Nato a Jesi nel 1910, Tamburi compie i suoi studi a Roma presso il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di via Ripetta. All’inizio degli anni ’30 espone alla III Sindacale Laziale, alla I Mostra Nazionale del Sindacato degli artisti e nel ’35 alla Quadriennale romana, manifestazione cui prenderà parte quasi ininterrottamente fino al 1972. L’anno successivo realizza per una delle sale del Palazzo dell’Anagrafe a Roma, Carnevale romano, un grande affresco murale, avvicinabile alla Scuola Romana e in particolare a certe scene popolari di Ziveri. Non mancano tuttavia echi delle esperienze avute a Parigi, dove, in visita nel ’35, aveva potuto ammirare molte opere di Corot e Cèzanne, artisti che influenzeranno la sua produzione in più di un’occasione. La città è in questo periodo un soggetto particolarmente amato dall’artista come è evidente nella serie degli Stradari.
Nel 1937 espone alla Biennale di Venezia, alla quale prenderà parte nel corso della sua carriera altre quattro volte (1940-1950-1952-1954). Si dedica quindi alla scenografia, preparando nel corso degli anni le scene per La Camera dei disegni, balletto ideato da Alfredo Casella, La rappresentazione di Abramo e Isacco di Feo Belcari, il film Il Cristo proibito di Curzio Malaparte e una scena dell’improvvisazione teatrale Sexophon. Negli anni ’40 inizia a collaborare con diversi teatri romani e il Teatro dell’Eur gli commissiona la decorazione dell’atrio con la Storia del Teatro dalle Origini al Melodramma, di cui vennero realizzati solo i 6 cartoni preparatori. Nel 1944 pubblica il volume di disegni Piccola Roma, accompagnati da una poesia di Ungaretti, e illustra le Passeggiate romane di Stendhal. Nello stesso periodo allestisce inoltre diverse personali: a Palermo presso la Galleria Mediterranea, a Roma alla Galleria Babuino e a Milano alla Galleria Barbaroux e all’ Annunciata. Espone inoltre nel ’41, alla Galleria di Roma, in una mostra significativa del nuovo clima pittorico realista e alla Gallerie Rive Gauche di Parigi, dove ritorna nel 1947. Qui stringe amicizia con importanti artisti e scrittori, quali Vlaminick, Vuillon e Braise Cendras, molti dei quali compaiono nella raccolta, edita a Verona nel ’68, dedicata ai ritratti del Tamburi: un genere quest’ultimo molto trattato dall’artista, soprattutto negli anni 40. E’ il paesaggio tuttavia il genere verso cui indirizza la sua produzione più matura: un paesaggismo di matrice tradizionale che privilegia in particolare le vedute di Roma e Parigi. Le opere si arricchiscono delle molteplici impressioni raccolte dall’artista nei suoi numerosi viaggi: Spagna, Inghilterra, Olanda, Grecia e Stati Uniti sono i paesi che più colpiscono la sua fantasia. Celebri in particolare sono le dieci vedute di città americane, realizzate su commissione della rivista Fortune nel 1957, lo stesso anno in cui Tamburi espone alla Sagittarius Gallery di New York.
All’attività propriamente artistica associa quella editoriale, in qualità di traduttore e scrittore: pubblica in particolare alcuni libri di ricordi e di note sull’arte e sugli artisti, tra cui Incontri (1965), Calepini (1968), Itinerari (1970), Quaderno del Pittore (1974), Malaparte à contre-jour (1979), Ciel de Rome (1979), Malaparte come me (1980), Pagine di viaggio (1980). Svolge inoltre un’importante attività di disegnatore illustrando con acqueforti, litografie e disegni, opere di poeti e scrittori, antichi e moderni.
Nel 1971 riceve dal Presidente della Repubblica la Medaglia d’Oro di Prima Classe al Merito alla Cultura e nel 1975 il Premio Internazionale Città Eterna a Roma.
Opere del Tamburi, morto a Parigi nel 1994, sono presenti in molte gallerie pubbliche e private sia in Italia che all’estero.