Ferdinand Voet nasce nel 1639 ad Anversa, città dalla solida e lunga tradizione ritrattista. E’ infatti questo il genere in cui il giovane Voet si specializza, divenendo noto più tardi come Ferdinando de’ ritratti.
Scarse sono le testimonianze del periodo giovanile dell’artista. E’ a Roma comunque che consolida la propria carriera: giuntovi nel 1663 vi soggiorna per sedici anni, intessendo proficui rapporti con tutte le famiglie della nobiltà romana. Le commissioni dei Chigi, in particolare, si protraggono con notevole assiduità. Nel corso degli anni quasi ogni membro della casata ottiene il proprio ritratto, o più di uno, come nel caso del cardinal Flavio, che Voet ritrae una prima volta nel ’70 in posa aulica ed una seconda nel ‘79 in una foggia più intima che sembra volerne sottolineare l’interiore fragilità. Al pari dei Chigi, i Colonna entrano presto in contatto con l’artista: diversi, in particolare, sono i ritratti di Lorenzo Onofrio Colonna e delle sorelle Mancini. Da queste ultime è tratta inoltre l’ispirazione per le cosiddette Gallerie delle Belle, ritratti di affascinanti dame romane, celebrate spesso da Voet in atteggiamenti poco convenienti, tanto da meritare più tardi l’allontanamento dalla Roma rigorista di Innocenzo XI, lo stesso papa che l’artista aveva ritratto una prima volta in abiti cardinalizi ed una seconda, come il suo predecessore Clemente IX, sul soglio pontificio.
Ad una tale produzione di prestigio si associa quella dei cosiddetti ritratti-souvenir, nel cui campo l’artista ottiene presto una posizione di rilievo: i nobili europei in viaggio per l’Italia, venivano ritratti da Voet in veste da camera, differenziandosi così dalle più consuete pose in abito all’antica.
La produzione ritrattista del Voet, seppur così eterogenea e varia risponde ad alcune caratteristiche principali: forte è l’insistenza sulla qualità descrittiva e cromatica dell’immagine; i soggetti, ritratti sempre a mezzo busto, catturano interamente l’attenzione dello spettatore, emergendo da uno sfondo scuro o comunque neutrale; i volti, dalla piana espressività, sono resi sempre con estrema cura e levigatezza, gli occhi accattivanti, grandi ed evocativi.
La fama del pittore era certamente favorita dalle sue capacità diplomatiche. Nel 1669 Voet entra infatti nelle grazie di Cristina di Svezia ed anni dopo è convocato, a quanto attestano alcuni documenti, da Carlo II re di Spagna.
Dopo alcuni soggiorni in Lombardia, nel 1681 abbandona definitivamente Roma per stabilirsi prima in Piemonte, alle direttive dei Savoia, e quindi in Francia, dove, divenuto pittore di sua Maestà Cristianissima muore repentinamente nel 1689.
A un tale successo in vita, tuttavia, non corrisponde una particolare fortuna critica. La produzione di Voet viene infatti riscoperta dopo anni di oblio negli anni ’30 del ‘900 da Charles Sterling che ne sottolinea la particolare fusione di spirito francese e tecnica italiana, nonché la notevole fluidità di esecuzione.