Leonardi si forma all’Istituto d’arte di Perugia e, trasferitosi a Roma nel 1935, si perfeziona all’Accademia di Belle Arti. In questi anni frequenta il gruppo della Scuola Romana di via Cavour che influenzerà molto le sue prime opere. La serie di mostri mitologici come l’Arpia, la Sirena, l’Ermafrodito, sono affrontate con uno stile neobarocco ed espressionista, ispirate alle lezioni di Scipione (Gino Bonichi).
Riprende l’antica tecnica della ceramica smaltata e policroma, materia appartenente al genere delle arti minori e usata negli elementi decorativi, alla quale l’artista conferisce una nuova dignità, facendone un elemento chiave della sua arte in cui il rapporto fra materia e colore gioca un ruolo primario.
Intanto Leonardi s’impegna attivamente nella vita politica: prende parte all’organizzazione del Partito Comunista e partecipa alla Resistenza. Dopo la Liberazione, espone nel 1944 alla mostra L’arte contro la barbarie vincendo il primo premio con le due versioni della Madre romana uccisa dai fascisti.
Dopo aver firmato il Manifesto della Nuova Secessione Artistica Italiana, è presente nel 1947 alla mostra del Fronte Nuovo delle Arti, fase questa, segnata dal superamento del naturalismo giovanile e dall’adesione al post-cubismo unito a influenze picassiane.
Negli anni Cinquanta consolida la propria carriera con l’abbandono definitivo dell’arte figurativa e l’adesione all’astrattismo. Si richiama alle opere di Jean Fautrier, esposte a Roma nel 1958, individuando una “via italiana” dell’Informale, il nuovo linguaggio internazionale. La ceramica fatta colare nei colori primari come lava incandescente che “si raggruma e si rapprende” in “figurazioni”, viene colpita improvvisamente da tagli netti e da solchi che fanno emergere la sofferenza attraverso la violenza dell’atto creativo. Il tema principale è la natura nella sua espressione primordiale insieme all’uomo, che fa parte di essa, trasfigurato in corpi mutilati, dilaniati e crocifissi.
Nella grafica come nella scultura Leoncillo smembra le figure e si ricollega all’elemento naturale, rappresentando l’incontenibile sofferenza. Gli accesi cromatismi pur essendo secondari alla gestualità, danno un tono di vivacità, un segno di speranza in direzione salvifica.