Inizia la sua carriera artistica nei primi anni del Novecento, quando ancora iscritto alla facoltà di legge, si dedica alla pittura, alla scultura e alla musica, stimolato dall’ambiente familiare: casa Maraini era infatti il ritrovo di intellettuali e artisti ai quali il padre offriva sostegno e aiuto (tra questi Sartorio, De Carolis e Gioja). Si avvicina sempre di più al mondo artistico romano frequentando prima il salotto di Giovanni Prini, quindi lo studio di Giulio Bargellini, uno degli artisti più ammirati dal giovane Maraini da cui trae spunti stilistici nella sua prima prova scultorea (il Perseo del 1910). Colui che forma in maniera determinante lo stile dell’artista è tuttavia Angelo Zanelli, considerato dal Maraini come la “guida spirituale dei suoi anni giovanili”, con il quale fece pratica dal 1910 al 1911.
Trasferitosi a Firenze nel 1912, si allontana dopo pochi anni in seguito allo scoppio del conflitto mondiale, costretto dalla sua attività di redattore capo cronaca artistica per La Tribuna, giornale in cui conduce una riflessione sull’arte moderna in continua evoluzione.
Prese le distanze dall’Impressionismo, senza tuttavia negare il fondamentale ruolo di Rodin, riconosce in Mestrovic uno dei più alti esponenti della scultura europea nei primi anni del Novecento e da lui riprende alcuni suggerimenti per i suoi primi lavori .
Quello di Maraini è uno stile in continuo aggiornamento, teso ad aprirsi alle nuove tendenze contemporanee. Giunge ad evolvere le forme attraverso le linee spezzate ed incisive dell’Espressionismo, più efficaci ad esprimere la forza emotiva. Si abbandona quindi al drammatismo, tralasciando le forme precedenti più equilibrate ed eleganti, per poi spingersi ulteriormente fino alle forme radicali delle Avanguardie, in una più ampia libertà di espressione: sono gli anni della guerra quando crollano le certezze e si fa strada il disorientamento generale. Le idee dello scultore sull’arte prodotta in questo periodo sono espresse nel suo articolo La crisi dell’arte moderna. Arte e Natura : “Il complesso di sensazioni comunicate dalle cose” deve essere ricostituito e dotato della “soggettiva facoltà lirica individuale”.
Tornato a Firenze trascorre un periodo felice, completando la sua formazione intellettuale nei caffè culturali della città e nella villa di Ojetti. Alla fine degli anni Venti ritorna alla classicità, cimentandosi sulle opere tarde di Jacopo della Quercia (uno degli artisti rinascimentali più amati nell’ambiente fiorentino) che incarnavano le esigenze di sobrietà, semplificazione dei piani e sintesi dei volumi, tanto ricercati da Maraini. L’artista abbandona così la stilizzazione degli anni precedenti per immergersi nella ricerca di una bellezza terrena e insieme spirituale a cui si unisce una naturalistica riproduzione delle anatomie. Maraini sviluppa pertanto un percorso artistico decisamente personale, inserendosi tuttavia nel recupero di nazionalismo e tradizione che segue la retorica fascista.
Negli ultimi anni di attività collabora con Marcello Piacentini all’esecuzione di importanti opere pubbliche. Si spegne quindi a Firenze nel 1963.