Nella città natale, presso la bottega del padre Fernando Troso apprende l’arte della scultura in gesso e della cartapesta. All’età di diciassette anni si trasferisce a Roma e, trovato impiego come scalpellino, realizza nel 1928 il busto di Pio XI e la decorazione in stucco di villa Micozzi: già in queste due opere si avvertono i modi espressivi che adotterà nel futuro linguaggio pittorico.
I suoi primi dipinti (La raccolta delle ciliegie, Donna incinta, Tempesta) risalgono al 1930 e la sua prima personale viene organizzata a Roma nel 1934. E’ presente alla IV Quadriennale di Roma e alle successive edizioni del 1948 e 1952. Si afferma definitivamente nell’ambiente artistico romano con la personale tenuta alla Galleria di Roma nel 1946 dove presenta ben ottanta dipinti, nei quali, soprattutto per quanto riguarda i paesaggi, sono chiari i rimandi alla pittura italiana, in particolare a quella toscana di Fattori e di Soffici.
Nello stesso anno oltre a vincere il Premio Bellagio, tiene un’altra mostra alla Galleria Po dove fra gli altri lavori vengono esposti Ritratto di Lea, Trasteverina, Pastore nel Bosco. Negli anni Cinquanta continua l’attività espositiva con mostre personali. Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1956, espone le sue opere in contesti espositivi di secondo ordine.
Eletto dalla critica come uno dei maggiori “chiaristi” italiani, insieme a Lilioni e Spilimbergo, i temi ricorrenti nella sua pittura sono il mondo pastorale, le figure avvolte in atmosfere nebbiose, boschi e fiori leggermente avvizziti, un modo per esprimere la nostalgia del passato e il distacco della realtà a lui contemporanea. Le sue figure prive di retorica cercano solo il modo di evocare ricordi.