Durante più di un secolo di attività, l’INPS ha rivolto una cospicua parte delle proprie risorse all’edificazione, acquisizione e restauro di edifici. Mentre nei primi anni del Novecento la principale tendenza dell’Istituto era di acquisire palazzi storici e collocarvi i propri uffici, alla fine degli anni Venti ha inizio una massiccia politica di edilizia moderna, esteticamente impegnata, cui si associano numerose commissioni di opere d’arte decorativa, integrate all’architettura degli immobili. Tali progetti, affidati spesso ad architetti insigni, hanno in molti casi caratterizzato profondamente il tessuto urbanistico di diverse città italiane.
La prima commissione significativa in senso artistico è senza dubbio la costruzione da parte di Marcello Piacentini del nuovo palazzo della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali in piazza Missori a Milano (1928-1931). Il palazzo costituisce la prima opera milanese dell’architetto che di lì a poco sarebbe divenuto figura emblematica dell’architettura fascista in Italia. L’ispirazione neorinascimentale di Piacentini e dei romani si contrapponeva alle nuove leve razionaliste e all’ispirazione neoclassica dell’ambiente milanese, determinato da Muzio e dai suoi seguaci. Probabilmente per questo motivo, Piacentini adatta il suo stile all’ambiente circostante, secondo un carattere di mediazione e diplomazia culturale che in seguito accrescerà la sua fama a livello nazionale. Ciò appare evidente nella struttura nitida, austera, scandita dalle alte e pure colonne ioniche, così come nei materiali levigati della facciata: tutti elementi adattabili al gusto milanese. A tale accortezza risponde anche la scelta della decorazione scultorea esterna: le sculture del portale e gli angeli sono infatti affidate ad Antonio Maraini, scultore toscano ma di area sarfattiana, preferito da Piacentini all’amico e frequente collaboratore romano Alfredo Biagini. L’architetto tuttavia non rinuncia totalmente al suo personale linguaggio, accennando, nelle ali laterali, all’idea berniniana di Montecitorio e inserendo finestre ad arco perfettamente in linea con il suo tipico lessico monumentale.
Lo stile romano e quello milanese convivono anche all’interno dell’edificio: la decorazione sontuosa degli ambienti di rappresentanza è affidata al raffinato mobiliere e designer milanese Mario Quarti mentre numerose opere pittoriche, prime fra tutte le quattro lunette di Cipriano Efisio Oppo, determinano una scelta più decisamente romana, in cui l’eclettismo colto di quest’ultimo si accorda ai toni di quel “realismo magico” che dominava l’ambiente artistico della capitale.
Pochi anni dopo l’edificazione della sede milanese di piazza Missori, a Roma si inaugurava, grazie alla gestione dell’Inps, un’altra grande impresa edilizia: la costruzione di piazza Augusto Imperatore e degli edifici circostanti. Il piano vincitore del concorso, firmato da Vittorio Ballio Morpurgo, diradava il tessuto sei-settecentesco intorno al monumento per isolarlo e renderlo maggiormente visibile. L’architettura monumentalista di gusto europeo e di flessione decisamente piacentiniana, non riesce però a comporre uno spazio autonomo e organico, né armonico col tessuto edilizio e monumentale circostante.
Tra gli altri artisti che lavorano al complesso, Ferruccio Ferrazzi realizza il gigantesco e straordinario mosaico La nascita di Roma, raffigurante, in 70 metri quadrati, una monumentale e onirica allegoria del Tevere, mentre Biagini, scultore prediletto dall’architetto romano per il suo gusto robustamente classicista, levigato, e modernizzato da flessioni nitidamente déco, realizza per l’occasione, e quindi in accordo con la monumentalità dell’impegno e il carattere aulico della collocazione, un gruppo di sculture di eco neoclassicheggiante. Esse si diffondono come un fregio astratto sul balcone dell’edificio gettante sul lato della piazza opposto al Tevere, nonché sui tre portoni prospicienti via del Corso. Insieme di notevole valore appare anche il complesso di pitture murali realizzate da Giulio Rosso nell’atrio di via del Corso e in quello prospiciente via Ripetta, nonchè le pitture di Barrera, con suggestive vedute immaginarie delle fasi storiche del Mausoleo d’Augusto, e di Rizzo, raffiguranti astratte composizioni di atleti.
Parallelamente al grande complesso di piazza Augusto Imperatore, si innaugura per l’Inps un nuovo impegno monumentale, legato alla costruzione dell’Eur: nuovo quartiere romano destinato all’Esposizione Universale del 1942. A fronte dell’immenso sforzo economico, infatti, il piano generale, redatto da Marcello Piacentini, si giovava dell’aiuto di enti che, dopo l’utilizzo degli edifici per l’esposizione, avrebbero avuto la definitiva proprietà e disponibilità degli stessi palazzi. E’ questo il caso del grande edificio a esedra posto sulla destra della piazza di accesso all’E42. Il progetto del palazzo in questione, così come di quello sulla sinistra, di proprietà dell’Ina, fu assegnato fra il 1938 e il 1939 al milanese Giovanni Muzio, assieme ai romani Paniconi e Pediconi. Tuttavia i due palazzi, dai fronti perfettamente simmetrici, furono terminati solo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Le due imponenti esedre colonnate costituivano il primo scenario d’ingresso al nuovo quartiere, che si poneva come la testa di ponte della nuova espansione della città verso il mare. Su ciascuna delle quattro testate erano previsti dei bassorilievi, che, per quanto riguarda il palazzo dell’Inps, vennero inizialmente affidati a Oddo Aliventi e Marino Marini, successivamente sostituito per rinuncia, da Giuseppe Mazzullo. I primi bozzetti contrastavano però tra loro come concezione generale, e dunque intervenne Oppo, commissario artistico dell’E42, dando istruzioni per uniformare il linguaggio dei singoli pezzi e decidendo di invertire i bassorilievi di Aliventi e di Mirko Basaldella. I temi dei rispettivi bassorilievi, tutti allusivi all’espansione marina dell’antica Roma, rappresentavano Le repubbliche marinare (Mirko Basaldella) e Roma contro Cartagine (Giuseppe Mazzullo); quelli del palazzo dell’Ina, La conquista dei mari (Aliventi) e L’Impero Fascista (Ruggeri). Lo schema compositivo comune ai bassorilievi è quello di una figura allegorica centrale circondata da altre secondarie; tuttavia la personalità degli artisti si distingue nettamente.
Gli edifici che l’ente andava costruendo si arricchirono con il tempo di alcune opere monumentali ed inamovibili di straordinaria qualità. Tra queste l’insieme di sculture di Leoncillo Leonardi, conservate a Ferrara, Massa Carrara e Bologna, una delle raccolte più significative della sua produzione, che può a buon diritto considerarsi tra le vette dell’informale internazionale Notevoli sono inoltre i lavori di Carla Accardi ed in particolare il vasto pannello a fondo rosso su cui si profonde come una scrittura primitiva la sua tipica foresta di segni astratti. Non meno significativi sono i lavori di alcuni tra i più celebri ceramisti e scultori dello scorso secolo, come Carlo Zauli, Salvatore Meli e Nedda Guidi. Tra i nomi degli artisti ingaggiati dall’Inps in questa florida fase edilizia compaiono inoltre quelli di Enzo Assenza, Angelo Biancini, Francesco Coccia, le cui sculture decorano la sede fiorentina, e Luigi Montanarini che realizzò la notevole fontana in mosaico per il palazzo dell’Eur.