durata dell’indennità NASpI.
Per determinare la durata della prestazione NASpI si procede come segue.
1 - Si considerano in prima istanza le prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.
1 a) Per la prima prestazione DSO o ASpI e cioè per quella con la data di cessazione più vecchia:
52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio;
- Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
- Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
1 b) Per la seconda prestazione DSO o ASpI ed eventuali successive sempre di DSO o ASpI (in ordine di data cessazione a partire dalla più vecchia):
• Si calcolano le Settimane utilizzate come segue, e cioè:
Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori
c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a).
52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio, nel limite comunque del residuo Contributi Fuori Quadriennio risultato dalle precedenti domande con biennio a cavallo;
2 - Si considerano tutte le domande di prestazione Ds ordinaria (DSO) e ASpI, miniASpI, NASpI, DS Requisiti ridotti e miniASpI 2012 del lavoratore già percepite con data cessazione nel quadriennio ad esclusione di quelle già esaminate al punto 1, e cioè delle prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.
2 a- Per le prestazioni di cui al presente punto di Ds ordinaria (DSO) e ASpI e con durata teorica fino a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra i seguenti:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Settimane contribuzione presenti nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI
c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di DSO o ASpI che cadono nel quadriennio di osservazione.
2 b- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Ordinaria (DSO) e di ASpI con durata teorica superiore a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINIMO tra i seguenti:
a) Durata effettiva in settimane b) Settimane contribuzione presenti in un numero di mesi pari alla durata teorica della prestazione, precedenti l’evento di DSO/ASpI c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda che cadono nel quadriennio di osservazione.
2 c- Per le domande di cui al presente punto 2 di miniASpI e NASpI si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra:
a) Settimane di durata effettiva x 2 b) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di miniASpI e NASpI che cadono nel quadriennio di osservazione dell’ultima domanda di NASpI.
2 d- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Requisiti Ridotti e miniASpI 2012 si calcolano le Settimane già utilizzate in una misura pari alle Settimane di contribuzione nell’anno solare precedente l’anno di presentazione della domanda di Ds RR o di MiniASpI 2012, che cadono nel quadriennio di osservazione per l’ultima domanda di NASpI.
3 – Si considerano i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) prima della data cessazione attività a seguito della quale viene richiesta la NASpI
4 - Al termine del calcolo fin qui illustrato si sommano i contributi nel quadriennio calcolati al punto 3, e cioè i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) prima della data cessazione attività, e si riducono del numero delle Settimane di contributi utilizzate come calcolate ai punti precedenti, facendo comunque salvi i contributi derivati dai rapporti di lavoro successivi alla data cessazione che ha dato luogo all’ultima indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore.
5 - Dividendo per 2 il risultato si ottiene la durata della prestazione NASpI.
Con l’occasione si forniscono elementi utili all’interpretazione del paragrafo 2.5 punto 4) della circolare n.94 del 2015 in ordine al quale sono state segnalate incertezze circa gli effetti sul calcolo della durata della NASpI.
Si precisa pertanto che per tutte le prestazioni di disoccupazione ordinaria con requisiti normali (DSO) o di ASpI le cui ultime 52 settimane di contribuzione che vi hanno dato luogo siano a cavallo dell’inizio del quadriennio, la valutazione della contribuzione utilizzata – calcolata così come indicato al punto 1) dello stesso paragrafo 2.5 - deve essere ricondotta prioritariamente ai periodi contributivi più risalenti delle ultime 52 settimane di contribuzione che hanno dato luogo a prestazioni di DSO o ASpI, anche se detta contribuzione si colloca al di fuori del quadriennio di riferimento.
Il procedimento di calcolo fin qui descritto sarà pubblicato in apposita sezione di pagina Internet.
