Il dipinto di proprietà dell’Inps raffigura san Giovanni evangelista nell’atto di bere dal calice avvelenato che, secondo la tradizione, gli venne offerto da Aristodemo, sacerdote pagano, a dimostrazione della sua fede. Il santo, che uscì illeso da tale prova, è colto nel momento più intenso della sua preghiera, nel consueto atteggiamento mistico di ascendenza reniana, reso particolarmente efficace dal primo piano della figura del santo e dal sottile intimismo che pervade l’opera.
Il particolare iconografico del calice da cui fuoriesce un serpente, simboli che alludono rispettivamente al potere salvifico della Chiesa attraverso l’Eucarestia e a Satana, trova riscontro nel prototipo ideato da Sacchi per il San Giovanni evangelista dipinto nel battistero lateranense da Carlo Maratta, suo allievo.
La figura di San Giovanni evangelista, riprodotta in questa tela, ben si allinea con i presupposti artistici del maestro romano Andrea Sacchi improntati su un classicismo rigoroso, derivato dallo studio dell’arte antica e dalla profonda conoscenza dell’arte emiliana, e su un caldo cromatismo di derivazione veneta.
L’impianto compositivo e il formato rimandano ad un probabile uso devozionale privato dell’opera.