Costanza Mennyey inizia fin da piccola a occuparsi della pittura; si avvicina, giovanissima, alle teorie dell’avanguardia futurista e dei gruppi artistici piemontesi di indirizzo surrealista, sulla scia della divulgazione delle opere, in particolare, di Ernst e Dalì. Compagna di Prampolini, vivrà e conoscerà dal di dentro lo sviluppo del secondo futurismo degli anni Trenta, ma solo in parte l’aeropittura e il dinamismo boccioniano la influenzeranno. Infatti la Mennyey si interessa soprattutto al cubo-futurismo internazionale e in particolare allo sviluppo del postcubismo di Picasso che, fra l’altro, conosce a Parigi. Solo in un secondo momento nelle sue opere l’artista intensifica il senso metafisico della rappresentazione, in particolare nel periodo di soggiorno, con Giuseppe Capogrossi suo nuovo compagno e marito, presso Anticoli Corrado. Il paese, dove gli allievi e gli amici artisti di Felice Carena vivono e/o soggiornano fra gli anni Trenta e Quaranta, diventa un vero e proprio borgo artistico, dove si dipinge e discute della nuova arte nata dalle ceneri dell’avanguardia. Il segno espressionista e il tonalismo di marca romana influenzano anche la Mennyey, nonostante rimanga sempre profondamente legata alle proprie scelte pittoriche che sono per lo più affettive. In questo periodo ai ritratti inizia ad affiancare i paesaggi, dal tocco delicato e dal tono vivace, della campagna romana. Negli anni Cinquanta a Roma prende parte alle “lotte” artistiche fra figurazione e astrattismo, propendendo sempre più verso la prima seppur, in alcune composizioni-paesaggi della fine degli anni Cinquanta inizio Sessanta, torna forte la deformazione del colore di chiara marca espressionista. Molte sue opere sono presenti presso importanti collezioni pubbliche e private nazionali, fra le quali: Inail, Inps, Rai, Alitalia.