7. Domanda di indennità di mobilità o di indennità di disoccupazione NASpI.
A seguito dei quesiti pervenuti dalle strutture territoriali circa la possibilità per il lavoratore di optare tra la prestazione di mobilità e la prestazione di disoccupazione NASpI, si precisa quanto segue in ordine alla diversità delle due prestazioni con riferimento alla contribuzione versata dal datore di lavoro, ai requisiti di accesso, alla durata, alla misura ed alle tipologie di agevolazioni. Per quanto concerne gli aspetti contributivi, il datore di lavoro è tenuto al versamento dell’aliquota contributiva ordinaria ASpI dell’1,61% (1,31% + 0,30%), a favore dei lavoratori per i quali è prevista l’assicurazione contro la disoccupazione.
In materia di mobilità, invece, sono tenute al versamento del contributo dello 0,30 le aziende inquadrate, ai fini contributivi, nei settori economico–produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale.
Quanto agli aspetti legati ai requisiti di accesso, la prestazione di disoccupazione NASpI è rivolta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione a seguito di licenziamento individuale, licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015, dimissioni per giusta causa (individuate dalla giurisprudenza), nonché risoluzione consensuale (esclusivamente se avvenuta secondo la procedura di cui all’art. 7, L. 604/1966).
L’indennità di mobilità è, invece, rivolta ai lavoratori licenziati a seguito di una procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n.223 del 1991 da aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale e appartenenti a particolari settori economico-produttivi.
Quanto ai requisiti di accesso, per la prestazione di disoccupazione NASpI si richiede, oltre allo stato di disoccupazione involontario, la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, nonché la presenza di almeno trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la cessazione dal lavoro. Per l’accesso alla indennità di mobilità, oltre all’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori licenziati devono avere la qualifica di operai, impiegati e quadri e un’anzianità aziendale di dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come disciplinato dall’art. 16, comma 1 della legge n.223 del 1991.
Quanto alla durata delle prestazioni in argomento, l’indennità NASpI è pari alla metà delle settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, risultando pertanto strettamente legata all’anzianità contributiva del lavoratore. La durata dell’indennità di mobilità, invece, è commisurata all’età anagrafica del lavoratore al momento del licenziamento nonché all’area geografica di ubicazione dell’azienda interessata dalla procedura di licenziamento collettivo. A tal proposito, si precisa che l’art. 2, comma 46 della legge n.92 del 2012 ha introdotto un regime transitorio della durata dell’indennità di mobilità per cui si dovrà applicare una graduale riduzione della durata dell’indennità di mobilità secondo quanto meglio specificato nella circolare n.2 del 2013 e nel messaggio Hermes 009916 del 24.12.2014. Infine, ai sensi dell’art. 7, comma 4 l’indennità di mobilità non può essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato la procedura di cui all'articolo 4 della legge n.223 del 1991.
Quanto alla misura, l’indennità mensile NASpI è pari al 75% della retribuzione media mensile nei casi in cui tale retribuzione sia pari o inferiore ad un importo stabilito che per l’anno 2015 è di € 1.195; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore all’importo stabilito, l’indennità NASpI è pari al 75% di detto importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione media mensile e il predetto importo stabilito.
All’indennità mensile si applica una riduzione del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.
L’indennità NASpI non può superare un importo massimo mensile stabilito dalla legge, che per il 2015 è pari a € 1.300 lorde.
L’importo dell'indennità di mobilità è, invece, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale che il lavoratore avrebbe percepito nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro, nei limiti dei “massimali”, previsti per le due fasce di retribuzione percepita prima del licenziamento e adeguati annualmente. Pertanto, detto importo, verrà corrisposto nella misura del cento per cento per i primi 12 mesi e dell’ottanta per cento a decorrere dal tredicesimo fino al termine della prestazione.
Sotto il profilo delle agevolazioni alle assunzioni, per i percettori delle prestazioni di disoccupazione ASpI, mini-ASpI e NASpI, l’art. 2, comma 10 bis della legge n.92 del 2012 prevede che, al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori beneficiari della prestazione di disoccupazione, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo pari al 50% dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
Per i destinatari dell’indennità di mobilità, al datore di lavoro è concesso uno sgravio sulla quota di contribuzione, pari a quella dovuta per gli apprendisti, per una durata massima di:
- 18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato (art. 25, comma 9, della legge n.223 del 1991); - 12 mesi nel caso di assunzione a tempo determinato, anche attraverso più contratti di lavoro. Se nel corso del rapporto, lo stesso è trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Il contratto può avere anche una durata più lunga ma gli incentivi sono limitati a dodici mesi (articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991).
