Il cardinale Antonio Barberini (1607-1671) nipote di Urbano VIII, commissionò questo ritratto a Carlo Maratti, divenuto dopo la morte di Andrea Sacchi il pittore prediletto del papato.
Antonio, creato cardinale a soli venti anni, manifestò la sua passione per l’arte e la cultura – condivisa con la famiglia e decisiva per gli sviluppi della vita artistica romana – nell’incessante attività come mecenate e promotore di importanti imprese pubbliche e private.
Il cardinale come lo descrive Bellori è raffigurato in piedi in abito con la cappa da cardinale e con l’ordine dello Spirito Santo al petto (titolo di cui era stato insignito da Luigi XIV durante l’esilio francese del 1645-1653), secondo una formula iconografica desunta dai ritratti di Richelieu e Mazzarino eseguiti da Philippe de Champagne.
Il ritratto, databile al 1670, mostra la straordinaria potenza raggiunta dal genere in questione nella seconda metà del Seicento e risulta sospeso tra una magniloquenza e una grandiosità d’impianto, propri della statuaria antica, e una convinta adesione ai modi della pittura scultorea ispirata al Bernini.
Difatti, da una parte è evidente quella peculiare attitudine “alla maniera statuina” di derivazione raffaellesca che accomunava le creazioni di Giovan Battista Gaulli (1639-1709) e dello stesso Maratta, in alternativa al pittoricismo di inizio secolo, e dall’altra sembra tradurre in pittura l’evidenza plastica e la vivacità istantanea dei ritratti del sommo scultore.
Il quadro restò nella collezione di famiglia fino alla divisione dei beni tra i Barberini e il ramo Colonna di Sciarra, alle cui raccolte pervenne all’inizio dell’Ottocento; a partire dal 1912 l’opera si trova in deposito presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini.