Figlio del celebre drammaturgo Luigi, Fausto Pirandello nasce a Roma nel 1899. Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, nel 1918 dà avvio alla sua formazione artistica presso lo scultore Sigismondo Lipinsky e la Scuola libera del nudo di Roma. I suoi primi lavori si ispirano al purismo classico di Felice Carena e al naturalismo impressionista di Armando Spadini. L’esordio pubblico avviene alla Biennale romana del 1925, a cui segue l’anno successivo la partecipazione alla Biennale di Venezia. Nel 1927 si trasferisce a Parigi dove entra in contatto con numerosi artisti, tra cui gli italiani Severini, De Chirico, Savinio e De Pisis, e approfondisce la lezione di Cezanne e dei cubisti, successivamente sviluppata in modo del tutto originale. Al 1929 si data la sua prima personale, presso la parigina Galerie Vildrac. Dopo una sosta a Vienna, dove allestisce una seconda personale alla Galleria Bakum, rientra a Roma nel 1931 e si avvicina alla Scuola Romana, sviluppando comunque formule del tutto personali nella direzione di un realismo espressionista, caratterizzato da una pittura corposa e opaca. Nello stesso 1931 tiene una personale alla Galleria di Roma, inaugurando un’intensa stagione espositiva, sia a livello nazionale che internazionale. Negli anni seguenti partecipa alle Sindacali romane alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Nel ’35 in particolare è presente a quest’ultima manifestazione con una personale di 17 opere.
Nella produzione degli anni Trenta e Quaranta le motivazioni psicologiche ed esistenziali, tese a captare il dramma della solitudine umana, si esprimono attraverso una forte componente materica, una originalissima impaginazione dei soggetti, sottoposti a deformazioni formali di gusto espressionistico, e sorde tonalità cromatiche, tendenti al monocromo. Nel 1938 nella Galleria della Cometa, a Roma, viene allestita una sua personale di disegni; nel 1942 espone di nuovo alla Galleria di Roma e presso la galleria di Ettore Gian Ferrari a Milano, avviando una collaborazione che durerà fino alla morte dell’artista.
Nella difficile fase di travaglio artistico del dopoguerra, in bilico tra Realismo e Neocubismo, l’artista accoglie le suggestioni dell’arte astratta mantenendo comunque molto forte il riferimento alla sintassi cubista, alla ricerca di un perfetto equilibrio tra figurazione ed astrazione. Nel tempo la sua arte si fa progressivamente più essenziale, abbandonando le tonalità cupe del passato a favore di cromie più delicate e raffinate. Tra le occasioni espositive del dopoguerra si ricordano la vasta antologica all’Ente Premi Roma nel 1951, la personale del 1955 alla Catherine Viviano Gallery di New York e la personale alla Nuova Pesa di Roma nel 1968.