L’assunzione di un lavoratore in mobilità comporta anche un incentivo di natura economica solo qualora il lavoratore assunto sia anche beneficiario della prestazione.
Infatti, il datore di lavoro che senza esservi tenuto assume un lavoratore percettore di indennità di mobilità a tempo pieno e indeterminato percepisce (articolo 8, comma 2, della legge n.223 del 1991):
- il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di dodici mesi se il lavoratore ha meno di 50 anni; - il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di 24 mesi se il lavoratore ha più di 50 anni, elevato a 36 nelle aree del Mezzogiorno.
Posto quanto sopra, nell’ipotesi di licenziamento collettivo a seguito di procedura di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, il lavoratore che abbia presentato apposita domanda di indennità di mobilità accede esclusivamente alla indennità di mobilità, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti; pertanto, sussistendo i requisiti di accesso a tale prestazione, il lavoratore non ha facoltà di optare tra l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione NASpI.
Al fine, comunque, di agevolare l’interessato a presentare correttamente la domanda della prestazione di mobilità o di NASpI si procederà ad inserire nella procedura informatica di presentazione della domanda di NASpI un avviso con il quale si porta a conoscenza dell’utente/lavoratore che se la cessazione del proprio rapporto di lavoro è avvenuta a seguito di licenziamento collettivo, ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, occorre presentare esclusivamente domanda di indennità di mobilità. Al riguardo si richiama tuttavia il messaggio INPS n.1644 del 2015 nel quale è stato chiarito che, nel caso di reiezione delle domande di indennità di mobilità, sarà cura degli operatori della struttura territoriale inserire – in calce alla comunicazione di reiezione e della relativa motivazione - una nota con la quale si chiede al lavoratore di manifestare espressamente la volontà di trasformare la iniziale domanda di indennità di mobilità in domanda di indennità di disoccupazione. A tal fine si precisa che il lavoratore dovrà manifestare la predetta scelta entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione in argomento. In tale ipotesi, ai fini della decorrenza della prestazione di disoccupazione, si terrà in considerazione l’originaria domanda di indennità di mobilità, successivamente “trasformata” in domanda di disoccupazione.
Inoltre, nella procedura informatica di presentazione della domanda di indennità di mobilità si procederà ad inserire l’avviso con il quale si porta a conoscenza dell’interessato che l’indennità di mobilità deve essere richiesta solo se la cessazione del proprio rapporto di lavoro sia avvenuta a seguito di procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991 e che in tutti gli altri casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro occorre presentare domanda di indennità di disoccupazione NASpI.
8. Servizio civile nazionale e indennità di disoccupazione NASpI
8.1. Premessa ed evoluzione del quadro normativo.
Il decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77 recante la disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n.64, all’art.9 rubricato “Trattamento economico e giuridico” stabilisce al comma 1 che l'attività svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità.
Ai sensi del successivo comma 2, agli ammessi a prestare attività in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale militare volontario in ferma annuale, nonché' le eventuali indennità da corrispondere in caso di servizio civile all'estero.La misura del compenso dovuto ai volontari del servizio civile nazionale è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tenendo conto delle disponibilità finanziarie del Fondo nazionale per il servizio civile.
In relazione al compenso, l’Agenzia delle Entrate con circolare 10 giugno 2004 n.24/E ha chiarito che le somme percepite dai volontari ai sensi della normativa di settore, in mancanza dei presupposti che consentano di configurare il rapporto d’impiego dei volontari come un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, devono essere qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art.50, lettera c-bis) del TUIR. Relativamente al versamento della contribuzione, a norma dell’art. 9, co. 4, del D. Lgs. n.77/2002, il relativo onere era posto interamente a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
Il decreto legge 29 novembre 2008 n.185 convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n.2 ha introdotto all’art.9 del decreto legislativo in argomento il comma 4 ter il quale prevede che dal 1° gennaio 2009, cessa a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile qualsiasi obbligo contributivo ai fini di cui al comma 4 per il periodo di servizio civile prestato dai volontari avviati dal 1° gennaio 2009.
