Carlantonio Galliani, pittore e commerciante di quadri lo iniziò alla pittura e lo introdusse nel 1666 alla scuola del Maratta, seguendo una formazione accademica, di stampo classicista.
La prima opera documentata, una Venere e un Eremita, affrescati nel giardino dei Chigi alle Quattro Fontane (Roma) nel 1675, è andata perduta. Nel 1682, il Maratta lo raccomandava per il completamento della decorazione della cappella Marcaccioni in Santa Maria del Suffragio. Il Chiari dipinse per quella cappella, una Natività della Vergine e una Adorazione dei Magi (ritenuta dal Lanzi il suo capolavoro), dove l’influenza del maestro è dominante.
Fu così che si succedettero rapidamente diverse commissioni riguardanti sia pale e affreschi di soggetto religioso per chiese romane, sia tele con soggetti religiosi e storici per collezionisti privati. Le opere d’arte del Chiari, ben s’inserirono nella corrente dominante in quegli anni: il classicismo barocco, in cui erano stati recepiti anche elementi poussiniani. Ma il suo punto di riferimento principale restò sempre Maratta, il quale dalla sua parte, continuò a tenerlo sotto la sua protezione: sarà per suo tramite infatti, che Chiari entrerà a contatto con artisti come Rusconi e letterati come il Bellori. Il legame tra i due pittori finì per tradursi a volte, in collaborazione come per gli affreschi con Storie del Battista, dipinti nel 1687 nell’oratorio di Santa Maria in Cosmedin andati distrutti nel 1900. Raggiunta ormai una certa popolarità (dopo il 1690), l’artista ottenne alcune importanti commissioni dal marchese Torri e dalle famiglie degli Ottoboni e dei Patrizi, mentre per i Colonna affrescò alcuni ambienti del palazzo nobiliare. Anche il principe Barberini richiese al pittore alcuni affreschi dal soggetto mitologico -per i quali il Bellori concepì un’elaborata allegoria- per le sale della sua dimora romana. Ma il committente più importante fu per Chiari il papa Clemente XI, che nel 1708 gli commissionò 12 cartoni per la decorazione della cupola della Presentazione di San Pietro, con la Visione di San Giovanni, Chiari iniziò il lavoro nel palazzo del Quirinale, ricevendo continue visite dal papa. Per conto del papa inoltre, restaurò gli affreschi di Melozzo, rimossi dalla chiesa dei Santi Apostoli ed esegue l’affresco del profeta Abdia in San Giovanni in Laterano.
In queste opere mature il pittore adotta uno stile eclettico: classicheggiante ma composito.
Le opere degli ultimi anni, infatti, sono le più originali sia nell’ambito della grande decorazione barocca sia nella pittura da cavalletto. Le forme solide e monumentali (Maratta) si alleggeriscono, l’impaginazione è più ariosa, la pittura è resa più morbida dall’uso di colori pastello. Sembra che il Chiari abbia lavorato solo a Roma, ma come pittore di tele, la clientela era più estesa: lavorò per i Savoia, eseguì diversi quadri per le nobili famiglie inglesi, francesi e tesdesche.
Nel 1697 fu ammesso all’Accademia di San Luca, della quale fu poi tre volte principe, dal 1722 al 1725; fra i suoi allievi vi fu anche Sigismondo Rosa. Si sposò con una certa Lucrezia da cui ebbe otto figli. Morto a Roma nel 1727, venne sepolto nella chiesa di Santa Susanna.