Nato a Siena, trascorre l’infanzia e l’adolescenza nelle diverse città italiane, dove il padre è chiamato ad insegnare lettere. Compiuti gli studi liceali si iscrive a Giurisprudenza a Siena; chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale (1917), si laurea nel 1920 e collabora presso uno studio privato, ma insoddisfatto, abbandona da subito la carriera forense. Nel frattempo si appassiona invece alle arti grafiche, iniziando a lavorare e a incidere su legno. Esordisce in una mostra a Livorno nel 1922, dove espone con il Gruppo Labronico. Nello stesso anno partecipa alla Marcia su Roma. Su proposta dell’amico Angiolo Bencini, Maccari diventa nel 1924 redattore del settimanale “Il Selvaggio”, all’interno del quale pubblica le sue prime incisioni satiriche e caricaturali in linoleum, dando vita ad una pungente opposizione al regime fascista.
Aderiscono al settimanale vari artisti e letterati come Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Achille Lega, Leo Longanesi, Carlo Carrà, e Giorgio Morandi. Incoraggiato da Soffici apre nel 1927 a Firenze, in via San Zanobi, la Galleria La Stanza del Selvaggio. Inaugurata da Bottai vi espongono artisti simpatizzanti e affini allo spirito del “Selvaggio” .
Insieme al suo gruppo, partecipa alla II Esposizione Internazionale dell’Incisione Moderna e alla III Esposizione del Sindacato Toscano Arti del Disegno. Si presenta alla Biennale di Venezia per la prima volta nel 1928 e contemporaneamente pubblica per i tipi della Vallecchi “Il Trastullo di Strapaese”, illustrato con xilografie e l’ “Almanacco di Strapaese” per i tipi dell’Italiano. Nel 1929 la redazione della rivista viene spostata a Siena e con una serie di puntesecche partecipa alla II Mostra del Novecento Italiano a Milano. Dopo aver esposto alla Bibliotheque Nationale di Parigi, all’Exposition de la gravure et de la médaille italienne contemporaine (1930), sposta a Torino la redazione del “Selvaggio” dove diviene caporedattore della Stampa, su richiesta del direttore Curzio Malaparte. Dopo aver esposto alla I Quadriennale di Roma del 1931, alla fine dello stesso anno si dimette dalla redazione de “La Stampa” e trasferisce a Roma l’attività del “Selvaggio” al quale aderiscono poeti e artisti di ambito romano. Nel 1935 partecipa alla mostra parigina Arte italiana dell’800 e ‘900 e nel 1938 è invitato alla XXI Biennale di Venezia con una sala personale. Alla fine degli anni Trenta l’artista è impegnato come illustratore e come cronista in varie riviste, oltre ad un’intensa attività espositiva: dalla mostra di Berna alle esposizioni presso la galleria La Zecca di Torino, presentato da Italo Cremona, e presso la Galleria L’Arcobaleno, presentato da Roberto Longhi. Nel 1939 è docente di Incisione presso l’Accademia di Belle Arti prima di Napoli, poi di Roma. Chiusi i battenti della rivista “Selvaggio” nel 1943, continua invece la ricerca grafica di Maccari, che vede una continua produzione di litografie, linoleografie, incisioni per libri e riviste. Partecipa per la quarta volta, nel 1948, alla Biennale veneziana, con una sala personale di 68 opere presentate in catalogo da Roberto Longhi, e che gli fanno ottenere il Premio Internazionale dell’Incisione. Prosegue anche nel dopoguerra l’attività grafica di Maccari che gli porterà numerosissimi riconoscimenti. Nel 1962, l’artista accetta la carica di presidente all’Accademia di San Luca, e nello stesso anno gli viene assegnato per la pittura il Premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei. Nel ’63 tiene una personale a New York alla Gallery 63. Abbandonato l’insegnamento negli anni Settanta, alterna lunghi soggiorni a Roma a quelli nella sua casa in Versilia, dove continua a produrre xilografie e linoleografie a colori. Continuano invece le mostre personali e le esposizioni internazionali di grafica: Maccari continuerà infatti fino agli ultimi giorni della sua vita a creare le sue opere d’arte nella casa romana.