Il succitato comma 4 – come modificato dal richiamato decreto legge n.185 del 2008 - prevede che per i soggetti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alla gestione di cui all'articolo 2, co.26, della legge 8 agosto 1995, n.335, i periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria successivi al 1° gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, a domanda dell'assicurato, e senza oneri a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile, con le modalità di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n.1338 e sempreché gli stessi non siano già coperti da contribuzione in alcuno dei regimi stessi.
Sulla base delle integrazioni e modifiche esposte il regime previdenziale dei soggetti interessati risulta significativamente trasformato rispetto al passato. Nel previgente regime infatti i beneficiari di prestazione di disoccupazione - i quali durante il periodo indennizzabile iniziavano il servizio civile volontario - decadevano dal diritto alla prestazione. Analogamente non competeva la prestazione di disoccupazione a coloro che presentavano la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato. L’attuale mutato quadro normativo impone un adeguamento delle ricadute in ambito previdenziale rispetto a quanto da ultimo richiamato.
8.2. Disciplina dei rapporti fra indennità di disoccupazione NASpI e Servizio Civile nazionale.
Ferme restando le previsioni di cui ai citati commi 1 e 2 dell’art. 9 del D.Lgs. n.77 del 2002, si evidenzia quanto segue.
A differenza che nel passato, i volontari del servizio civile, pur percependo un compenso - che vista la normativa fiscale vigente nonché le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate è equiparato ai compensi percepiti dai soggetti che svolgono attività di lavoro parasubordinato (collaborazioni coordinate e continuative) – non ricevono copertura contributiva.
Per conseguenza, essendo rimasta immutata la natura delle somme percepite dai volontari del servizio civile qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ancorché cessato ogni obbligo contributivo, si ritiene di potere ricondurre la fattispecie in esame all’ipotesi normativa di cui all’art. 10 del D.Lgs. n.22 del 2015. La prestazione di disoccupazione è pertanto cumulabile con il compenso da servizio civile volontario subendo la riduzione pari all’80% del compenso previsto. Ciò comporta anche la copertura contributiva figurativa di un periodo altrimenti privo di tutela contributiva ancorché caratterizzato dallo svolgimento di attività a favore della collettività.
Le strutture territoriali provvederanno a gestire la situazione dei beneficiari di prestazione di disoccupazione NASpI i quali durante il periodo indennizzabile inizino il servizio civile volontario, applicando le medesime modalità riservate ai beneficiari della stessa prestazione che - durante il periodo indennizzabile - intraprendono una attività di lavoro parasubordinata (punto 2.10.b Circ. n.94 del 2015).
Analogamente sarà gestita la prestazione di disoccupazione NASpI di coloro che presentano, nei termini legislativamente previsti, la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.
Resta inteso che, non rilevando l’inizio del Servizio civile nazionale da archivio delle comunicazioni obbligatorie UNILAV, rimane a carico dell’interessato la relativa comunicazione.
L’interessato dovrà altresì effettuare all’Inps la comunicazione in ordine all’importo del compenso annuo che questi trarrà dallo svolgimento del Servizio.
Le suddette comunicazioni dovranno effettuarsi entro un mese dall’inizio del Servizio Civile se questo interviene nel corso della percezione della prestazione di disoccupazione o entro un mese dalla domanda di prestazione di disoccupazione - presentata a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato - se il servizio civile è già in corso di svolgimento.
