L’episodio della battaglia di Ostia, tratto dal Liber pontificalis, importante fonte storica del primo Medioevo, fa parte di un più vasto programma iconografico teso all’esaltazione dei pontificati di Leone III (795-816) e Leone IV (847-855), non senza ovvi riferimenti al papa allora regnante Leone X.
Di fatti, la scelta di rappresentare proprio questo avvenimento nasceva dalla necessità di promuovere una crociata contro i turchi, vanamente caldeggiata dal pontefice regnante.
L’opera di proprietà dell’Inps, sostanzialmente fedele al prototipo originale realizzato da Raffaello, illustra la vicenda in maniera eloquente e drammatica: in primo piano si accalcano i prigionieri mussulmani catturati dalle truppe pontificie, mentre sulla sinistra è rappresentato papa Leone III, nelle sembianze del pontefice regnante Leone X, che con gli occhi al cielo rende grazie per l’intervento miracoloso. Sullo sfondo sono raffigurati gli esiti della battaglia risoltasi a favore della fede cristiana.
L’affresco originario, opera della scuola di Raffaello, fu realizzato su progetto del maestro urbinate per la Stanza dell’incendio di Borgo, uno degli ambienti dell’appartamento papale voluti da Giulio II (1503-1513) e portato a termine dal suo successore Leone X (1513-1521).
Anche se gran parte dell’esecuzione pittorica va ascritta al discepolo prediletto di Raffaello, Giulio Romano, la mano del maestro è stata individuata nei ritratti del pontefice e del suo seguito, tra cui figurano Giulio de’ Medici, futuro papa Clemente VII e il cardinale Bibbiena, entrambi grandi estimatori e mecenati del pittore.