Wilhelm Friedrich Gmelin disegnatore, pittore, incisore nato a Badenweiler, alle pendici della Foresta Nera, si avvicina all’arte sotto la spinta del padre, Pastore del paese. Dopo aver lavorato come apprendista incisore nella Scuola d’Arte di Basilea, si trasferisce a Roma nel 1787. Tre anni dopo, viene chiamato dal pittore J. P. Hackert (1737- 1807) a Napoli, per tradurre in incisioni le sue vedute.
Ritorna in Germania solo negli anni della rivoluzione (1798-1800), iniziando una collaborazione con la Galleria di Dresda. Rientrato definitivamente in Italia, concentra la sua attività soprattutto nella traduzione in acqueforti e bulino delle vedute dei paesaggisti seicenteschi come Dughet, Poussin e Lorrain.
Oltre alla stampa di traduzione, l’artista intraprende una propria attività di disegnatore di vedute – la maggior parte di grandi dimensioni – traendo ispirazione dai luoghi della campagna romana e del Lazio e in particolare da Tivoli con le sue cascate. La sua attività rientra nell’ambito del vedutismo settecentesco in cui la pittura di paesaggio viene tradotta in un’interpretazione arcadica e pastorale, preannunciando una sensibilità già romantica nella resa degli elementi naturali.
Attraverso una grande padronanza del mezzo tecnico, e con il semplice uso del bianco e del nero (carta- inchiostro), Gmelin accentua l’aspetto drammatico, l’effetto spettacolare delle sue vedute, come ne Le cascate del Velino a Terni 1793.
I diversi viaggi per il territorio del Lazio, in cerca di paesaggi da ritrarre nelle sue vedute “d’après nature”, gli offrono la possibilità di perfezionare la sua arte. Protagonista principale della sua opera è dunque la natura nei suoi molteplici aspetti; per l’artista infatti, le rovine classiche sono solo un pretesto, uno dei tanti elementi del paesaggio. Il monumento perde in tale contesto la sua storicità e acquista così una dimensione pittoresca. La Grotta di Nettuno, la Caduta del Velino, la Piramide di Caio Cestio, la Fuga in Egitto, il Molino e il Tempio di Venere, sono disegni originali di Gmelin da cui ne trarrà le relative incisioni su rame.
Diventato membro dell’Accademia di San Luca nel 1814, dedicherà gli ultimi anni della sua vita ad un’intensa attività incisoria, lavorando tra l’altro, su commissione della duchessa di Devonshire ad una serie di vedute di paesi della costa laziale per un’edizione dell’Eneide del 1819-20 tradotta da Annibal Caro. Morto a Roma nel 1820 viene sepolto nella chiesa di San Lorenzo in Lucina.