Si sottolinea che la presente disciplina comporta accredito di contribuzione figurativa nei periodi di sovrapposizione di Servizio civile nazionale con periodi indennizzati a titolo di NASpI. Nei periodi in cui non sussiste sovrapposizione in quanto il Servizio civile nazionale si svolge in tutto o in parte al di fuori dei periodi indennizzati di NASpI, la copertura contributiva dei periodi di Servizio civile non concomitanti con i periodi indennizzati a titolo di NASpI può essere ottenuta, ai sensi del modificato comma 4 del citato decreto legislativo, solo a seguito di riscatto con onere a carico degli assicurati.
9. Nuova attività lavorativa in corso di prestazione
9.1. Effetti del lavoro accessorio sull’indennità NASpI.
Il recente Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n.81 disciplina, tra l’altro, il lavoro accessorio. In particolare l’art. 48 del richiamato d.lgs. n.81 del 2015 stabilisce che per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative di cui trattasi possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, anche essi rivalutati annualmente.
Il successivo comma 2 prevede che prestazioni di lavoro accessorio possono essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, anche essi rivalutati, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
Alla luce della disciplina sopra esposta e delle disposizioni di cui al D.lgs. n.22 del 2015 che prevedono la cumulabilità della prestazione NASpI con i redditi derivanti da attività lavorativa, si precisa che l’indennità NASpI è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di 3.000 per anno civile.
Il beneficiario dell’indennità NASpI è tenuto a comunicare all’INPS entro un mese rispettivamente dall’inizio dell’attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di NASpI, il compenso derivante dalla predetta attività.
9.2. Effetti del lavoro intermittente sull’indennità NASpI.
Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato dagli artt. 13-18 del richiamato D.Lgs. 15 giugno 2015, n.81, costituisce un contratto di lavoro dipendente che può essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato. Tale contratto può assumere una delle seguenti tipologie:
1. lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro e diritto alla indennità di disponibilità; 2. lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità.
Tipologia 1
Nel caso in cui il lavoratore già beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con un contratto di lavoro intermittente di cui alla prima tipologia e cioè con obbligo di risposta alla chiamata e diritto alla indennità di disponibilità, si precisa quanto segue.
Prima dell’evoluzione interpretativa delle disposizioni di cui all’art.2 della legge n.92 del 2012 e prima della disciplina dettata dall’art.9 del D.Lgs. n.22 del 2015 rispettivamente in materia di cumulo dell’indennità ASpI e NASpI con il reddito da lavoro dipendente nel caso di rioccupazione del beneficiario della prestazione, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con interpelli n.3147 del 22 dicembre 2005 e n.44 del 3 ottobre 2008 ha chiarito che la corresponsione dell’indennità di disoccupazione deve ritenersi esclusa per i periodi non lavorati durante i quali il lavoratore resta disponibile a prestare la propria attività lavorativa percependo la relativa indennità di disponibilità.
Alla luce delle vigenti disposizioni sia in materia di indennità di disoccupazione ASpI che della nuova indennità NASpI, nell’ipotesi di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro dipendente laddove quest’ultimo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione.
Pertanto, anche nell’ipotesi in esame di rioccupazione del beneficiario di indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata da parte del prestatore di lavoro e obbligo di corresponsione della indennità di disponibilità da parte del datore di lavoro è ammissibile, trattandosi di rapporto di lavoro subordinato con una tutela retributiva continuativa assicurata dall’indennità di disponibilità, il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro, qualora quest’ultimo - comprensivo della indennità di disponibilità - non superi il limite di € 8.000 per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
In particolare trovano applicazione - in considerazione della durata del contratto, che può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, e del reddito annuo derivante dal medesimo - le disposizioni in materia di rioccupazione del beneficiario dell’indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro subordinato e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione.
Tipologia 2
Nel caso in cui il lavoratore beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con contratto di lavoro intermittente di cui alla seconda tipologia e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra.
Tuttavia, anche per tale tipologia di lavoro intermittente, in applicazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n.22 del 2015, è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro per il mantenimento dello stato di disoccupazione.
