Barrera nasce a Roma nel 1889. Il padre, arricchitosi commerciando legname con la penisola iberica, sua terra d’origine, lo avvia agli studi di ragioneria ma Antonio devia presto il suo interesse verso la pittura. Ad incoraggiarlo è soprattutto Enrique Serra, un pittore amico di famiglia, che riconosce nel giovane un certo talento e lo segue nei primi anni di formazione. Durante il servizio militare Barrera frequenta l’atelier romano di Pietro Gaudenzi, il cui stile influenza particolarmente la sua produzione giovanile, caratterizzata dall’adesione alla tematica sentimentale-verista e dalla concentrazione su immagini di vita quotidiana. Significativo è inoltre l’ascendente esercitato su Barrera da Armando Spadini. Sue ispirazioni e simili soluzioni compositive sono infatti rintracciabili nei primi lavori dell’artista e soprattutto nei paesaggi degli anni ’30. Non manca poi un certo interesse verso Corot e gli impressionisti, studiati durante il suo primo viaggio a Parigi negli anni ’20 e verso lo stile di Felice Casorati, evidente in alcune opere della fine degli anni ’20, caratterizzate da una estrema semplicità ed un netto rigore formale. Negli anni ’30 Barrera si dedica con passione al genere del ritratto. Celebri sono i distrutti Ritratti dei Sovrani d’Italia, già nella sala della Presidenza del Senato, il Ritratto di Vera Shereshemskij-Resegner, contessa di origine russa, famosa per il suo salotto alla moda e quello della figlia Paola che, databile ai primi anni ’40, rimanda ad una tradizione figurativa ottocentesca, arricchita da riflessioni sul gruppo del Novecento. Sempre nel corso degli anni ’30 Barrera dà inizio alla serie di vedute urbane dedicate alla cosiddetta Roma minore, lasciando una rilevante e romantica testimonianza di quella Roma medioevale trasformata dalle imponenti costruzioni fasciste.
Raggiunta una certa notorietà durante il Ventennio, grazie al grande affresco del Salone d’Onore del Museo delle Tradizioni Popolari all’Eur e alla sua fama di ritrattista della Roma bene, è totalmente ignorato nell’immediato dopoguerra per via del suo passato di artista vicino al regime. Per questo motivo ma anche per ragioni economiche e familiari, nel 1951 emigra in Argentina, dove si trattiene per sette anni, alternando all’attività pittorica quella di commediografo ed improntando significative variazioni al proprio linguaggio artistico: nelle opere argentine prevalgono infatti una tecnica a pennellate fluide e un cromatismo vivace, arbitrario e a volte antinaturalistico, suscitato direttamente dall’emozione. Una volta tornato in Italia, nel 1958, la consistenza delle forme si accentua, il tocco si fa più pesante e i dipinti di Barrera tendono a riempirsi di figure.
Nel 1964 Barrera lascia Roma per stabilirsi in Romagna, dove muore il 22 dicembre del 1970. Alcune delle sue ultime opere, specie i ritratti, sembrano rinnegare le ricerche degli anni argentini dimostrando un ritorno a modelli precedenti e ad un utilizzo più accentuato della pittura en plein air.