Bartolomeo Pinelli, noto come “pittor de Trastevere” nasce a Roma nel 1781. Il padre, scalpellino, accortosi di una certa predisposizione del figlio per l’arte, lo iscrive probabilmente all’Accademia di San Luca, ma nel 1792, per via di un debito non reso, la famiglia è costretta a lasciare Roma alla volta di Bologna. Qui il giovane Pinelli prosegue la propria formazione con il pittore Frulli, associando a tale apprendistato lo studio dell’anatomia e del nudo. Nel 1796 l’artista fa ritorno a Roma e all’Accademia di San Luca, dove in breve è annoverato tra i migliori allievi. Il severo ambiente di studio, tuttavia, si addice poco al temperamento irruente dell’artista che, all’età di 18 anni, inebriato delle idee rivoluzionarie, prende parte al corpo di volontari della Legione Romana. Durante l’assedio di Civitavecchia decide però di disertare, rifugiandosi presso briganti e pecorai. Ha così inizio l’interesse di Pinelli per la campagna romana, di cui documenta dal vivo gli scenari e il genuino folklore popolare. Una volta rientrato a Roma, come ricorda Oreste Raggi nei Cenni intorno alla vita e alle opere principali di Bartolomeo Pinelli, pubblicati nel 1835, l’artista pratica diversi lavori, tra cui l’incisione all’acquaforte, arte che a detta del Raggi gli conferisce presto grande fama. L’autore fa innanzitutto riferimento alla Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi che, pubblicata nel 1809, costituisce la prima di una lunghissima serie di lavori. A questo punto della carriera del Pinelli ha infatti inizio un’attività artistica frenetica e imponente che associa a illustrazioni di Roma, le raffigurazione dei più importanti capolavori della letteratura. Tra questi: l’Eneide, l’Istoria generale dei popoli della Grecia, l’Istoria Romana, il Meo Patacca, la Divina Commedia, la Gerusalemme liberata, l’Asino d’oro, l’Orlando furioso, il Telemaco, il Don Chisciotte, i Promessi sposi e infine il Maggio Romanesco, opera avviata nel 1835 e rimasta incompiuta per la morte dell’artista, avvenuta nell’aprile dello stesso anno.
Sempre presente nelle opere citate, è l’autoritratto dell’artista. La maggior parte delle volte esso è inserito nel frontespizio, ma non mancano casi di più marcato narcisismo. Nelle tavole de La Divina Commedia, ad esempio, il pittor de Trastevere si pone tra i prodighi e nella barca del vecchio traghettatore del fiume Acheronte. I due poemi romaneschi, il Meo Patacca e il Maggio Romanesco, sono indicativi di quell’eroico popolare che caratterizza l’estetica del Pinelli: i protagonisti infatti, pur essendo personaggi letterari, trovano perfetto riscontro in quella realtà popolare che l’artista, armato del suo album da disegno scrutava tra i vicoli della città, a caccia di immagini, mestieri, personaggi, usi e costumi di una Roma popolaresca in via di trasformazione di cui lasciò il più straordinario e minuzioso monumento pittorico. Diversamente dal Piranesi, così proteso alla romanità in senso archeologico ed architettonico, Pinelli è interessato all’ideale romantico e all’esaltazione dei valori tradizionali. La sua romanità, pur nella proiezione del modello classico, è infatti tutta rivolta al presente ed i resti antichi fanno solo da sfondo al popolo contemporaneo, che è protagonista assoluto.