Pertanto, laddove il percettore di NASpI intenda cumulare il reddito derivante dal rapporto di lavoro intermittente con la prestazione di disoccupazione, è tenuto a comunicare all’Istituto, entro il termine di un mese dalla ripresa dell’attività lavorativa, il reddito annuo che prevede di trarre dalla stessa. In tal caso la prestazione verrà ridotta e sarà effettuato il conguaglio a fine anno tra i redditi conseguiti in seguito all’attività lavorativa e l’indennità NASpI, secondo quanto previsto per la generalità dei lavoratori.
Stante quanto sopra, si sottolinea che nell’ipotesi in cui un lavoratore, non percettore di indennità di disoccupazione, sia titolare di un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato o indeterminato di cui al pt.2 e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, per i periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra, non è possibile accedere alla indennità di disoccupazione. I periodi di lavoro e di non lavoro costituiscono infatti l’articolazione della prestazione lavorativa della tipologia del contratto in argomento e pertanto i periodi di non lavoro non possono essere assimilati ad una cessazione involontaria del rapporto di lavoro, presupposto per la presentazione della domanda di indennità di disoccupazione.
9.3. Effetti del lavoro all’estero sull’indennità NASpI.
In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato all’estero del soggetto percettore di NASpI occorre distinguere a seconda che il nuovo lavoro sia intrapreso in uno Stato che applica la normativa comunitaria o in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione o in uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione.
Si forniscono pertanto i seguenti chiarimenti in ordine alle diverse situazioni.
1. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in un Paese che applica la normativa comunitaria esportando la prestazione (artt. 7, 63 e 64 del Regolamento (UE) n. 883/2004). Se la persona disoccupata titolare di prestazione italiana chiede, in applicazione dell’articolo 64 del regolamento CE n. 883/2004, di esportare tale prestazione perché si reca in cerca di lavoro in uno Stato che applica la normativa comunitaria, è tenuta a iscriversi come persona in cerca di lavoro nello Stato in cui si è recata e quindi non è più a disposizione del Centro per l’impiego in Italia. Qualora trovi lavoro in detto Stato si produrrà la decadenza dall’indennità NASpI.
2. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese estero che applica la normativa comunitaria. In tale ipotesi l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi: in questo caso infatti nel momento in cui è stipulato il contratto di lavoro la persona disoccupata è iscritta al Centro per l’impiego. Al termine del contratto di lavoro all’estero, prima di ripristinare l’indennità sospesa, occorre verificare che l’interessato non si sia iscritto all’ufficio del lavoro dello Stato estero di ultima occupazione e abbia chiesto una prestazione a carico di detto Stato. In tale ipotesi l’indennità NASpI non potrà più essere ripristinata.
3. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione, esportando la prestazione. In tale ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 1.
4. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione. In tale ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 2.
5. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione. In tale ipotesi se la persona ha già un contratto di lavoro nel Paese in cui si reca, l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi, dopodiché si produce decadenza. Nel caso invece la persona si rechi nell’altro Paese per brevi periodi e per motivi documentati, si applica quanto già previsto con messaggio n.367/8.1.2009.
6. Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che stipuli in Italia un contratto di lavoro subordinato da eseguire in un Paese che applica la normativa comunitaria. In tale caso, essendo il rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa Italiana anche in materia previdenziale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione, come nel caso di percettore di NASpI che si rioccupa in Italia.
10. Espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive in corso di prestazione.
In ordine alla compatibilità e cumulabilità in tutto o in parte degli emolumenti derivanti dall’esercizio di cariche pubbliche elettive e non elettive con la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI, in assenza di normativa esplicita specifica - fermo restando il presupposto del mantenimento dello status di disoccupato – si precisa quanto segue.
Ai sensi dei combinati disposti di cui agli artt. 31, 32 della Legge 20 maggio 1970, n.300 e degli artt. 79, 80, 81 e 82 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267 (T.U.E.L.), i lavoratori dipendenti chiamati a funzioni pubbliche elettive e non elettive possono essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato o, in alternativa, hanno diritto di assentarsi dal servizio per la partecipazione alle sedute e alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata.
