Roberto Longhi definisce la pittura giovanile del Francalancia contemplativa e, in alcuni casi, vicina al versante espressionista della Scuola Romana. Il suo nome era affiancato a quello di Trombadori e Donghi, per le comuni ricerche nel campo del “realismo magico”, che tuttavia l’artista abbandona a partire dal secondo dopoguerra.
Nella fase matura della sua attività pittorica, caratterizzata dal superamento dell’intellettuale distacco proprio delle opere giovanili, si inserisce Primavera di Veio, datato al 1954. Anche grazie all’abbandono del tono arcaico, la realtà appare ora più accessibile e contemporanea, seppur risulti in un certo modo scorporata, come evidente nella presente tela, che evoca, nell’umiltà delle strutture e nella semplicità del paesaggio, un desiderio di intimismo esistenziale. in cui la realtà presentata dall’artista è reale, contemporanea, non più distaccata dal presente, attraverso un certo intellettualismo proprio delle opere precedenti. La costruzione del paesaggio è di notevole semplicità: i larghi piani s’intersecano nel degradare delle colline, mentre la luce pacata invade la scena senza intagliare la forma, come nelle opere precedenti, ma disegnandola.
Pur rinnovato nel suo stile maturo, Francalancia non perde la grazia nel dipingere i temi a lui più cari: i paesaggi umbri e laziali, le nature morte e le vedute romane. In ogni dipinto riesce infatti a trasmettere quel senso di purezza che caratterizza la sua arte fin dagli esordi.