Giulio Romano, come suggerisce lo stesso appellativo, nasce a Roma intorno al 1499. Allievo di Raffaello, lavora con il maestro in molti dipinti ed imprese romane, fino alla morte di quest’ultimo nel 1520. Tale collaborazione è ricordata in particolare in La sacra famiglia con Francesco I,dipinto destinato all’imperatore francese e oggi conservato al Louvre, ma soprattutto nelle grandi commissioni papali, quali la decorazione delle stanze di Giulio II e delle Logge Vaticane. Giulio è chiamato a lavorare alle Stanze a partire dal 1515, ovvero in occasione dell’avvio della decorazione della Stanza dell’Incendio di Borgo. Alla morte prematura del maestro sarà lui a portare avanti il cantiere dell’ultima stanza, La sala di Costantino, affrescando gli episodi della Visione di Costantino e della Battaglia di Ponte Milvio. Tra le altre opere di questo periodo si ricordano la Sacra Famiglia, pala d’altare della chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma, e la grande Lapidazione di santo Stefano nella chiesa del santo a Genova. Già in queste opere si delinea chiaramente la personalità dell’artista, il quale assorbe, non solo la lezione del suo maestro diretto e del repertorio classico, ma anche quella di Michelangelo e Sebastiano del Piombo, con uno stile che segna il superamento delle misurate forme rinascimentali.
Grazie alla mediazione di Baldassarre Castiglione, nel 1524 Giulio lascia Roma, invitato a Mantova da Federico II Gonzaga. La sua partenza avviene qualche anno prima del disastroso sacco, evento che porterà molti altri artisti a lasciare la città eterna. E’ quindi con Giulio che si assiste alla prima diffusione nelle corti italiane ed estere della grande Maniera romana.
L’artista trascorrerà tutto il resto della sua vita a Mantova, presso la corte di Federico II, dal quale riceverà la nomina di Prefetto generale delle fabbriche dei Gonzaga e Sovrintendente alle strade e agli edifici della città. I suoi interventi mantovani, ricordati con particolare ammirazione dal Vasari, influenzeranno in maniera significativa la cultura dell’Italia settentrionale.
Tra i suoi capolavori è l’ideazione e la decorazione di Palazzo Tè, villino destinato agli svaghi di Federico II e oggi importante spazio espositivo. Giulio lavora al Palazzo tra il 1526 e il 1529 realizzando, tra le altre, la celebre decorazione rappresentante La caduta dei giganti, allegoricamente riferita alla caduta dei nemici di Carlo V. In tali opere ogni senso della misura è eluso in una prospettiva scorciata al massimo, in una esuberanza ed una fantasia che colpiscono e avvolgono lo spettatore, in uno spazio senza più certezze: è iniziata la stagione del Manierismo.