Carlo Maratta nasce nel 1625 in provincia di Ancona, ma già giovanissimo è nella bottega di Andrea Sacchi, a Roma, città in cui trascorrerà pressoché tutto il resto della sua vita. La formazione dell’artista avviene all’insegna dell’estetica classicista: oltre al repertorio antico, studia Raffaello, Guido Reni e i Carracci, ovvero i modelli indicati dalla dottrina del più illustre critico del tempo, Giovan Pietro Bellori. La sua carriera si consolida negli anni ‘60 e ’70 ed è presto riconosciuto tra i protagonisti della scena artistica romana. Nel 1664 diviene Principe dell’Accademia di San Luca, carica poi concessagli a vita, nel 1681 è nominato pittore di corte da Luigi XIV e nel 1704 è ordinato cavaliere di Cristo da Clemente XI. Conquista presto i favori del cardinale Alessandro Farnese, per il quale realizzò la Visitazione in Santa Maria della Pace e alcune tele per il Duomo e per Sant’Agostino a Siena. Nel 1670-76 eseguì il grande affresco con l’Allegoria della Clemenza e le Virtù teologali in Palazzo Altieri, ma è nelle più importanti chiese di Roma che convoglia la massima parte della sua attività artistica: la Vergine e i Santi Carlo e Ignazio nella Chiesa Nuova, la Madonna con Santi in Santa Maria sopra Minerva, la Morte di Francesco Saverio nella Chiesa del Gesù, l’Immacolata Concezione e Santi in Santa Maria del Popolo e la Gloria dei Santi Ambrogio e Carlo in San Carlo al Corso. Intensa è anche la produzione di opere da cavalletto, nella quale alterna a soggetti sacri e mitologici numerosi ritratti. Gli effigiati del Maratta sono soprattutto nobili, ambasciatori, membri della gerarchia ecclesiastica ed eruditi. Particolare menzione meritano i ritratto di Clemente IX, del cardinal Antonio Barberini e di Giovan Pietro Bellori, con il quale il pittore era legato da amicizia e stima: Bellori elogiava infatti le sue opere per grazia e purezza di composizione.
Negli ultimi trent’anni della sua attività, l’artista realizza i cartoni per le decorazioni musive di San Pietro e del Quirinale e intensifica la sua opera di restauratore, dedicandosi agli affreschi delle stanze Vaticane, della Farnesina e di Palazzo Farnese.
Lo stile del Maratta risponde ad un equilibrato classicismo accademico che associa ad una perfetta conduzione del disegno, delicati spunti della pittura barocca: nelle sue pale, in particolare, il raffaellismo dei bolognesi è avvicinato agli impianti retorici della tradizione barocca, semplificati attraverso l’accentuazione della plastica monumentalità delle forme e della chiarezza dell’ordine compositivo. Anche grazie ad una nutrita cerchia di allievi, tali istanze artistiche gli sopravvissero a lungo, costituendo una corrente di “compromesso” che avrà importanti sviluppi a cavallo dei due secoli.