Nato a Nuoro nel 1907, frequenta l’Istituto d’Arte a Roma e termina i suoi studi a Venezia, dove si trasferisce con la famiglia.
Esordisce come pittore nel 1924 in una mostra presso la Galleria Bevilacqua La Masa di Venezia e nel ’28 partecipa alla XVI Biennale di Venezia. Trasferitosi l’anno successivo a Milano, diventa il ritrattista ufficiale dell’alta società cittadina e si lega al cenacolo letterario e artistico del ristorante Bagutta, ritraendo i quattordici personaggi legati al celebre premio, nell’omonimo quadro del 1938, ora nella Galleria civica d’Arte Moderna di Milano. Dal ’39 al ’48 partecipa alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali romane. Espone a Pittsburgh, Budapest, Atene e Bruxelles.
Lavora inoltre come illustratore per alcune riviste, tra cui Lettura, e diversi libri.
La sua è un’arte intimistica ed equilibrata, sensibile agli arabeschi decorativi di Matisse e alla pittura di Spadini e Casorati, con una particolare predilezione per la figura femminile, inserita in ambienti interni silenziosi e raccolti. Le forme dai contorni accentuati tendono alla bidimensionalità. Negli anni ’50 e ’60 il suo stile è colto da una forte tendenza coloristica: sfrutta il decorativismo del colore e, come in Matisse, le sue figure tendono a confondersi con la vegetazione (Mosè ritrovato 1956). Pian piano nella sua pittura prende il sopravvento il rigore formale, si attenua il plasticismo in favore di un descrittivismo dai colori sobri e raffinati e gli spazi compositivi si dilatano, lasciando scorrere gli episodi narrati in un’armonica visione. Palazzi recupera la classicità come sinonimo di bellezza senza mai abbandonare il decorativismo nella trattazione dei particolari.
Allontanatosi dal plasticismo degli anni milanesi, il suo linguaggio si fa sempre più autonomo e personale avendo come maggiori referenti Manet e gli Impressionisti.
Nell’arco della sua lunga carriera vinse due importanti premi: il Premio Bergamo negli anni Quaranta e il premio Bagutta – Spotorno nel ’59.