Dopo aver portato avanti studi tecnici, si appassiona alla pittura e nel 1907 dalla Sicilia si trasferisce a Roma per iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Frequenta anche la Libera Scuola del Nudo, dove conosce Broglio, Oppo e Guidi con i quali stringerà una solida amicizia. Risale al 1911 la sua prima personale, tenuta presso il foyer del Teatro Massimo di Siracusa. Le opere qui esposte si caratterizzano per analogie con la tecnica dei divisionisti e per una narrazione simbolista: oggetti e paesaggi sono rappresentati con variazioni luminose, in sintonia con le ricerche del clima romano. Tecnica che continua a sviluppare anche successivamente grazie al contatto con il pittore divisionista Lionne (1913). Partecipa alla II Mostra della Secessione Romana del 1914 con Canzone Siciliana, firmata “Franz Trombadori da Ortigia”. Nel dopoguerra l’artista entra nella cerchia culturale della Terza Saletta del Caffè Aragno di via del Corso a Roma e dal 1920 avrà il suo studio a Villa Strohl-Fern. Avvicinatosi al gruppo di Valori Plastici fra il ’17 e il ’18, si specializza nelle nature morte, figure e paesaggi. Ma nella II Biennale romana del ’23 già la sua pittura si evolve in senso purista e classicista. L’anno seguente è presente alla Biennale di Venezia e alla Galleria Pesaro di Milano, nella mostra dei “ Venti artisti italiani” dove espone con opere che già sembrano rifarsi al Novecento di Sarfatti e al “realismo magico”. Sviluppata una certa vena critica, si dedica anche alla scrittura collaborando con scritti e recensioni in diverse riviste e quotidiani nazionali.
La conoscenza di De Chirico, Martini, Socrate e Francalancia arricchisce e segna il suo bagaglio culturale attraverso uno studio attento del passato che porta l’artista ad adottare un carattere pittorico marcatamente luminista. Intanto la sua attività espositiva si intensifica e prende parte anche a mostre internazionali (Mostra d’arte italiana a Baltimora, USA, 1931).
La seconda guerra mondiale e i problemi familiari segnano la pittura di Trombadori, che diventa sempre più intimista e rarefatta con rimandi tardo-metafisici e e neo-morandiani, come le vedute solitarie e anonime delle piazze di Roma.