Giunto in Italia dall’America alla fine del 1936, Scarpitta studia a Roma entrando in contatto con Cagli, Guttuso, Melli e Mafai. Segue le conferenze di Marinetti e conosce alcuni pittori futuristi come Prampolini, Tato e Monachesi.
Vicino agli artisti di Forma 1, l’artista non aderirà ad alcun gruppo, ma parteciperà con gli astrattisti alle mostre dell’Art Club, l’Associazione artistica internazionale indipendente fondata da Prampolini.
Negli anni Quaranta, Scarpitta dipinge una serie di interni in cui l’attrattiva post-cubista accelera per raggiungere l’astrazione; nella tela, un monumentale oggetto ne occupa quasi interamente la superficie. Congegno di una sottintesa storia misteriosa, il ferro da stiro – enucleato da una glossa di sintesi - staglia la sua forma nera sul fondo ossigenato da grigi e bianchi. Le campiture ricavate dalla geometrizzazione dei grigi e dei bianchi fanno largo alla fuoriuscita del rosso lavico che erutta i lapilli sul piano d’appoggio.