A partire dal Seicento si assiste a una progressiva fioritura di scene di piccolo formato che illustrano – secondo un gusto di ascendenza nordica – mestieri ed occupazioni popolari.
Un importante precedente iconografico di tali raffigurazioni va individuato ne Le arti di Bologna – serie di incisioni tratte da disegni di Annibale Carracci (1560-1609) e pubblicate postume a Roma nel 1646 - espressione del clima culturale contemporaneo che guardava con nuovo interesse al dato reale e sociale della vita quotidiana.
Interpreti tra i più significativi di questo nuovo genere pittorico furono il danese Eberhard Keilhau, meglio noto come Monsù Bernardo (1624-1687) e il marchigiano Antonio Amorosi (1660-1738), entrambi dediti alla rappresentazione delle classi umili, colte in occupazioni quotidiane. La diffusione di un genere pittorico dilettevole e bizzarro come quello dei “ritrattini carichi” (cui rimanda questa serie di Mestieri) ebbe un notevole impulso per l’interesse che tali opere suscitavano nell’animo di collezionisti e mercanti d’arte, attratti dalla leggerezza con cui si guardava al dato reale e ai fenomeni di costume della società contemporanea. Determinante, in tal senso, fu l’attività del pittore romano Pier Leone Ghezzi (1674-1755) noto come il “Cavaliere delle caricature”.
I personaggi sono colti in atteggiamenti che ne qualificano lo status sociale e caratterizzati da uno spirito satirico ed essenziale che li rende interpreti di una multiforme realtà a metà strada tra il comico e il grottesco.