Il dipinto di proprietà dell’Inps è da ritenersi una delle numerose copie tratte dal Martirio di san Lorenzo del noto pittore spagnolo Jusepe de Ribera.
Le dimensioni dell’opera, l’impostazione compositiva che tende a un forte verticalismo, e l’adozione di un punto di vista ribassato inducono a credere che il Martirio di san Lorenzo fosse stato destinato all’altare di una chiesa romana, presumibilmente San Lorenzo in Lucina, chiarendo così la larga fortuna incontrata dal dipinto di Ribera, testimoniata dalle numerose repliche e copie realizzate a partire dalla seconda metà del Seicento del dipinto.
L’opera riassume stilisticamente i due momenti principali della formazione dell’artista, ovvero il crudo realismo di matrice caravaggesca e il naturalismo emiliano di Ludovico Carracci e Guido Reni.
Le due matrici culturali si rivelano da un lato nell’espressività affidata al volto e alla gestualità del martire, nell’indagine conoscitiva del dato naturale condotta mediante il disegno e nell’interesse a trasporre in pittura gli aspetti della realtà come per le vesti dei carnefici e il perizoma del santo; dall’altro lato è possibile cogliere l’influenza caravaggesca nell’atto di tortura del martire, teso a un crudo realismo, e nella definizione dei volumi attraverso fasci di luce fortemente direzionati.
La scena si svolge in uno spazio angusto, avvolto dall’oscurità; per questo alcuni particolari della composizione risultano pressoché illeggibili, come il riverbero dei carboni in prossimità del santo e i due personaggi in alto a sinistra che da lontano assistono all’imminente martirio.