Ai predetti lavoratori che chiedono di essere collocati in aspettativa non retribuita compete, ai sensi del richiamato art. 82 del D.Lgs. n.267 del 2000, una indennità di funzione corrisposta in misura intera. Per i lavoratori che, invece, non richiedono l’aspettativa non retribuita tale indennità di funzione è dimezzata.
Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (T.U.I.R.) la richiamata indennità di funzione è assimilata ai redditi di lavoro dipendente.
Ciò premesso, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente che all’atto della cessazione involontaria del rapporto di lavoro ricopre cariche pubbliche percependo la relativa indennità di funzione può, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti, accedere alla prestazione NASpI.
In particolare, considerato che l’indennità di funzione è assimilata a reddito di lavoro dipendente, possono trovare applicazione rispetto alla prestazione NASpI, gli istituti - previsti per il caso di rioccupazione del beneficiario della prestazione con rapporto di lavoro subordinato - del cumulo, della sospensione e della decadenza in relazione all’importo lordo annuo dell’indennità di funzione e alla durata della carica rivestita. In tali ipotesi, il percettore di NASpI è tenuto alle comunicazioni in ordine allo svolgimento della carica ed alla misura annua dell’indennità di funzione da essa derivante.
Analogamente, anche per il beneficiario di NASpI che nel corso della fruizione della prestazione venga chiamato a ricoprire cariche pubbliche, possono trovare applicazione gli istituti suddetti con la relativa disciplina.
11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180 del 2014.
Con la circolare n. 180 del 2014 sono state date istruzioni in merito alla fruizione delle indennità di ASPI e Mini-ASPI in caso di raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione. In particolare, al punto 1.4 della citata circolare è stato, tra l’altro, chiarito che ai soggetti nei confronti dei quali si applicano le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previgenti all’entrata in vigore del decreto legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la decadenza dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI deve essere riferita alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità. Pertanto, tali soggetti raggiunti i requisiti per il pensionamento, decadono dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso. In coerenza con quanto specificato, quindi, devono essere respinte le domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità (data di apertura della c.d. finestra di accesso).
Ciò posto sulla materia sono pervenute richieste di chiarimento nei casi di soggetti che risultano aver percepito l’indennità di disoccupazione ASPI o mini ASpI successivamente alla data della prima decorrenza utile della pensione di anzianità, ma prima della effettiva corresponsione della pensione. La criticità è data dalla necessaria restituzione di un importo percepito durante un periodo che rimarrebbe privo di copertura sia reddituale, essendo intervenuta la cessazione dell’attività lavorativa, condizione questa di erogabilità dell’indennità di disoccupazione, sia pensionistica, stante la decorrenza della pensione di anzianità successiva alla data di presentazione della relativa domanda.
A tale proposito, infatti, sussistono situazioni come ad esempio quelle relative al regime sperimentale donna di cui all’art 1, comma 9, della legge n 23 agosto 2004 n 243 o relative alla disciplina della totalizzazione di cui decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, nelle quali è impraticabile, dal punto di vista logico ed operativo, la possibilità di respingere le eventuali domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di anzianità e, conseguentemente, applicare in modo restrittivo il principio della decadenza dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso.
In questi casi, infatti, l’esercizio delle predette facoltà, anch’esse previste dalla legge, può consentire di avvalersi di requisiti più favorevoli per l’assicurato, attribuendo una decorrenza della pensione già in corso di percezione di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI ma una corresponsione della stessa solo dalla data dell’esercizio della facoltà, successiva all’apertura della c.d. finestra di accesso.
Ciò posto, dopo aver acquisito anche il concorde parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si chiarisce che nei casi in cui l’esercizio di una facoltà di legge (es. opzione per il regime sperimentale donna, totalizzazione, ricongiunzione o totalizzazione di periodi contributivi esteri ) comporti il perfezionamento del diritto a pensione ad un momento antecedente all’esercizio della facoltà, ma consenta di ottenere la pensione solo con decorrenza successiva all’esercizio delle predette facoltà, è possibile fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI e Naspi fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà.
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