Nato a Seano, nei pressi di Firenze, nel 1908, Quinto Martini, inizia da subito a cimentarsi nell’arte della pittura e della scultura come autodidatta. Nel 1926, presentatosi nella casa di Ardengo Soffici, a Poggio a Caiano, per avere un giudizio su alcuni lavori, l’artista riconosce in lui un giovane talento. Il fortunato incontro cambierà la vita di Martini e lo introdurrà alla conoscenza dell’arte contemporanea italiana ed europea. Nel 1927 Soffici lo presenta al pubblico nella prima mostra del “Selvaggio”, insieme alle opere di Maccari, Carrà, Rosai, Morandi. Subito dopo alcuni suoi disegni e incisioni vengono pubblicati sulla rivista del “Selvaggio”, entrando a tutti gli effetti nel cuore della vita culturale e artistica fiorentina.
A Torino, durante il servizio militare (1928-29), frequenta Felice Casorati, Cesare Pavese e il gruppo dei Sei Pittori. Nella stessa città Martini conosce anche Carlo Levi e stringe con lui un grande rapporto d’amicizia. Rientrato stabilmente a Firenze, aiuta Soffici nella realizzazione di alcuni affreschi e lavora dal ’33 al ’43 alla serie dei Mendicanti, tema sul quale ritorna anche negli anni successivi.
Intanto il suo interesse si rivolge alla scultura, guadagnando fin da subito il favore della critica. Debutta alla XIX Biennale di Venezia nel 1934 con Ragazza seanese in terracotta, sintesi della sua naturale predisposizione verso l’essenzialità delle forme e dei materiali. Nel 1935 Martini continua a partecipare alle più importanti manifestazioni artistiche italiane, in particolare a numerose edizioni della Quadriennale romana. Nello stesso tempo crea incisioni per la rivista fiorentina –diretta allora da Piero Bargellini- “Frontespizio”: qui vi erano radunati i più illustri letterati e artisti come Rosai, Viani, Morandi, Manzù.
Nel 1938 tiene a Firenze e a Roma le sue prime mostre personali dedicate alla scultura. Nel 1943, invece, espone al Lyceum di Firenze un’antologia dei dipinti dei mendicanti, la mostra viene fatta chiudere dopo alcuni giorni, perché considerata critica nei confronti del regime. E subito dopo, Martini insieme all’amico Carlo Levi, finisce nelle carceri fasciste. Una traccia di questi anni si trova nelle memorie autobiografiche I giorni sono lunghi, pubblicate nel 1956, con la presentazione di Levi. Terminata la guerra, Martini continua a riscuotere successo con la sua scultura e insieme ad un gruppo di artisti dà vita al gruppo Nuovo Umanesimo con manifesto programmatico, dichiarante l’opposizione ad ogni idea di arte astratta ed una mostra collettiva a Firenze.
Negli anni cinquanta partecipa inoltre a diverse mostre collettive di scultura e pubblica sul “Nuovo Corriere” di Firenze, scritti di critica d’arte e racconti. A questo punto del suo percorso artistico, sperimenta in una maniera personalissima, i linguaggi artistici del Novecento, compresi quelli cubisti e futuristi
Dopo aver insegnato al liceo artistico di Torino nel 1940, a Perugia e in una scuola d’arte di Bologna, la sua carriera di docente continua dal 1961 fino al 1977 presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove tiene la cattedra di scultura.
Nel corso degli anni Ottanta viene realizzato il Parco-Museo di Seano, un giardino pubblico arredato con 36 grandi sculture bronzee di Martini che rappresentano il percorso artistico dello scultore dal 1931 agli anni Ottanta.