Emma Buzzacchi, meglio nota come Mimì, non frequenta nessuna scuola d’arte. Oltre a prendere alcune lezioni di pittura dall’artista piemontese Edgardo Rossaro, si forma come autodidatta attraverso lo studio di Cézanne, De Pisis, Morandi e Semeghini, attraverso i quali giunge ad un proprio linguaggio figurativo. Durante la guerra si trasferisce con la famiglia a Ferrara, città in cui Carrà e De Chirico teorizzano la pittura metafisica (1917). Respirando un clima post metafisico sotto l’influenza di Valori Plastici e Novecento, l’artista entra a contatto con l’ambiente artistico locale composto da De Pisis, Boldini, Funi, Cattabriga, Virgili, Minerbi ed Nenci che diventerà uno dei più fedeli amici della pittrice. Nella stagione ferrarese, la pianura padana entra nella sua visione pittorica attraverso scarniti impianti tonali, colori tenui e priva di risalto prospettico. La pittura degli esordi compresa fra gli anni Venti e gli anni Quaranta sarà legata, infatti, alla rappresentazione del paesaggio.
Fin dai primi anni della sua carriera è presente nelle più importanti esposizioni d’arte collettive a Ferrara, Milano, Bologna, Firenze, Venezia, Roma (dal 1922 al 1932). Mimì rivela la sua abilità anche nella xilografia, tecnica in cui avrà un grade successo e con la quale realizza un interessante lavoro dedicato alla città estense: la raccolta dal titolo Dove si dice qualche cosa di Ferrara (1927). Viene inoltre pubblicata, in serie limitata, una raccolta di grandi xilografie denominata Italia antica e nuova, con la presentazione di Ugo Ojetti acquistata in seguito dal Gabinetto delle Stampe di Roma e da quelle di Firenze e Parigi.
A Ferrara sposa Nello Quilici, docente universitario, direttore del “Corriere Padano” e storico del Risorgimento: sono gli anni Trenta e Mimì si ritrova al centro della più viva cultura letteraria del tempo. Diviene la curatrice della “pagina dell’arte” del giornale, con interventi personali sull’arte astratta ed entra a contatto con i maggiori critici d’arte del tempo: Giuseppe Marchiori e Carlo Belli.
Invitata a sette edizioni della Biennale di Venezia, si presenta quasi sempre nella sezione dedicata alle incisioni. Partecipa alle Quadriennali romane dal 1931 al 1959, ottenendo una menzione d’onore alla VI edizione. Le sue esposizioni si terranno anche all’estero, comprese le città di Chicago e New York (nel 1948 e nel 1951).